Bebe Vio Grandis – che alle ultime Paralimpiadi ha gareggiato con il “nuovo cognome” – è certamente la più famosa, ma non è l’unica: in Italia aumentano le persone che decidono di modificare il proprio cognome aggiungendo quello materno. Da quando poi, nel 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima l’assegnazione automatica del patronimico, ovvero del cognome del padre, anche la percentuale dei nuovi nati a cui è attribuito il cognome di entrambi i genitori sta crescendo. Non un aumento da capogiro, si va da pochi punti percentuali nella gran parte delle città italiane al 17 per cento di Milano, ma qualcosa si muove. E anche sui social network non sono pochi gli utenti – per lo più donne – che aggiornano il profilo con il cognome materno.
Ma perché come ci chiamiamo è tanto importante? «Non si tratta di un vezzo, il cognome definisce l’individuo», sgombra subito il campo dagli equivoci Amalia Diurni, docente di Diritto privato comparato all’Università di Roma Tor Vergata. «Se si attribuisce il solo cognome paterno, oltre a discriminare le donne si trasmette ai figli un messaggio culturale, uno stereotipo sessista, che porta poi all’invisibilità delle madri all’interno della società», dice anche Rosanna Oliva de Conciliis, presidente della Rete per la parità Aps, che nel 1960 vinse il ricorso alla Corte costituzionale contro l’impossibilità per le donne di accedere alle più importanti carriere pubbliche. «Nel nostro Paese troppo pochi conoscono la sentenza del 2022. Da anni si attende una riforma organica in linea con i principi di uguaglianza fra i sessi e uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, sanciti sin dal 1948 dagli articoli 3 e 29 della Costituzione. Senza dimenticare che la riforma del diritto di famiglia del 1975 ha sostituito la patria potestà con la potestà genitoriale».
Una questione civile, dunque, anche se in tanti ancora si chiedono se basti cambiare il cognome per cancellare le disuguaglianze fra i generi. Oggi nel nostro Paese vige quanto stabilito dalla Corte costituzionale, come spiega Diurni: «Il cognome dei figli deve comporsi con i cognomi dei genitori, nell’ordine da loro concordato, fatta salva l’attribuzione, di comune accordo, soltanto del cognome di uno dei due. In assenza di accordo, si procede con il doppio cognome». Addio, quindi, al solo cognome di papà assegnato di default. «Nelle società moderne la scelta del cognome è caduta sull’individuo socialmente e legalmente più forte, ovvero l’uomo, a maggior tutela del minore. Ma nel nostro Paese è dagli anni Ottanta che la Corte costituzionale sollecita una riflessione. Nel 2006 ha dichiarato il patronimico un retaggio patriarcale, nel 2016 ha introdotto l’opzione dell’aggiunta del cognome materno a quello paterno, per finire nel 2022, costretta dall’immobilismo del legislatore, col dichiarare illegittima l’assegnazione automatica del patronimico», riepiloga Diurni.
Al vaglio della Commissione giustizia del Senato ci sono ora quattro disegni di legge, che con diverse varianti propongono il modello liberista: ai genitori la scelta. Spiega Diurni, che sul tema è stata ascoltata dalla stessa Commissione, come anche Rosa Oliva de Conciliis: «La domanda è: l’attribuzione del cognome configura un diritto dei genitori, come sembrerebbe dalle proposte in discussione, oppure costituisce l’esercizio della responsabilità genitoriale e, dunque, deve fare il miglior interesse del minore? Con il modello bilaterale si conserverebbe la priorità della tutela del minore a vedersi riconosciuto un doppio cognome, segno dell’appartenenza a entrambi i rami familiari».
Il modello bilaterale, che prevede cioè il doppio cognome, nasce in Spagna nel Cinquecento, mentre negli altri Paesi dell’Europa continentale vigeva patronimico. Ma si trattava di un escamotage che non modificava la trasmissione patrilineare del cognome alle generazioni successive – messo in discussione dalla rivoluzione francese, ma poi riabilitato con la restaurazione. Oggi nel mondo i sistemi di attribuzione del cognome sono tre: unilaterale (un solo cognome), bilaterale – diffuso anche in America latina – e liberista, in vigore negli Stati Uniti e in Inghilterra, che prevede la totale libertà nell’assegnazione del cognome, che può essere anche inventato.
In attesa della legge, in Italia diverse questioni rimangono aperte, per esempio come evitare la moltiplicazione dei cognomi da una generazione all’altra, o come procedere con i bambini nati prima della legge. Andranno aggiornate le norme legislative e regolamentari e, soprattutto, la consuetudine. La strada è lunga ma, nel nome del padre e della madre, è aperta.