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La forza dei gesti e la vicinanza agli ultimi, la Chiesa ricorda Francesco


Dalla CEI alla Comece, dal Policlinico Gemelli al Bambino Gesù, le testimonianze di istituzioni, movimenti e organizzazioni religiose in seguito alla morte del Papa raccontano un pontificato vissuto “fino alla fine”, guidato dall’attenzione alla povertà, alla pace e all’amore per il Creato. Senza dimenticare il coraggio dell’evangelizzazione e l’impegno instancabile per il dialogo tra le religioni

Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano

Un mare di gratitudine avvolge la memoria di un pontificato che ha camminato verso le “periferie esistenziali”, leggero e deciso lungo i sentieri tracciati da Francesco d’Assisi: la povertà accolta come sorella, la pace invocata come respiro del mondo, il Creato custodito come un giardino sacro. Senza dimenticare il “silenzio” dei gesti “nei paradossi” del mondo, “l’autorità morale” dei bambini sofferenti, la mano tesa ai poveri, il cuore aperto al dialogo tra fedi. Così si levano le prime testimonianze della Chiesa in Italia nel giorno in cui Papa Francesco è tornato alla Casa del Padre, alle 7:35 del 21 aprile.

Ci ha aiutato ad andare nelle “periferie esistenziali”

“È un momento doloroso e di grande sofferenza per tutta la Chiesa. Affidiamo all’abbraccio del Signore il nostro amato Papa Francesco, nella certezza, come lui stesso ci ha insegnato, che ‘tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre'”. Così il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in un comunicato pubblicato sul sito della CEI. “Ora e’ tempo di silenzio e di preghiera – ha aggiunto l’arcivescovo in un secondo messaggio – e ringraziamo Dio per il dono di Papa Francesco per il suo servizio instancabile in questi anni e per la sua testimonianza, fino all’ultimo, di fede e speranza. Con i suoi gesti e la sua parola ci ha aiutato a camminare, ad uscire, ad andare nelle periferie, anche esistenziali, ad incontrare tutte le persone ricordando che siamo Fratelli Tutti. Il mondo piange, ora è tempo di silenzio e di preghiera, di ringraziamento per il suo servizio, per quell’immagine che ci accompagnera’ nel piangere di gioia per la Resurrezione e poi nel suo darsi fino alla fine”. A farli eco, monsignor Mariano Crociata, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (COMECE), che ai media vaticani ha definito “straordinaria” l’opera di “rinnovamento” della Chiesa e di “annuncio” evangelico portata avanti da Francesco. Un’opera di “dialogo con tutti”, ha aggiunto Crociata, “di promozione, di ricerca della pace”.

Ascolta la testimonianza di monsignor Crociata

Gratitudine per il suo messaggio di speranza

E’ un messaggio di “profonda riconoscenza e immensa gratitudine” quello della “famiglia” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Policlinico A. Gemelli che ha voluto ricordare l’incontro dello scorso 16 aprile, in cui Francesco aveva voluto salutare il personale medico che lo aveva assistito per 38 giorni. “L’umana tristezza di questo momento – si legge in un comunicato – rende ancora più luminoso l’esempio di Francesco, il Papa venuto «quasi dalla fine del mondo» a rinfrancare la Chiesa e a donare speranza al mondo intero. “Papa Francesco ha voluto essere sino alla fine con il suo popolo. Questo è un segno di grande amore, di sapersi donare all’altro, a ognuno con un gesto speciale. Ne è una chiara manifestazione anche la sua ultima lettera enciclica Dilexit nos, “Ci ha amati”, dedicata al Sacro Cuore.  Non possiamo non ricordare che la nostra stessa Università è intitolata al Sacro Cuore”.

Dono d’amore

Gratitudine “al Signore”, per il dono di un pastore “che ha portato il Vangelo fino agli ambiti più lontani della Chiesa, donandosi per manifestare a tutti, la vicinanza e l’amore di Dio, specialmente ai più poveri e abbandonati nel corpo e nello spirito”, è stata invece espressa dai responsabili del Cammino Neocatecumenale, che aggiunge come rimarrà intatta la testimonianza, da parte di Francesco, di “donazione totale per testimoniare l’amore di Dio per ogni creatura”.  Pastore “vicino e amorevole”

Un “dono d’amore”: così Margaret Karram, teologa palestinese e presidente del Movimento dei Focolari, ha definito l’intero pontificato di Francesco. “Un pastore vicino e amorevole”. Il Papa ha costantemente esortato i membri del movimento a una testimonianza viva, coraggiosa, fedele fino all’osso. Karram ha raccontato anche la gratitudine personale per la sua attenzione alla Terra Santa e per averla chiamata a partecipare al Sinodo sulla sinodalità. 

Ascolta la testimonianza di Margaret Karram

“Tristezza” e “cordoglio”, ma anche “fiducia”

È un “grazie” che sa di commozione, quello pronunciato dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino: un grazie, raccolto dai media vaticani, per un Papa che si è consumato fino all’ultima luce, “fino alla fine”. Indimenticabile, racconta, la benedizione impartita nel giorno di Pasqua, al mondo intero. “Seduto nella sua carrozzina, con la voce flebile ma con l’anima ardente, ha voluto dire alla Chiesa, al mondo, all’umanità: ‘Vi accompagno, vi benedico e continuerò a farlo’. E lo farà, ne siamo certi, anche dal cielo”. Accanto alla “tristezza” e al “cordoglio”, vibra tuttavia la “fiducia”: Lo Spirito Santo continuerà a soffiare, indicando il cammino, illuminando chi dovrà ascoltarlo per riconoscere il volto del Papa “che Lui desidera”.

Ascolta la testimonianza del cardinale Lojudice

Francesco, un nome che fu messaggio e programma

Fra Massimo Fusarelli, ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, ricorda lo stupore e la freschezza racchiusi nella scelta di quel nome — Francesco — che fu subito messaggio e programma. Un nome che parlava di “povertà”, di “pace”, di amore per la terra. Tre stelle luminose che hanno guidato l’intero cammino del Papa, insieme a un Vangelo vissuto “sine glossa”, “senza commenti”, come voleva il Santo di Assisi. “Papa Francesco ha saputo toccare il cuore del Vangelo con la sua sensibilità ignaziana”, dice Fusarelli, mettendo in luce le radici francescane di un pontificato che ha camminato con l’essenzialità dei piccoli. Dalla Laudato si’ alla Fratelli tutti, passando per la Evangelii gaudium, è tutto un invito a “uscire”, ad annunciare, ad abbracciare. E poi i gesti — “che hanno parlato spesso nel silenzio dei paradossi”— come quelli rivolti ai malati — “spesso sfigurati dalla loro infermità — ai migranti — nei viaggi a Lampedusa e a Lesbo — agli ultimi. Un linguaggio “immediato, concreto, spesso colloquiale”. Una spiritualità vissuta nell’incontro, dove ogni volto diventa Vangelo.

Ascolta la testimonianza di fra Fusarelli

“Non dimentichiamoci dei poveri”

Nel cuore del pontificato, la predilezione per gli ultimi, sottolineata da don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana. “Non dimentichiamoci dei poveri” — un monito che si è fatto eco permanente, richiamo profetico per costruire “comunità” aperte, accoglienti, capaci di parole di pace e gesti di giustizia. Un cammino condiviso verso una “nuova umanità”, fondata sulla fraternità: unica via per la pace, unico abbraccio possibile per includere tutti.

Ascolta la testimonianza di don Pagniello

Un “tunnel” di dialogo e amicizia

E quando si parla di unico abbraccio, non si può non virare sull’enfasi posta da Francesco nei confronti del dialogo interreligioso. Una vicinanza, quella del Papa alle altre confessioni religiose, testimoniata dal cordoglio espresso dalla comunità musulmana al vescovo di Istanbul, monsignor Massimiliano Palinuro, che è stato anche raggiunto dal segretario particolare del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. “Ora è il momento di raccogliere l’eredità del Papa e di custodirla”, ha detto Palinuro ai media vaticani. Sul tema del dialogo interreligioso si è espresso anche padre Sebastiano D’Ambra fondatore del movimento islamo-cristiano Silsilah. A lui, attualmente nelle Fillippine, il compito di ricordare il Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, firmato ad Abu Dhabi nel 2019 con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib. Un testo che ha aperto ponti, curato ferite, fatto sbocciare “tunnel” di amicizia come quello visitato dal Papa a Jakarta, in Indonesia, nel corso del Viaggio Apostolico del settembre 2024, che collega la moschea alla cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione. Un simbolo potente di ciò che Papa Francesco ha costruito: legami, non muri. Eredità viva di un pastore che ha scelto la strada, la compagnia, l’ascolto. Fino alla fine.

Ascolta la testimonianza di padre D’Ambra



Dal sito Vatican News

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