il direttore del Festival del sacro Monte Andrea Chiodi
Il Sacro Monte, che si staglia nella cornice delle prealpi varesine, da secoli è custode di racconti che sconfinano nella leggenda, dalla vittoria di Sant’Ambrogio sugli ariani ai misteriosi musicisti che comparvero dal nulla mentre veniva issata la XIII croce. Una tradizione millenaria di memoria e narrazione orale, nel quale ha trovato terreno fertile Tra Sacro e Sacro Monte, un festival teatrale che dal 2010 ha raccolto grandi artisti del panorama italiano alle prese con le grandi domande dell’esistenza. Quest’anno, dal 4 al 28 luglio, per la quindicesima edizione il direttore artistico Andrea Chiodi ha voluto celebrare il ricordo di tre delle più grandi attrici teatrali italiane: Lucilla Morlacchi, l’attrice amata da Luchino Visconti, Piera Degli Esposti, interprete straordinaria del teatro e del cinema italiano, e Franca Nuti, da poco scomparsa e collaboratrice dei più grandi registi del Novecento. Tante sono le iniziative e molti gli ospiti, alcuni dei quali molto noti al pubblico. Tra tutti, Toni Servillo, in un tributo a Giovanni Testori, e Laura Marinoni, che riprenderà le fila della prima edizione del festival col testo inscenato da Morlacchi, Matteo, il Vangelo.
Abbiamo intervistato il direttore Chiodi per raccontarci le origini e gli sviluppi del festival.
Com’è nata l’idea del festival e come festeggerete questa quindicesima edizione?
«Il festival è iniziato 15 anni da una sfida abbastanza complessa, ideata insieme a Lucilla Morlacchi, una delle grandi attrici amate da Luchino Visconti: leggere il Vangelo di Matteo integralmente. Ero un po’ scettico inizialmente, perché aprire un festival con un testo così importante, ma comunque complesso, era un azzardo, ma se fosse andata bene, la scommessa sarebbe stata mezza vinta. Fu un evento straordinario. A distanza di quindici anni, volevo ricordare Lucilla proprio attraverso il testo che ci ha spinto ad aprire il festival, cui lei era particolarmente legata. Abbiamo quindi deciso di ripartire proprio dal Vangelo di Matteo, che non faremo in versione integrale, ma di cui abbiamo scelto alcuni passaggi. Questo perché in 15 anni il pubblico è molto cambiato, ha bisogno di tempi un po’ più brevi. Ho quindi chiesto di interpretarlo ad un’altra una grande attrice milanese contemporanea, Laura Marinoni. Mi sembrava molto bello poi dedicare un ricordo a Piera Degli Esposti, mia grande maestra. Tengo molto a quest’idea del ricordo: non un ricordo in termini nostalgici, ma un ricordo che ci fa capire le radici, da dove veniamo, cosa siamo. Lo abbiamo esteso anche a Franca Nuti, anche perché è mancata da pochissimo. Lei fu una delle attrici della prima edizione e ho pensato di ricordarla con una cosa grande, per il festival molto impegnativa, ma di cui sono molto felice: una masterclass per 18 attrici donne, scritturate e pagate, che lavoreranno in residenza al Sacro Monte per dieci giorni intorno ai Dialoghi delle carmelitane di Bernanos, un testo che Franca Nuti fece con Ronconi alla fine degli anni ‘80. Un testo che amo molto e che vorrei mettere in scena ma che i teatri e i circuiti normali di produzione fanno fatica a promuovere».
Come mai tanti aggiustamenti nei confronti del pubblico? Cos’è cambiato da allora?
«Il pubblico è molto vario e vasto, milanese, del Canton Ticino, gran parte del territorio di Varese. Ci sono persone che vengono anche da più lontano degli affezionati al festival. Il target poi è molto vario: ci sono ragazzi giovani e persone più anziane. Devo dire che il pubblico è cambiato, l’attenzione è molto cambiata. Mentre i grandi personaggi legati alla televisione, al cinema sono sempre facilmente riconoscibili per il pubblico, i grandi nomi del teatro restano nell’ombra. Non ho voluto piegarmi quindi a una logica commerciale, perché il festival è nato proprio con l’idea di fare una cosa che fosse altro dal commerciale, che desse la possibilità di mettere in scena dei testi che altrove non vengono fatti ma con grandi professionisti del palcoscenico. Quest’anno ci saranno comunque artisti che sono dei grandi attori di teatro ma sono anche conosciuti a molti, penso a Toni Servillo, che è assolutamente una star del cinema e anche del teatro. L’anno scorso abbiamo avuto Giovanni Scifoni, un attore bravissimo, straordinario, che ha una notorietà sui social e in televisione che gli permette di fare anche del teatro di un certo tipo. C’è anche da tenere in conto il mondo dei social che è esploso e cresciuto tantissimo in questi anni, per cui il pubblico cambia, ma più che altro cambia anche nei gusti, nella capacità di attenzione. Vogliamo comunque essere un baluardo di contenuti e di proposte alte».
C’è un filo conduttore che lega le diverse rappresentazioni del festival e magari quelle future?
«Il tema che ha sempre in qualche modo legato tutte queste edizioni del festival è la ricerca di di testi e di autori importanti, legati alle grandi domande dell’uomo. Da questo credo non ci staccheremo. La cosa che mi piace e che mi colpisce sempre molto è che veramente in questi quindici anni siamo riusciti ad ospitare tutti i grandi, credo veramente quasi tutti i grandi nomi della prosa del Novecento. Molti non ci sono più, quindi sono state occasioni veramente preziose. Mi piacerebbe coinvolgere però nel futuro una generazione di registi giovani, contemporanei, e far loro provare la sperimentazione su testi che magari per loro sono sconosciuti o molto lontani. Mi piacerebbe che fosse un luogo dove dare delle occasioni anche a delle generazioni più giovani di artisti di confrontarsi con la grande letteratura. Ho anche il desiderio di farlo crescere, magari di portare la danza, il cinema».