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Intervista a Tom Borrow, il giovane pianista israeliano che stasera a Milano inaugura la serie di concerti dedicati ai “Nuovi talenti”


Vederlo in scena e sulle foto è un giovane dallo sguardo vivace e simpatico. Ma a leggere che i critici lo hanno definito “sensazionale” non può che venire voglia di ascoltarlo.  Nato a Tel Aviv, padre inglese e madre israeliana, Tom Borrow nel 2020, a soli 20 anni, è stato definito da  International piano  “One to watch” (un artista da seguire). A 5 anni già muoveva le dita sulla tastiera ed è stato affidato alle cure di Michal Tal: da quel momento musicisti come Murray Perahia e András Schiff lo hanno accolto fra i meritevoli dei loro corsi di specializzazione. La Società del Quartetto di Milano l’ha scelto quest’anno per inaugurare la serie di concerti dedicati ai “Nuovi talenti”, programmando per lui un  recital dedicato a Bach, Rachmaninoff, Liszt, Schumann.

 

Ma cosa si prova a essere conosciuti, identificati e presentati come una Stella nascente?

«Sinceramente non ci penso molto, sono semplicemente molto grato di avere l’opportunità di condividere il mio amore per la musica con il pubblico di tutto il mondo».

In Israele ha vinto tutti i concorsi a cui ha partecipato. Quale di questi è stato il concorso o l’evento che ha influenzato il suo percorso di artista e quando è cambiata la sua vita? 

«Il momento che ha avuto più influenza su di me in realtà non è stato un concorso, ma il fatto di essere stato chiamato a sostituire Khatia Buniatishvili in una serie di 13 concerti con l’Orchestra Filarmonica di Israele nel 2019. È stata un’esperienza incredibile ed è stato un punto cruciale che ha contribuito ad aprirmi la via del successo. Poi è arrivata la BBC che mi ha permesso di suonare e registrare con tutte le sue orchestre. E sono arrivati le scritture da tutto il mondo».

Come accade a molti colleghi  dunque la notorietà è giunta all’improvviso, quasi per caso. Da quel momento Tom Borrow ha avuto le strade spianate. Ma a vederlo sul palco è un ragazzo come tanti altri, anche se non utilizza i social…

«Sì, io non amo proprio i social, è come se fossi nato nell’epoca sbagliata da questo punto di vista. Invece a volte mi piace una bella partita a ping-pong per rilassarmi». 

 

E durante gli interminabili  viaggi in aereo cosa legge?

 

«Sugli aerei spesso mi piace fare un po’ di pratica mentale, mi piace svuotare la mente. Ma, ogni tanto c’è il tempo per qualche libro, specialmente testi di filosofia».

A proposito del tempo, trova anche quello per vivere un’esistenza fuori dai riflettori? 

«Direi soprattutto che mi piace essere sicuro di avere dei ritagli di tempo per poter vedere la famiglia e gli amici, così come per me è fondamentale avere abbastanza tempo per imparare altro repertorio e crescere come musicista».

Qual è l’origine della sua vocazione?

«I miei genitori non sono musicisti, tuttavia sono sempre stati degli appassionati di musica e mi hanno sempre sostenuto molto».

Quali autori pensa che l’accompagneranno sempre nella vita e la cui conoscenza crescerà con lei?

«In generale mi è molto difficile scegliere un compositore preferito, e la voglia di suonare certi pezzi dipende molto dal periodo della mia vita. Suono davvero quel che amo, senza distinzione di epoche».

Ma c’è un autore particolarmente difficile da interpretare per lei, non da un punto di vista tecnico, ma per la profondità, il mistero e la complessità della sua musica? 

«Molti compositori possono essere difficili da interpretare, ma direi che uno lo è sicuramente più degli altri: Mozart. Un interprete quando suona Mozart si sente  spogliato di tutto, si presenta nudo al suo cospetto».





Dal sito Famiglia Cristiana

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