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La disfunzionalità della famiglia alla base della violenza sull,e donne: l’analisi della psicanalista Beatrice Balsamo

di Beatrice Balsamo

A fronte dei tanti femminicidi che molti spiegano con il Patriarcato, penso, che si dovrebbe riflettere anche su un motivo più strutturale che riguarda la società attuale e tutti noi.Consideriamo due aspetti: Il primo riguarda l’indebolimento dell’Ordine simbolico (chiamato pure Ordine del Padre o Legge simbolica) che favorisce il pensiero, la parola, il desiderio, l’ideale, il valore del limite, delle regole, della responsabilità, ma è anche “vaporizzata” l’azione reale dei padri (sono assenti, pari ai figli, deboli). La funzione dell’Ordine del Padre, infatti è quella di salvaguardare, rispetto alla omogeneità simmetrica e narcisistica, un luogo asimmetrico, Terzo, eccentrico (che ci oltrepassa e a cui siamo tutti assoggettati), capace di introdurre una Legge, un limite, una linea di confine necessaria a introdurre la dimensione del simbolico, del “non-tutto”, aprendo così al desiderio (che nasce dalla mancanza. “Mi manchi!” dice l’amato all’amata). Questa funzione Terza (che è una funzione interna, ma anche esterna, sociale, collegata alla lealtà, onorabilità della parola data, alla giustizia, alla Cultura, al cives), che è una funzione orientativa, limitativa e Ideale, è sempre più smarrita per l’affermarsi della figura del godimento, dell’illimite. Oggi è venuto sempre più a mancare il “Telos edipico”, come itinerario di svezzamento dall’infantilismo, come uscita dal regno delle madri, perdita della dipendenza e onnipotenza infantili, per aprire la vita psichica verso il non «a portata di mano», di bocca. Si è indebolita sempre più la funzione paterna, è venuta meno la «cesura» al desiderio infantile per la madre, per cui «tutti esistono per soddisfare i nostri bisogni».


preda delle dipendenze


 Questa assenza di cesura, porta a relazioni di aggrappo o predatorie. Via via la «mancanza» è stata ridotta a vuoto esistenziale da riempire, attraverso relazioni confusive o con partner inumani e unilaterali, (cibo, video-dipendenze, shopping compulsivo, ma soprattutto con l’immagine narcisistica di sé stessi) tendendo a rifiutare l’Altro soggetto o semplificarlo a oggetto utilizzabile. La «mancanza» costitutiva del soggetto (noi non siamo il tutto, né tutti, siamo particolari) si «trasfigura» in un’avidità di consumo, essendo prodotta dalla continua offerta di oggetti di soddisfazione- godimento. Non è più l’Ideale che aggrega i legami sociali, né l’interdizione all’eccesso di godimento, ma la convulsione del soggetto che domanda oggetti in grado di sanare la sua mancanza, salvo verificare che l’astuzia del mercato consiste proprio nell’introdurre oggetti che non soddisfano la domanda, ma hanno il potere di alimentarla compulsivamente. Lo psicoanalista J. Lacan aveva individuato, già nel 1971 (Il Seminario. Libro XVIII) questa spinta al sempre più di soddisfazione, per ottenere «sempre di più », secondo l’imperativo «Godi, Soddisfati!» Ma l’imperativo «Godi» fa ostacolo a «Odi» (ascolta). Il godimento è una spinta unilaterale: difatto,quando l’oggetto viene consumato, viene annullato. Il godimento, non è relazionale, ma unilaterale, come il pulsivo, l’impulsivo. La latitanza della Legge simbolica, della funzione del Terzo riguarda anche la madre: ricordiamo i due tipi di madre:

la madre coccodrillo

  

La madre cannibale, la “madre coccodrillo”, (J. Lacan-Seminario XVII), è la madre che punta a reinglobare, divorare il proprio figlio, a goderne perché ha abdicato rispetto al suo essere una donna (che desidera e sa amare l’amato), è una madre “tutta madre“(Cosa materna), quindi non svezzata dal proprio figlio (è il padre che svolgendo la funzione di asticella, impedisce alle fauci  materne di chiudersi, e di riassimilare il figlio, impedendone la separazione, la soggettivazione) e  la madre del “segno del dono d’amore”, non solo la madre delle cure (che dà cibo, protezione ecc..), ma anche quella della premura, della sollecitudine, della voce, dell’amore. L’esperienza della maternità, infatti, implica sia una disponibilità al “dono d’amore” e ciò̀ vuol dire “lasciare andare il proprio figlio”, promuovere lo svezzamento, sia un “tenerlo dentro di sé ”(possessività) , quindi un rischio di una impossibilità a separarsi, a consentire lo svezzamento e la soggettivazione incarnata. Ciò che rende possibile la crescita evolutiva del bambino è la funzione paterna che sottrae il bambino al desiderio incorporante dell’Altro materno. “Senza un certo grado di insoddisfazione (frustrazione), nessun bambino riuscirebbe a crescere mentalmente e sviluppare la funzione creativa. La scansione presenza-assenza della madre, anche attraverso la funzione Terza del padre, ha una sua incidenza nello sviluppo del bambino, deve essere tale da permettere al bambino di avere una madre presente, ma nello stesso tempo capace di somministrare le proprie assenze (c’è il marito, i figli, altro) e quindi, di frustrare il proprio figlio, limitarne le spinte divoranti e onnipotenti. Così lo apre al desiderio, umanizzandolo e ponendo un limite.


il bambino vampiro

 

Questo, permette al bambino di non rimanere incastrato come oggetto di saturazione nella madre e quindi riproporre a sua volta la saturazione, il possesso, la cattura come “bambino vampiro” (in questo ambito nasce l’attuale Narcisismo maligno). La presenza del desiderio dell’Altro paterno è come se dicesse alla madre “tuo figlio è anche mio figlio” non una tua proprietà , e alla moglie “non puoi esaurire tutto il desiderio nell’esperienza della maternità , ci sono anche io, tuo marito”.

Un padre autorevole

  

Risulta chiaro quindi, che la funzione paterna consente una regolazione, che mette ordine nei ruoli e permette al bambino di iniziare a fare i conti con il fatto che la madre non è tutta per lui, ma è anche del padre, che tra lui e la madre c’è dell’Altro, che si fa presente, primariamente come evento di linguaggio, come “Nome” che porta un valore e come parola che interdice e dona (la mancanza). Così, il padre, promuove e garantisce il processo di uscita del bambino dalla spinta a fare corpo Unico con la madre, dalla simbiosi materna, dalla tendenza alle simbiosi. La simbiosi è, infatti, una economia libidica senza perdita, senza mancanza, senza cesura tra il soggetto e l’Altro. Inoltre, la forza della parola paterna non si regge su un’autorità che esorbita il campo della relazione con la madre. Al contrario, sarà proprio la parola della madre che attribuisce o meno la giusta autorità simbolica alla parola del padre. Sarà il modo con il quale la madre parla ai suoi figli del padre a rendere o meno autorevole la parola paterna, che dunque vive in stretta relazione con la parola materna. L’avvento dell’interdizione paterna, del “no” interdice la seduttività narcisistica della coppia madre- bambino e spezza l’illusione della continuità tra l’Uno e l’Altro. In questo senso si può assimilare la parola del padre, alla funzione della Legge simbolica che proibisce l’incesto e rende possibile il patto sociale. Solo così il soggetto può tessere nuovi legami, può divenire capace di creazione, di sublimazione. Infatti, un padre è colui che sa far valere la Legge della interdizione dell’incesto (ossia del godimento “tutto” e di tutto), facilitando il processo di separazione del figlio dalle sue origini. È necessaria una perdita, una differenziazione, un limite, una lontananza dalla Cosa materna perché vi sia soggettivazione e desiderio: un divieto al godimento senza mancanze, pieno, che comporta il rifiuto dell’esperienza del limite.


Se il padre manca


La sua carenza, designa il prolungamento del legame vischioso con l’imago materna divorante. Il bambino rimanendo “incollato” alla madre, un suo possesso, una sua cattura, si comporterà in egual modo con la donna che incontrerà. Il risultato di ciò riguarda l’esclusione delle “cose dell’amore”, ossia  una spinta a godere senza orizzonte, in modo autistico, mortifero, senza alcun legame con l’Altro. Pensiamo che le violenze diffuse, rancori, invidie, ma soprattutto i femminicidi, abusi sessuali, crudeltà , dipendano da questa carenza strutturale: la funzione paterna langue e la madre rimane “tutta madre”, cannibalica e il figlio un vampiro che si nutre di sangue. Se si esclude la funzione orientativa, limitativa e Ideale dell’Altro (della Legge simbolica) si realizza solo, come dice Lacan, un Narcisismo ostile, chiuso, “dell’Uno da solo, senza l’Altro”, un’incandescenza distruttiva, pulsiva, non relazione, la Cosa disfattiva, muta e senza pensiero, priva di cives. Oggi è sempre più evidente un compattamento degli uguali, “un Narcisismo maligno” che tende ad eliminare chi non si riesce a controllare, a conformare. È carente l’elemento Terzo, come Ordine del Padre (che oltrepassa il Narcisismo dello specchio,del due) che consente il rispetto per la gradualità , l’esperienza, il progetto di elevazione culturale. Il legale verticale, infatti, forma il “soggetto responsabile”, promuove l’Ordine del limite, delle regole, della responsabilità, apre al desiderio proprio, consentendo l’individuazione, la differenziazione, di contro all’anonimato degli uguali.

l’adolescente narciso

  

L’apprendimento orizzontale, invece, tipico dell’adolescenza (e Narciso è un adolescente) è veloce, repentino (come l’agito), senza fatica, soddisfa il bisogno di appagamento, ma non quello di crescere e provoca una continua compulsione a ripetere l’esperienza che non è però espressione della vita completa. Nel Narcisismo contemporaneo si verifica pure una sorta di specchiamento fra genitori e figli (i genitori vogliono essere giovani come i figli, in una spasmodica ricerca di giovinezza), cancellando quella differenza generazionale, la trasmissione delle generazioni che favorisce nei figli maturità e crescita, stemperando l’aggressività , il divisivo. Ma, nel mondo fusionale (madre-bambino) di oggi, il figlio “è tutto”, “ha tutto”, “vuole tutto”, non sopporta la benché minima frustrazione, mancanza, che diventano intollerabili, da qui, l’eliminazione dell’altro, l’omicidio, pensando, così, che la mancanza, la sua parzialità , possa essere cancellata, e potrà 6 nuovamente essere Uno e godere della Totalità . Ma facendo ciò, scavalcando il riferimento simbolico all’Altro, svuota radicalmente il discorso amoroso di ogni senso, incarnando l’Anti- amore. Nella contemporaneità, infatti, si è nel “fissaggio” (non nella sua risoluzione) del primo tempo dell’Edipo, quello della confusione simbiotica e della indifferenziazione incestuosa con la Cosa materna, mancano il secondo e il terzo tempo dell’Edipo: l’apparizione della parola del padre, parola di interdizione, separazione e donazione che porta alla realizzazione del soggetto. Solo se avviene la rottura della coppia incestuosa madre-bambino, il soggetto può accedere alla realtà sociale, a nuovi legami, divenire capace alla responsabilità e agli Ideali. Ma, oggi l’oblio contemporaneo dei “segni” dell’amore, e della presenza paterna, favoriscono la spinta unilaterale a saturare con il consumo degli oggetti, per colmare la mancanza ridotta a vuoto da riempire, le dipendenze connesse, la violenza devastante, che svuotano sempre più l’umano, il cum-cives. Alla luce di ciò consideriamo importanti momenti di formazione alla coppia e alla genitorialità. 


l’assenza della relazione


Ed ecco il secondo aspetto: il prevalere del consumismo (come nuovo nichilismo, spinta ad annullare, divorare) e del godimento contemporaneo sul saper desiderare, pensare, parlare, porta sempre più all’impoverimento dell’umano e alla violenza (ciò fu ben delineato da P.Pasolini). Prevale un godimento «monadico», unilaterale rispetto al pensare, parlare, desiderare che sono strutturalmente relazionali. È la relazionalità, infatti, ad essere in declino, per un «compattamento» fra uguali e una unilateralità propria dell’uso degli oggetti, delle cose. Non siamo più ascolto e risposta che è proprio del nostro essere e del linguaggio; non ascoltiamo, anche il turno conversazionale si inceppa, uno parla sulle parole dell’altro, non capisce bene, reagisce e regredisce sempre più alla inciviltà a- comunicativa, contraria al cumcives. L’uomo contemporaneo è sempre più ingannato dalle compensazioni da cui dipende, dall’uso degli oggetti (riduce anche l’uomo a oggetto d’uso, di7 godimento); in tal modo si disabitua sempre più, alla relazione e al pensiero, prevalendo l’unilateralità. Le relazioni sono diventate «connessioni», senza durata né responsabilità, né cambiamento, si entra e si esce a piacimento con facilità , disimpegno, consumo: «soddisfatti o rimborsati».

tutto troppo in fretta

  

È sempre più evidente l’incapacità a tollerare l’attesa, la mancanza, la differenza. Le esperienze che richiedono tempo per poter essere sedimentate e pensate, sono dissolte nella tendenza compulsiva alla scarica, al passaggio all’atto, privo di pensiero e totalmente desimbolizzate. Ciò nella ricerca affannosa di nuove sensazioni, di nuovi oggetti di godimento, nel cambiamento continuo dell’oggetto. La mente si intasa attraverso impressioni, sensazioni sempre varie e molteplici, che impediscono il tempo del pensiero, a causa di un eccesso di presenza e di iper-stimolazione Si possono definire, così, tre livelli di impoverimento della simbolizzazione: 1) Una debolezza del pensiero riflessivo, dovuta all’incapacità, all’attesa, all’assenza, al dubbio, alla frustrazione; 2. Una incapacità alla rappresentatività nella mente, che non ordina le rappresentazioni in una trama, tali rappresentazioni rimangono frammenti non pensabili (che devono essere espulsi). Da qui l’incapacità a capire un testo. 3) Un esubero di elementi pulsivi, dovuti a una saturazione di impressioni, stimoli, che non arrivano ad essere trasformati in pensieri, dovuti a uno stato angoscioso molto alto e conducono a scariche pulsive Domina, sempre più, un godimento dissipativo proprio della “pulsione di morte”,strutturalmente antagonista e alternativo al pensiero, all’attesa, al desiderio, che trascina il soggetto verso una deriva autistica che lo separa dall’Altro.


L’anti amore e la pulsione di morte


 Infatti, la potenza della “pulsione di morte” rompe gli argini, i legami, distrugge e devasta la vita disinserendola dal campo dell’Altro, incrementando patologie dell’anti amore, contrarie al discorso amoroso, da qui il narcisismo di morte. Il soggetto appare come privo di senso di colpa, eppure massimamente colpevole. La sua colpa consiste nel non assumere il coraggio e la fatica dell’esistenza, né di una visione. Il primato della “pulsione distruttiva” domina la sregolatezza e la spinta alla scarica immediata, la tendenza compulsiva alla ripetizione che prescinde dallo scambio con l’Altro, la tendenza al passaggio all’atto, alla negazione di ogni mediazione simbolica (parola, pensiero), narcotizzando e devastando sempre di più la vita. 

proposte educative

  

Per contrastare l’eccesso di pulsivo (la Cosa materna distruttiva) è importante coltivare il pensiero fecondo che aiuti a riflettere su sé stessi, sui propri comportamenti, e i “no” della vita. Infatti, se non si coltiva ciò, si aggrava la vulnerabilità della mente (Maria Zambrano 1989), non vi è capacità di visione, di progetto, ma neppure capacità di ravvedersi. Oggi, dove tutto deve essere facile, a portata di mano, breve, il pensieroslogan, noi, proponiamo il “pensiero lungo”, al cui interno si collocano i semi della veglia, della speranza, della visione. Un pensiero che fecondi azioni responsabili verso l’umanità, l’incarnazione, di contro alla indifferenza, all’egoismo, al “tutto e subito”. Un pensiero e un agire di “visione”, di esodo dall’ovvietà, dalla saturazione compiacente. In un’epoca dove si rischia di conoscere tutto di niente, non giova il “pensiero corto”, ma quelli che, anche il filosofo Empedocle (V secolo a.c.) chiamava “pensieri lunghi” che connettono i vari punti, le singole parti, i saperi particolari, concedendosi tempo. È importante quindi la Cultura (da Colere, coltivare e far fecondare il pensiero) e promuovere “Piccoli Cenacoli di pensiero”, anche in una Rivista come Famiglia cristiana, per una “ecologia” della mente. Infatti, il pensiero ha suoi modi, suoi percorsi, una complessità fatta di rivoli e tempo. Non è il “tutto e subito” del consumare (del godimento), a portata di mano, proprio dell’agito, del gesto violento, fatto di velocità, di repentino, di brevità. Non sono neppure le parole dell’ovvio, facili, una sorta di tesi orecchiabili, proprie della propaganda. Anche questi modi della parola (che non attivano il saper pensare) definiti da Lacan “olofrase”, sono della stessa natura del pulsivo, facile, subitaneo, senza pensiero e accrescono l’impulsivo stesso. E non consentono alla mente una giusta distinzione, tra pensiero, pulsivo e impulsivo. Per questo è necessario promuovere incontri formativi per le coppie e per le famiglie, ma per tutti, Incontri, per reimparare a pensare (Cenacoli di pensiero) o in una Rivista, una breve Rubrica (Scholé, Scuola di pensiero) per attivare il “pensiero lungo”, filosofico e umanistico per contrastare tutto ciò che è presentato in questo scritto. Il “pensiero lungo” è parte dell’Ordine del Padre, del Terzo, dell’Ideale, e contrasta la forza del pulsivo e dell’impulsivo che rompe gli argini, i legami, distrugge, devasta la vita. In breve, l’impoverimento del Simbolico relazionale (pensiero, parola, desiderio), a vantaggio del godimento unilaterale (consumismo, rapide
soddisfazioni, compensazioni), il prevalere della “madre-coccodrillo”, i padri languono (dove i figli sono tutto e voglio tutto, non tollerano la mancanza, la frustazione, la differenza, esigono solo cattura, possesso, a-relazionale), genera figli-vampiro, assetati di sangue = femminicidi. Antidoti: la Responsabilità: formazione alla coppia e alla genitorialità. Importanza della Cultura e riapprendere il simbolico, il “pensiero lungo” (la lettura), la parola empatica e comunicativa.

 


Chi è Beatrice Balsamo


Beatrice Balsamo Filosofa della Persona, Psicoanalista, specializzata in Etica, Comunicazione e Cinema. Collabora con l’Università di Bologna, Parma, Ferrara per l’insegnamento di Scienze Umane e Filosofia della Persona. È Presidente di APUN (APS) – Associazione Psicologia Umanistica e delle Narrazioni. Filosofia Arte Scienze Umane. Ideatrice del CINECare – Cinema per pensare, a sostegno dei più fragili, è Direttore scientifico dell’Evento internazionale MENS-A/ Pensiero e Dialogo, che si svolge nell’intera Regione Emilia-Romagna. Nel 2023 è stata conferita alla Prof.ssa dal Presidente della Repubblica, l’onorificenza di Cavaliere dell’ordine “Al Merito della Reppublica Italiana” per le tante iniziative culturali e so iali innovative e attenzione agli altri. Tra le sue numerose pubblicazioni: Amore sussurro di una brezza leggera (2013), Elogio della dolcezza (2017) e, con Mursia, Nella Bellezza. Quando la parola manca (2020). Saggezza gentile. In una scia di parole (2023).
 





Dal sito Famiglia Cristiana

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