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Il ritorno di Goldrake, le cose da sapere, sulla vecchia e nuova serie, risponde Marco Pellitteri


«Si trasforma in un razzo missile, con circuiti di mille valvole, tra le stelle sprinta e va…». Per Vince Tempera, musicista, vero e bravissimo, compositore tra le altre cose della sigla di Goldrake, questo incipit è una sorta di ossessione. Ai concerti di Guccini, per dire, gliela hanno chiesta ogni volta fino al ritiro, con il cantautore che lasciava cantare il pubblico, gridando: “Che vergogna!”, prima di scoppiare a ridere. Solo un piccolo aneddoto che però rende l’idea di quanto il primo robottone giapponese arrivato da noi a fine anni Settanta, sia parte della cultura nazionalpopolare italiana. Si spiega anche così il fatto che la Rai abbia deciso di scommettere sul nuovo remake della serie animata in prima serata, dal giorno della Befana, in 13 puntate.


Da Goldrake anni Settanta a Grendizer U


Un nuovo Goldrake, con il titolo Grendizer U più vicino all’originale giapponese, va in onda su Raidue dal 6 gennaio. Dalla fine degli anni Settanta inizio Ottanta non vedevamo serie animate del Sol Levante nei dintorni della prima serata, da quando cioè i cartoni animati giapponesi (ànime in ternime tecnico) sbarcarono in Italia dando vita a dibattiti, talora accesi, ma anche formando una generazione di persone che Marco Pellitteri, sociologo, tra i più importanti critici e studiosi del genere, ha definito Goldrake generation, ossia quella che oggi ha poco più di cinquant’anni ed è stata la prima a vedere i cartoni animati giapponesi in Italia. La definizione di Goldrake generation dà l’idea del peso storico/sociologico di questo specifico personaggio, che ora torna sui nostri schermi, strizzando l’occhio a spettatori vecchi e nuovi. Proprio con l’aiuto di Pellitteri che a Goldrake ha appena dedicato il libro e che ora risponde alle nostre domande abbiamo cercato di scoprire le cose da sapere.

DIfferenze e somiglianze

  

In che cosa Grandizer U differisce dal ricordo dei nostalgici della prima ora?

La storia di Grendizer U, il design dei personaggi, i rapporti e gli equilibri tra i personaggi, il peso specifico di ciascuno di loro nella trama nella storia rendono questa nuova serie molto diversa da quella degli anni Settanta. La scaturigine del personaggio, la potenza di fuoco del robot, la natura del conflitto, i rapporti di amicizia o di odio tra i personaggi sono differenti da quanto ricordano gli appassionati della prima ora sono abituati o che possono aspettarsi. Questo non è per forza un male, ma serve a capire che non è una ripresa della vecchia serie, bensì una totale reinterpretazione delle versioni di base di quei personaggi che riconosciamo sì, nei loro nomi, nei loro “costumi di scena”, mentre sono completamente cambiate le carte in tavola dal punto di vista della storia, degli antefatti, delle ambientazioni e anche del peso specifico e del peso psicologico-filosofico di alcuni personaggi.

Il professor Procton, buon padre reputativo per Actarus nella serie classica, per esempio, figura di scienziato buono dal profondo codice etico, dilaniato dal fatto di dover tramutare la sua base in un centro di difesa e di guerra, è un personaggio molto secondario in larga parte della nuova serie. Il personaggio di Actarus è adesso molto più giovane, molto tormentato anche da un passato più ambiguo rispetto a quello classico. Alcor diventa una figura di scienziato, di guerriero carismatico, che non è più secondo ad Actarus, ma gli è partner alla pari, è quasi più importante di Actarus nel peso specifico della narrazione.


Che parentela c’è Goldrake Altas Ufo Robot e Grendizer U


Ufo Robot Grendizer, titolo originale di Altlas Ufo Robot, il nostro Goldrake 1978, è una serie creata dalla Toei Animation nel 1975-77 in 74 episodi e poi trasmessa in Italia appunto dal 4 aprile del 1978 con il titolo Atlas Ufo Robot, con protagonista il robot Goldrake. La nuova serie Grendizer U (dove “u” è ultra, oltre) non è stata creata da Toei Animation, ma è una sorta di joint venture fra lo studio di animazione e progetti commerciali dell’Arabia Saudita, Manga Productions, che ha finanziato il progetto, e la sociatà di Go Nagai, Dynamic Planning che ha realizzato la progettazione generale della storia e del design. La Dynamic per conto della Manga Production ha affidato la realizzazione del prodotto allo studio di animazione Gaina nel frattempo è fallito, era una costola dello studio d’animazione Gainax, il quale era famoso per altre serie molto note anche in Italia come il Mistero della Pietra Azzurra e Neon Genesis Evangelion, cui infatti somiglia nel disegno. In generale la serie, del 1978, creata nel 1975 in Giappone, fu una creazione dello studio Toei, i cui autori crearono la storia, la spiritualità, la psicologia dei personaggi, il messaggio filosofico di fondo e anche etico di Goldrake anni Settanta che conosciamo, al quale Nagai aggiunse le sue trovate d’autore. Nagai non è mai stato veramente il papà spirituale di Goldrake, ma il padre legale, perché la Toei volle aggiungere alla serie negli anni Settanta, il personaggio di Koji Kabuto, ovvero Alcor in Italia, creato da Nagai per Mazinger Z, in questo modo Nagai ha avuto la comproprietà legale di Goldrake, questo spiega perché oggi Nagai sia libero di dare più peso al suo personaggio preferito.

La nuova serie alla prova della Goldrake generation

  

Che cosa si deve aspettare lo spettatore che si avvicini con la memoria della serie degli anni Settanta?

Non le stesse emozioni, sia per l’età (sono diventati grandi!), sia perché la serie non viene più dalla sensibilità di autori che avevano 40-50 anni negli anni Settanta, che venivano dal dopoguerra giapponese e avevano una formazione letteraria cinematografica molto molto solida, ma da una generazione di autori giapponesi autori otaku (appassionati di anime e manga post anni Ottanta), che hanno usato un design dei personaggi diverso, che ricorda tantissimo quello di Evangelion, infatti il disegnatore è esattamente lo stesso. 

In questo modo il personaggio del robot Goldrake, adesso, non è più una figura totemica, dallo sguardo neutrale, dai caratteri quasi mitologici, giocattolosi, sì, ma equilibrati e sobri dal punto di vista della conformazione, ma è una sorta di guerriero quasi demoniaco col volto molto più minaccioso, con un’espressione aggressiva, con corna più lunghe, con degli spuntoni qua e là nell’armatura. Che cosa si deve aspettare la Goldrake generation?


Generazione che vai… gusto che trovi

Il nuovo terrà conto dei gusti del pubblico dell’animazione giapponese che è molto aumentato negli ultimi anni e si è evoluto rispetto a quello dei neofiti degli anni Settanta che non ne sapevano nulla. Quali sono gli effetti?

Il nuovo design della macchina Goldrake è molto bello, se per un attimo dimentichiamo il classico, e il disco su cui si muove, non è più un disco, ma un’astronave oblunga che somiglia quasi a un’macchina da Formula 1. Le nuove storie che si intrecciano nella nuova serie sono forse più al passo con i gusti attuali, anche se forse si calca un po’ troppo la mano sul dramma d’amore, laddove i momenti romantici finivano in tragedia shakespeariana. Un afflato di cui rimane poco, c’è più dramma bellico basato su psicologie dei personaggi estremamente contropposte: bene assoluto contro male assoluto.

Un mix azzeccato di classico e ipermoderno

  

Che cosa si può dire dal punto di vista tecnico? 

Dal mio punto di vista di studioso e di critico dell’animazione Goldrake U ha un design dei personaggi fresco, molto giovanile, che tra l’altro evolve migliora di episodio in episodio e anche il design delle macchine in particolare ha un misto molto ben ricercato e azzeccato di classico e ipermoderno. Tenendo conto del fatto che ogni giudizio ha a che fare sia col gusto personale, sia anche con l’attaccamento meno alla serie classica. Dal punto di vista tecnico, possiamo dire che una caratteristica forse non eccellente di questa serie sono il rapporto tra i personaggi e i fondali e alcune questioni prospettiche. Si vedono i personaggi muoversi orizzontalmente su un fondale poco curato dal punto di vista grafico, direi inattuale, considerato che siamo nel 2025, quando oggi ci sono delle serie animate che fanno sbalordire in Giappone, come per esempio la famosissima sono molto attuali, ma anche molto freschi, molto graffianti e vivi, perché la parola animazione non vuol dire fare muovere, ma dare vita e quindi non hai bisogno di animare chissà quanto per mostrare quanto i personaggi siano vivi. C’è un libro bellissimo di Ollie Johnston e Frank Thomas, due dei grandi animatori classici della Disney, che si intitola L’illusione della vita. Ecco, nelle serie di anni Settanta c’era maggiore illusione della vita, anche se con un numero di disegni inferiore, mentre l’eccesso di patina in queste nuove serie lascia, come dire, un po’ freddo. Però credo che questa serie meriti di essere continuata, non penso che abbia esaurito il suo potenziale in 13 puntate.


Un robot datato nell’era dell’IA

Come reagiranno gli spettatori dell’era del Intelligenza artificiale a un robot d’antan, creato narrativamente prima dei videogiochi e del personal computer?

Se lo spettatore di Grendizer U è un ragazzino, un bambino, può credo godersi in larga parte lo spettacolo visivo e anche alcuni rapporti tra personaggi senza forse troppo la questione dell’eventuale compatibilità tra la tecnologia fantasiosa mostrata nella serie e il punto a cui siamo arrivati attualmente nella realtà, cioè il fatto che magari lì ancora il pilota  effettivamente guidi la macchina, e che soltanto a tratti la macchina, magari, si guida da sola. Il concetto dell’Intelligenza artificiale è un po’ sottinteso nella serie Grendizer U: già nel Goldrake classico il disco è l’unica cosa che si guida da sola, pilotato da un software molto avanzato che rende la macchina indipendente: di fatto il disco è l’unico vero robot, per come lo intendiamo oggi, della serie degli anni Settanta.

A CHE PUBBLIco si rivolge la nuova serie

  

La prima serata farebbe pensare a nostalgici non più adolescenti, la grafica a un nuovo pubblico. Chi è lo spettatore ideale del remake?

Potenzialmente un arco d’età enorme, che va da bambini di 7-8 anni, che si godranno la storia, a tutti gli adulti che l’avevano amata all’epoca e che si affacceranno curiosi, di vedere dove si va a parare, di come tutto è rielaborato. La Rai dopo tanto tempo, diventa quasi un’apripista: per la prima volta, una serie di animazione, di fantascienza, con combattimenti, esplosioni, eccetera, appare in prima serata. L’ultima volta che questo era avvenuto era avvenuto tra il 1999 e il 2010 su MTV Italia con la famosa Anime Night. dove mi erano trasmesse diciamo le serie più interessanti del momento.  


Il dibattito sulle fasce d’età

Quando l’invasione dell’animazione giapponese arrivò in Italia, qui era normale l’equazione cartoni/bambini, non ci si pose il problema delle fasce d’età prevista in Giappone e infuroò il dibattito sul fatto che fossere o meno adatti ai piccoli. Problema risolto?

Quel problema è stato in parte superato o almeno in parte aggirato perché negli ultimi anni nella televisione italiana in chiaro l’animazione, giapponese, americana o europea, è stata animazione solo per bambini abbastanza piccoli. Canali come Rai Gulp o Yoyo, trasmettono animazione molto educativa o di taglio molto divertente, scattante, ma non problematica: non mostra situazioni in qualche modo disagevoli, che possono far riflettere seriamente il piccolo spettatore, come invece avveniva con l’animazione fatta dai giapponesi negli anni 70. Mentre molta animazione giapponese, che negli anni Settanta-Ottanta era fenomeno mainstream, nel frattempo è stata trasferita su canali tematici come Manga Vision, riportandola a una nicchia. Anche se adesso, grazie a servizi come Netflix, assistiamo a una ritrasformanzione, una rinormalizzazione verso il mainstream.

L’attualità di Goldrake&Co

  

Una storia nata cinquant’anni fa, pur con le differenze, di cui s’è detto, come un classico, che cosa può comunicare alle nuove generazioni, al mondo di oggi?

La questione spirituale relativa alla ricerca della pace, ma anche alla necessità di sopravvivere difendendosi è un tema molto attuale. Goldrake è stato per 2-3 generazioni di bambini di lingua araba, in Libano, in Giordania, in Cisgiordania, in Medioriente, in Palestina, una sorta di faro etico intergenerazionale, letto come un modello di riferimento transgenerazianale contro l’invasione la sopraffazione, la guerra civile. Anche da noi negli anni Ottanta ci sono state letture profonde di Goldrake, ma penso che i bambini di lingua araba, a cominciare da quelli di Gaza, per tutta la guerra che hanno vissuto meritino questo eroe per così dire più degli altri.


Un messaggio di pace e di rinascita universale

In fondo anche gli ànime giapponesi di cui parliamo sono nati con alle spalle l’enorme trauma della bomba atomica subita, ha un peso questo retaggio?

Gli autori di anime di fantascienza, di avventura, di robot giganti e anche di sport, degli anni Settanta erano nati durante la seconda guerra mondiale o poco dopo, i più anziani l’avevano anche vissuta. Avevano sulla loro pelle, sulla pelle dei loro amici e parenti defunti questo trauma personale e collettivo: molti anime a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta sono stati una sorta di terapia di gruppo da parte di questa generazione di animatori che è fatta carico in maniera inconsapevole o mirata a seconda, di trasmettere in maniera fantasticata il concetto dell’importanza della pace ma anche dell’esistenza purtroppo ineludibile della guerra e della sopraffazione.

In questo senso gli anime sono stati una grande narrazione di rinascita non solo fisica, anche morale, perché negli anime di quegli anni, i giovani sono migliori degli anziani. Pensi a Conan, il ragazzo del futuro, di Hayao Miyazaki (1978). Lì non si parla di robot giganti, ma di fantascienza ed è una fantascienza altamente educativa, più raffinata. Il trauma collettivo viene in qualche modo esorcizzato e i bambini vengono fantasticamente educati a questa etica e questo messaggio in maniera diversa comunque è stato colto in nuce nel profondo da bambini di varie culture, molto lontane dal Giappone, dai bambini italiani ai bambini di lingua araba, e questo fa capire come il particolarismo grafico e tematico della rimazione giapponese in realtà porti dentro e dietro un’universalità etica che non ha veramente confini culturali.

CHI è MArco Pellitteri

  

Marco Pellitteri è sociologo dei media e dei processi culturali. Professore associato di media e comunicazione alla Xi’an Jiaotong-Liverpool University (Suzhou, Cina), i suoi interessi di ricerca primari sono il fumetto, l’animazione, le culture popolari e le industrie creative dei media tradizionali e digitali a livello produttivo e nella loro distribuzione transnazionale. È autore di numerosi libri sul tema, tra questi: Mazinga Nostalgia. Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation dal 1978 al nuovo secolo (Castelvecchi 1999, IV ed. in 2 voll. Tunué 2018). Il Drago e la Saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese (Tunué 2008, ed. ingl. 2010), Shooting Star. Sociologia mediatica e filosofia politica di Atlas Ufo Robot (con F. Giacomantonio, Fondazione M. Luzi 2017). Goldrake dalla A alla U. Origine, viaggio e ritorno della Sentinella nel blu, 1975-2024 (Rai Libri 2024).





Dal sito Famiglia Cristiana

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