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La Battaglia di Pavia compie 500 anni, che cos’è, perché è importante, che cosa c’entra con l’Europa


Il “segno” più appariscente in città dell’evento passato alla storia e alla storia dell’arte di conseguenza come la Battaglia di Pavia, che ha visto contrapporsi il 24 febbraio del 1525, 500 anni fa esatti, alle porte di Pavia gli eserciti di Carlo V e Francesco I, è una mancanza: il lato nord del Castello visconteo, che non c’è più abbattuto nel 1527, dall’armata francese guidata dal conte di Lautrec, per vendicare la sconfitta di Francesco I avvenuta due anni prima nella battaglia di Pavia. Quello che se ne vede oggi sono i resti delle mura di tamponamento costruite verso la metà del Cinquecento giustappunto dagli spagnoli arrivati in seguito al successo di Carlo V a dominare il Ducato di Milano.

La battaglia al termine di un assedio piuttosto lungo non si consumò attorno al Castello visconteo ma un po’ più a nord, nel parco oggi della Vernavola, vicino castello di Mirabello, da non confondersi con Montebello della battaglia, che sta a sud e allude a una battaglia antica d’epoca romana. Di questo evento storico celebrato in tante opere d’arte per il mondo, si parla come di uno snodo importante per l’Europa e per il modo di fare la guerra nella storia. Abbiamo provato a capirne il significato con Mario Rizzo, membro del comitato organizzatore per le celebrazioni che promuove un anno di eventi, professore ordinario di storia dell’Economia all’Università di Pavia che fa pare del comitato scientifico del convegno internazionale previsto in programma la prima settimana di aprile, e che ha risposto alle nostre domande.


Perché proprio a Pavia, ragioni storiche o geografiche?


A partire dal tardo Quattrocento fino ai primi anni Trenta del Cinquecento l’Italia si trova al centro di un turbillon di guerre, non a caso note come Guerre d’Italia, mutamenti, cambi di regime che riflettono le ambizioni dei grandi attori geopolitici del tempo: l’impero asburgico di Spagna e la monarchia francese. Tra le aree che si trovano al centro di queste ambizioni più di altre, e destinate poi a diventare entrambe spagnole, ci sono Napoli e il Ducato di Milano, che prima era stato degli Sforza, poi è un po’ francese e solo dal 1535 sarà definitivamente asburgico-spagnole. La Lombardia, che gli spagnoli chiameranno el corazon dell’Impero, o la chiave d’Italia perché sta all’ingresso della Penisola ed è una regione molto ricca tanto che all’inizio spagnoli e francesi se la contendevano nell’illusione errata che potesse finanziare le loro guerre anche fuori d’Italia.

C’entra il Ticino che passa in città, affluente del Po navigabile fino a Venezia?

  

No, anche se qualche corpo lasciato sul campo dalla Battaglia di Pavia è stato trovato non a caso nella laguna di Venezia. Ma questo è solo un dato spaziale, pesava il fatto che fosse un centro commerciale, economico, importante nella bassa lombarda anche dal punto di vista militare, nonché una città che aveva tradizione che ha avuto il suo massimo splendore tra l’850 e il 950, ma che conservava una fama, un Ateneo importante in cui avevano studiato e insegnavano anche in quegli anni persone di rilievo.


Perché hanno perso i francesi e vinto gli spagnoli?


Esperti della Battaglia come Marco Calandra e Gigi Casali concordano nel ritenere che i francesi fossero all’epoca molto validi combattenti, ma ancora cavalieri di stampo medievale, meno abili come strateghi: l’assedio di Pavia, durato diversi mesi, è stato probabilmente un errore tattico, che ha consentito agli asburgici sconfitti a Milano di riorganizzare le forze e preparare un esercito di soccorso per la città assediata.  A differenza di Carlo V Francesco I, sovrano dei francesi, è sul campo di battaglia alla testa delle sue truppe. È vero che nessun evento storico ha mai una sola spiegazione, ma è molto probabile che oltre alle questioni dinastiche, economiche, geopolitiche e militari, abbia pesato in lui un elemento psicologico, che riconquistare la Lombardia, che era stata di alcuni suoi predecessori, fosse per il principe dei cavalieri, l’erede della tradizione culturale dei paladini, un punto d’onore.

Che cosa rappresenta nell’altro campo la vittoria?

  

La battaglia di Pavia non è la fine delle guerre d’Italia e neppure la conquista definitiva del Ducato di Milano da parte degli spagnoli, ma è un evento molto rilevante perché con la essa, simbolicamente cresce lo status di Carlo V, come giovane sovrano in grande ascesa, che negli anni successivi infliggerà smacchi notevoli sia ai francesi, sia al papa, alleati nella Lega di Cognac, antiasburgica nota come Seconda Lega santa.


Dipende da questo ruolo simbolico fatto che la battaglia ispiri gli artisti?


Si pensi del resto a che cosa possa significare per l’epoca il fatto che uno dei sovrani più prestigiosi e potenti dell’Occidente, Francesco I, 31 anni, nel pieno della sua prestanza fisica, sia ferito in battaglia, pur non troppo gravemente, fatto prigioniero e poi portato a Madrid, costretto a firmare accordi di pace sfavorevoli. Come si può vedere dalla mostra multimediale in corso al Castello visconteo di Pavia, la Battaglia è stata rappresentata nell’arte quasi subito e ci sono stampe che la documentano con intento quasi cronachistico, anche se a volte come segnaliamo nelle didascalie contengono errori cronologici: in alcune la città assediata ha già la cinta muraria, le cosiddette Mura spagnole, che sono del Secondo Cinquecento.

Qual è l’opera più importante?

  

L’opera più importante con la Battaglia di Pavia come soggetto sono sette grandi arazzi disegnati e intessuti nelle Fiandre dove c’erano i più famosi artisti tessitori e donati nel 1531 a Carlo V, come omaggio a sovrano. Oggi sono conservati al museo di Capodimonte a Napoli, al momento sono in mostra negli Stati Unito e arriveranno tutti per la prima volta a Pavia per la mostra Pavia, 1525: la città, le arti, la battaglia,  dal 18 settembre 2025 al 20 gennaio, al Castello visconteo, curioso il fatto che si noti che sono opera di fiamminghi perché i tetti delle case pavesi somigliano molto, troppo, a quelli spioventi del nord Europa. Altre opere che la raffigurano si trovano al Royal Armouries Museum di Leeds, al National Museum di Stoccolma, all’Ashmolean di Oxford.


È vero che la Battaglia di Pavia ha “cambiato” anche il modo di fare la guerra?


Segna un punto di svolta dal punto di vista tecnologico e socio-militare: certamente non è la prima volta che in battaglia vengono usate le armi da fuoco e in particolare gli archibugi, ma è una delle primissime occasioni se non la primissima in cui, usate molto abilmente da una parte, sono state determinanti. C’è anche dato sociologico: i fanti spagnoli appartenenti a classi medio-basse sconfiggono la crème de la crème militare dell’epoca, la cavalleria pesante nobiliare francese nell’ambito della quale primus inter pares è il sovrano. Molti di questi nobili, salvo casi di corpo a corpo che pure ci sono, vengono uccisi da colpi d’archibugio. Questo non significa che la cavalleria non sarà più importante, lo sarà ancora nelle guerre americane dell’Ottocento, nella guerra di Crimea, ma quello visto nella Battaglia di Pavia resterà un cambiamento molto rilevante. Anche se la nobiltà continuerà a essere elemento cruciale del potere politico per secoli anche nelle monarchie più potenti dal punto di vista militare.

È storia o leggenda la ricetta della zuppa alla pavese?

  

Il confine tra storia e leggenda è spesso labile, leggenda vuole che questa famosa alla pavese fatta di fette pane raffermo con sopra un uovo e del formaggio, coperti di brodo bollente sarebbe stata offerta nella famosa Cascina repentita nei pressi del Castello di Mirabello al re di Francia catturato e non proprio bene in arnese: ingredienti poveri, verosimilmente residui in un luogo che ha subito un lungo assedio. Un piatto povero, come tanti della tradizione italiana, attorno al quale s’è costruita una leggenda che pure pare abbia qualche fondamento. Ci sono anche associazioni culturali che proteggono e promuovono la ricetta.


Com’era il lato nord del Castello visconteo?

Video tratto dal sito dei Musei civici del Castello che ora ospitano la mostra multimendiale sulla battaglia, in cui gli avatar di Carlo V e Francesco I raccontano ai visitatori la loro avventura.





Dal sito Famiglia Cristiana

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