«Un po’ di chiasso ci vuole», commenta il Papa arrivato in piazza San Pietro attorniato da un gruppo vociante di bambini. Siedono sul sagrato, davanti a lui, durante l’udienza. Una catechesi tutta dedicata ai frutti dello Spirito, in particolare alla gioia. Per questo Francesco ricorda anche san Filippo Neri, «passato alla storia come il santo della gioia. Sentite bene questo», dice il Pontefice richiamando l’attenzione dei bambini, «il santo della gioia. Ai bambini poveri e abbandonati del suo Oratorio diceva: “Figlioli, state allegri; non voglio scrupoli o malinconie; mi basta che non pecchiate”. E ancora: “State buoni, se potete!”. Meno conosciuta, però, è la sorgente da cui veniva la sua gioia. San Filippo Neri aveva un tale amore per Dio che a volte sembrava che il cuore gli scoppiasse nel petto. La sua gioia era, nel senso più pieno, un frutto dello Spirito. Il santo partecipò al Giubileo del 1575, che egli arricchì con la pratica, mantenuta in seguito, della visita alle Sette Chiese. Fu, a suo tempo, un vero evangelizzatore mediante la gioia». Una gioia che viene innanzitutto dal sapere di essere perdonati da Dio. «Dio perdona tutto e perdona sempre», sottolinea Francesco. E ribadisce di aver più volte detto ai sacerdoti, ai confessori, di perdonare tutto, «senza chiedere troppo, ma sempre perdonare».
La gioia, spiega il Papa, è uno dei nove frutti dello Spirito santo insieme con l’amore, la pace, la magnanimità, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mitezza e il dominio di sé. «Nove, questi sono i frutti dello spirito, ma cosa è questo frutto dello spirito? A differenza dei carismi, che lo Spirito dà a chi vuole e quando vuole per il bene della Chiesa, i frutti dello Spirito, ripeto l’amore, la gioia, la pace, la magnanimità, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mitezza e il dominio di sé, sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la libertà. Questi frutti esprimono sempre la creatività della persona, nella quale “la fede opera per mezzo della carità”, talvolta in modo sorprendente e gioioso. Non tutti nella Chiesa possono essere apostoli, non tutti possono essere profeti, non tutti possono evangelisti; non tutti, ma tutti indistintamente possono e debbono essere caritatevoli, pazienti, umili, operatori di pace e così via. Ma tutti noi? Si, tutti noi dobbiamo essere caritatevoli, dobbiamo essere pazienti, dobbiamo essere umili, operatori di pace e non di guerra».
E sulla gioia, continua, bisogna ricordare che quella che viene «dal Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù sempre nasce e rinasce la gioia». Delle volte saranno momenti tristi, ma sempre c’è la pace. Con Gesù c’è la gioia e la pace. La gioia, frutto dello Spirito, ha in comune con ogni altra gioia umana un certo sentimento di pienezza e di appagamento, che fa desiderare che duri per sempre. Sappiamo per esperienza, però, che questo non avviene, perché tutto quaggiù passa in fretta. Tutto passa in fretta. Pensiamo insieme: la gioventù, passa in fretta, la salute, le forze, il benessere, amicizie, amori… durano cento anni, ma poi passano, passano in fretta. Del resto, anche se queste cose non passassero presto, dopo un po’ non bastano più, o vengono addirittura a noia, perché, come diceva Sant’Agostino rivolto a Dio: “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non risposa in te”. C’è l’inquietudine del cuore per cercare la bellezza, la pace, l’amore, la gioia». E quella evangelica «a differenza di ogni altra gioia, può rinnovarsi ogni giorno e diventare contagiosa. Solo grazie all’incontro – o reincontro – con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. […] Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. Perché, se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può astenersi dal comunicarlo agli altri?”. È la duplice caratteristica della gioia frutto dello Spirito: non solo essa non va soggetta all’inevitabile usura del tempo, ma si moltiplica condividendola con altri! Una vera gioia si condivide con gli altri, si contagia».
D’altra parte, conclude, «la parola “Vangelo” significa lieta notizia. Perciò non si può comunicare con musi lunghi e volto scuro, ma con la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto e la perla preziosa. Ricordiamo l’esortazione che San Paolo rivolgeva ai credenti della Chiesa di Filippi, e ora rivolge a noi, l’abbiamo sentita all’inizio: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti”. Cari fratelli e sorelle siate lieti con la gioia di Gesù nel nostro cuore».
Dopo l’udienza, nei saluti nelle diverse lingue Francesco chiede ai polacchi di continuare ad aiutare gli ucraini perché per loro “sarà un brutto inverno”. Rivolto poi ai bambini chiede loro di pregare per i loro coetanei che sono al freddo e senza riscalamento in Ucriana. Chiede di pregare per la pace in Terra Santa, Israele, Nazareth, Palestina. E annuncia che dal prossimo mercoledì ci sarà anche la traduzione in cinese per le udienze
Annu