di Ludovico Bianchessi
Ci sono libri che insegnano. E poi c’è Oltre la formazione, che smonta. Smonta illusioni, smonta format precotti, smonta quell’idea pigra secondo cui basta un corso PowerPoint per cambiare il destino di un’azienda (o di una persona). Paradossalemnte, funziona come un corso di formazione sulla vera formazione. Andrea Granelli e Nicola Spagnuolo, due che della formazione del personale aziendale hanno fatto mestiere e missione, ci portano in un viaggio in controsenso sulle autostrade dell’apprendimento. Dove tutti corrono a insegnare, loro rallentano per capire. E per ricordarci che la formazione non è una pozione magica ma, semmai, una dieta da riscrivere. Il libro è elegante come un seminario di Harvard ma inquieto come una seduta di autoanalisi. I due autori, con l’aria un po’ da professori fuori sede, ci dicono chiaro e tondo che le vecchie ricette manageriali non funzionano più. E che continuare a propinarle è come offrire minestrina in brodo a chi ha la febbre del mondo nuovo.
In una società dove tutto scorre – e spesso sfugge – Granelli e Spagnuolo provano a fermare il tempo quel tanto che basta per riflettere. E scoprire che per imparare qualcosa serve, paradossalmente, disimpararne molte altre. Serve cioè abbracciare l’ambiguità, fidarsi dell’intuizione, e tornare ad avere memoria. Sì, memoria. Quella facoltà ormai evaporata sotto le dita scivolose del touch screen. Ma anche quella memoria lunga che ci ricorda che educare non è addestrare, che apprendere non è eseguire, che conoscere non è sapere “tutto”, ma saper collegare. Per farlo, i due autori ci regalano un lessico nuovo: traducibilità, memorabilità, transdisciplinarietà. Parole difficili per dire una cosa semplice: che la formazione, per funzionare, deve parlare alle persone, lasciare un segno e attraversare i confini. Non solo quelli delle competenze, ma anche quelli dell’anima. Tra Kant e Marco Aurelio, tra Umberto Eco e il digitale che ci rincoglionisce (ma che, se usato bene, può aiutarci), questo libro è un manuale per chi non sopporta i manuali. E un salvagente per chi naviga nella “never normal” quotidiana, quella dove tutto cambia tranne le vecchie slide. Alla fine, non resta che una certezza: «La formazione non fa miracoli. Ma senza formazione non ci sarà futuro». E allora, se proprio dobbiamo imparare qualcosa, impariamo almeno a disimparare con stile. Perché il vero formatore – ci suggeriscono Granelli e Spagnuolo – non è quello che ti spiega il mondo. È quello che ti insegna a viverci dentro. Magari con un po’ più di dubbi. E con molte più domande.