I fiori arrivati dall’Olanda, le bande musicali che sfilano lungo via della Conciliazione verso San Pietro, i pellegrini che gremiscono la piazza provenienti da ogni parte del mondo. Grandi e piccini, con il sacco a pelo in braccio o sulla spalla, con i vestiti eleganti e con i jeans, religiosi, laici, famiglie fin dall’alba hanno cominciato a recarsi verso la basilica per assistere alla messa pasquale. Il cardinale Angelo Comastri, su delega del Papa, presiede la messa di Pasqua mentre al Pontefice arrivano gli auguri del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Quest’ anno», scrive il capo dello Stato, «tutte le Chiese cristiane celebreranno in una stessa data la festa più importante dell’anno liturgico. Tale coincidenza, fortemente simbolica, esorta alla ricerca del dialogo e dell’unità. Auspico che, associata al Giubileo della Speranza, la ricorrenza pasquale. Possa la memoria della Resurrezione ispirare anche quanti professano fedi diverse dal cristianesimo e i non credenti, affinché il perseguimento del bene comune sia ancorato ai valori di giustizia ed equità, imprescindibili per la pacifica convivenza e la prosperità dei popoli».
Nell’omelia preparata da Francesco e che l’arciprete emerito della basilica di San Pietro legge al suo posto «con tanta emozione», il Pontefice sottolinea che «i protagonisti dei racconti della Pasqua corrono tutti!». Ricordando Maria di Magdala, che vista la pietra del sepolcro rotolata via, corre a dirlo a Pietro e a Giovanni, e i due discepoli che, ricevuta la notizia, corrono verso la tomba di Gesù, il Papa sottolinea che «questo “correre” esprime, da un lato, la preoccupazione che avessero portato via il corpo del Signore; ma, dall’altro, la corsa della Maddalena, di Pietro e di Giovanni dice il desiderio, la spinta del cuore, l’atteggiamento interiore di chi si mette alla ricerca di Gesù. Egli, infatti, è risorto dalla morte e perciò non si trova più nel sepolcro. Bisogna cercarlo altrove».
L’annuncio della Pasqua è questo, infatti: «Bisogna cercarlo altrove. Cristo è risorto, è vivo! Egli non è rimasto prigioniero della morte, non è più avvolto nel sudario, e dunque non si può rinchiuderlo in una bella storia da raccontare, non si può fare di Lui un eroe del passato o pensarlo come una statua sistemata nella sala di un museo!». Per cercarlo, dunque, bisogna mettersi in movimento, uscire, incontrarlo nel volto dei fratelli, «cercarlo nel quotidiano, cercarlo ovunque tranne che in quel sepolcro. Cercarlo sempre». Bisogna ricordarsi che è presente e si rivela «anche oggi nelle sorelle e nei fratelli che incontriamo lungo il cammino, nelle situazioni più anonime e imprevedibili della nostra vita. Egli è vivo e rimane sempre con noi, piangendo le lacrime di chi soffre e moltiplicando la bellezza della vita nei piccoli gesti d’amore di ciascuno di noi».
La Pasqua, dunque, non può essere «una sistemazione statica o un pacifico accomodarsi in qualche rassicurazione religiosa. Al contrario, la Pasqua ci consegna al movimento, ci spinge a correre come Maria di Magdala e come i discepoli; ci invita ad avere occhi capaci di “vedere oltre”, per scorgere Gesù, il Vivente, come il Dio che si rivela e anche oggi si fa presente, ci parla, ci precede, ci sorprende».
Bisogna cercarlo sapendo che si fa trovare e con la certezza che «Lui ha vinto la morte, vince le nostre oscurità e vincerà le tenebre del mondo, per farci vivere con Lui nella gioia, per sempre. Verso questa meta, come dice l’Apostolo Paolo, anche noi corriamo, dimenticando ciò che ci sta alle spalle e vivendo protesi verso ciò che abbiamo di fronte. Ci affrettiamo allora per andare incontro a Cristo, col passo svelto della Maddalena, di Pietro e di Giovanni».
Nel Giubileo rinnoviamo «il dono di questa speranza» e riprendiamo a correre con gioia, Papa Francesco cita il teologo Henri de Lubac per dire che, nella nostra vita di fede, «dovrà esserci sufficiente di comprendere questo: il cristianesimo è Cristo. No, veramente, non c’è nient’altro che questo. In Cristo noi abbiamo tutto» . Un tutto al quale, per dirla invece con la teologa Adriana Zarri, possiamo chiedere «questo dono: di essere noi pure nuovi per vivere questa perenne novità. Scrostaci, o Dio, la triste polvere dell’abitudine, della stanchezza e del disincanto; dacci la gioia di svegliarci, ogni mattino, con occhi stupiti per vedere gli inediti colori di quel mattino, unico e diverso da ogni altro. […] Tutto è nuovo, Signore, e niente ripetuto, niente vecchio». E dunque, con il Signore risorto, è il messaggio dell’omelia, «tutto ricomincia».