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Jean-Marc Aveline, il pastore che ridà respiro alla Chiesa di Francia

All’indomani della sua elezione a capo dei vescovi di Francia durante l’Assemblea plenaria di primavera, il cardinale Jean-Marc Aveline ha scritto così ai suoi diocesani: «Con san Giovanni Paolo II, ho voluto ripetere ai vescovi: “Non abbiate paura!”. Quando il Signore è sulla barca, spesso c’è tempesta. Ma né la schiuma dei giorni, né l’angoscia dei tempi, che dovremo sempre affrontare con coraggio, possono prevalere sulla dolcezza divina del Cristo risorto!». È stato proprio il 2 aprile scorso, festa di san Giovanni Paolo II, nei pressi della grotta di Lourdes, che questo porporato di 66 anni è stato eletto al primo turno, in meno di dieci minuti, con l’80% dei voti: la prova evidente del suo gradimento tra i vescovi francesi. Dopo la tremenda crisi degli abusi sessuali che ha scosso la Chiesa di Francia, essi hanno scelto come guida un pastore per il quale «il radicamento spirituale è necessario per ritornare all’essenziale», come ha spiegato alla stampa, desideroso di curare la collegialità episcopale e di impegnare la Chiesa a uscire da sé stessa con un impulso decisamente missionario. «È l’orgoglio che corrode la Chiesa. Invece di cercare ostinatamente di proteggersi come istituzione, deve accettare di perdere tutto per guadagnare Cristo. La sua salvezza è nella conversione al Vangelo», ha spiegato.

Già distintosi a Roma per le sue grandi qualità intellettuali e pastorali e per la sua visione libera delle cose, Aveline era stato eletto nell’autunno del 2024, insieme al vescovo di Vilnius, per rappresentare tutte le Chiese cattoliche europee all’interno del Consiglio ordinario del Segretariato generale del Sinodo, presieduto da papa Francesco. È anche membro dell’influente Dicastero per i vescovi e il suo nome figura ormai nella lista dei principali papabili. In Vaticano, il nome di Jean-Marc Aveline era inizialmente circolato per la guida del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso – di cui è consultore dal 2008 – ma il Papa ha preferito mantenerlo sul territorio d’Oltralpe, nominandolo arcivescovo di Marsiglia l’8 agosto 2019 e creandolo cardinale nel 2022, riconoscendo in lui la statura di un pastore capace di infondere vigore e entusiasmo missionario alla “figlia primogenita della Chiesa”, l’uomo capace di scrivere una nuova pagina ecclesiale per il cattolicesimo francese.

Simbolo di un «cambiamento d’epoca», in cui la Chiesa è meno preoccupata di affermare la propria identità di fronte a una società secolarizzata e più desiderosa di servire Dio e il mondo com’è, Jean-Marc Aveline – noto per la sua capacità di ascoltare e rapportarsi alle persone in modo attento e delicato – è diventato una vera figura di riferimento per la Chiesa universale. Lui  ama ripetere che «la Chiesa non ha il suo centro di gravità in sé stessa, ma nella relazione che Dio ha con il mondo». Il radicamento nella vita concreta è, infatti, il tratto distintivo del suo pensiero teologico. «La sua forza non è solo teologica, è anche relazionale, perché non dimentica mai che prima delle tesi e delle teorie ci sono gli esseri umani», mi ha testimoniato un suo amico, descrivendolo come l’opposto di un ideologo. Il fatto è che il cardinale Aveline attinge questo atteggiamento dall’esperienza dolorosa dello sradicamento dei pieds-noirs (i coloni francesi) dopo l’indipendenza dell’Algeria nel 1962.

L’Algeria è infatti la culla familiare di Jean-Marc Aveline, uno dei rari prelati francesi di origine pied-noir. Nato il 26 dicembre 1958 nell’Algeria occidentale, ha vissuto in Nord Africa con i genitori e le due sorelle, prima che la famiglia sbarcasse in Francia, inizialmente nella regione parigina, poi nei quartieri a Nord di Marsiglia. In quel contesto popolare, il suo parroco, padre Jean Arnaud, poeta e mistico, gli ha insegnato ad amare «una Chiesa mariana ed escatologica», una Chiesa leggera, ospedale da campo, direbbe Francesco, «capace di partire in fretta per visite impreviste», dove «la comunione viene prima dell’organizzazione e la misericordia prevale sul giudizio».

Dopo gli studi di teologia al seminario universitario dell’Institut Catholique di Parigi, divenne direttore degli studi del seminario interdiocesano di Marsiglia, responsabile per le vocazioni, e nel 1992 fondò l’Istituto di Scienze e Teologia delle Religioni (ISTR), poi l’Istituto Cattolico del Mediterraneo. Nominato vicario generale della diocesi di Marsiglia nel 1998, ottenne il dottorato in teologia delle religioni nel 2000, fu nominato vescovo ausiliare della stessa diocesi nel 2013, e sei anni più tardi ne divenne arcivescovo. «La comunione nella Chiesa non è la giustapposizione delle tendenze, ma una forza che proviene dall’eucaristia», riassume così la sua volontà di servire l’unità del gregge affidatogli, non esitando, tra l’altro, a celebrare secondo il rito antico per accompagnare i fedeli a esso legati. La sua esperienza familiare – il trauma dell’esilio vissuto da bambino, la morte delle due sorelle a poca distanza di tempo, la solitudine nel sostenere e consolare i genitori anziani – ha forgiato in lui un’attenzione particolare verso chi soffre o si trova ai margini. Pastore gioioso dalla fede contagiosa, si interessa ai problemi delle persone sradicate, di origini diverse e in difficoltà d’integrazione, riflettendo su soluzioni concrete insieme agli amministratori locali, che non ha timore di consultare e interpellare. Caloroso e sensibile, il carattere di Jean-Marc Aveline può davvero essere descritto con una frase di Van Gogh: «Non c’è nulla di più poetico che amare le persone».

Sarà lui il futuro Giovanni XXIV, più volte evocato da Francesco parlando del suo successore?





Dal sito Famiglia Cristiana

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