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Il papa ad Ajaccio: laici e credenti camminino insieme per il bene dell’umanità

C’è gente ai crocicchi delle strade. Dopo il viaggio quasi desertico in Belgio papa Francesco viene accolto con calore dalla Chiesa corsa. Dai balconi e dalle terrazze si affacciano in tanti a fotografare e salutare. Espongono bandiere e striscioni, cantano. La papa mobile si ferma davanti al Battistero paleocristiano del VI secolo, ritrovato nel 2005 nel quartiere di Saint-Jean, durante i lavori per la costruzione di un parcheggio. Un ragazzo recita il Credo e il Pontefice benedice mentre un fragoroso applauso scoppia tra i partecipanti al Congresso sulla religiosità popolare nel Mediterraneo che guardano la scena dail maxischermo dell’auditorium del Palazzo dei Congressi e dell’Esposizione di Ajaccio. Con gli abiti tipici delle diverse confraternite sottolineano con il battimani ogni tappa che il Pontefice percorre per arrivare qui. E non contengono la gioia quando fa il suo ingresso in aula.

Francesco è venuto a chiudere la due giorni di lavoro con un viaggio lampo che lo vede in Corsica per meno di 8 ore. Ma se la gente è felice, di più lo è Francesco che non manca di sottolineare l’importanza di questo incontro per riscoprire il grande tesoro di spiritualità e cultura che ha da sempre caratterizzato il Mar Mediterraneo. Ricchezza che chiede collaborazione tra istituzioni civili e religiose e il riconoscimento che «le terre bagnate dal mar Mediterraneo sono entrate nella storia e sono state la culla di molte civiltà che hanno raggiunto un notevole sviluppo. Ricordiamo, in particolare, quella greco-romana e quella giudeo- cristiana, che attestano la rilevanza culturale, religiosa, storica di questo grande “lago” in mezzo a tre continenti».

Luogo ideale per «la nascita di miti, racconti e leggende», dove «il pensiero filosofico e le arti, insieme con le tecniche di navigazione» hanno permesso di «aprire vie di comunicazione, di costruire infrastrutture e acquedotti e, ancor più, sistemi giuridici e istituzioni di notevole complessità, i cui principi di base sono ancora oggi validi e attuali», il Mediterraneo ha consentito di rafforzare il legame con il vicino Oriente. Da qui, dice Francesco, «ha avuto origine una esperienza religiosa del tutto particolare, legata al Dio di Israele, che si rivela all’umanità e inizia un incessante dialogo con il suo popolo, culminando nella presenza singolare di Gesù, il Figlio di Dio, Colui che ha fatto conoscere in modo definitivo il volto del Padre, suo e nostro Padre, e che ha portato a compimento l’Alleanza tra Dio e l’umanità».

Duemila anni dopo, anche se in tanti Paesi europei la domanda religiosa sembra affievolirsi «e ci si scopre sempre più indifferenti nei confronti della sua presenza e della sua Parola», non bisogna lasciarsi andare a giudizi frettolosi «che, talvolta ancora oggi, contrappongono cultura cristiana e cultura laica, questo è uno sbaglio». Al contrario, invece, «è importante riconoscere una reciproca apertura tra questi due orizzonti: i credenti si aprono con sempre maggiore serenità alla possibilità di vivere la propria fede senza imporla, come lievito nella pasta del mondo e degli ambienti in cui vivono; i non credenti o quanti si sono allontanati dalla pratica religiosa non sono estranei alla ricerca della verità, della giustizia e della solidarietà, e spesso, pur non appartenendo ad alcuna religione, portano nel cuore una sete più grande, una domanda di senso che li conduce a interrogare il mistero della vita e a cercare valori fondamentali per il bene comune».

È qui che si gioca l’importanza della religiosità popolare che «da una parte ci rimanda all’Incarnazione come fondamento della fede cristiana, la quale si esprime sempre nella cultura, nella storia e nei linguaggi di un popolo e si trasmette attraverso i simboli, i costumi, i riti e le tradizioni di una comunità vivente» e, dall’altra, «attira e coinvolge anche persone che sono sulla soglia della fede, che non praticano assiduamente e che, tuttavia, in essa ritrovano l’esperienza delle proprie radici e dei propri affetti, insieme a ideali e valori che ritengono utili per la propria vita e per la società». La pietà popolare, «esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale e di festa».

Il Papa ricorda una riflessone di Blaise Pascal, «che in un dialogo con un interlocutore fittizio, per aiutarlo a capire come giungere alla fede, dice che non basta moltiplicare le prove dell’esistenza di Dio o fare sforzi intellettuali; piuttosto, bisogna guardare a coloro che sono già progrediti nel cammino, perché essi hanno iniziato a piccoli passi, “prendendo l’acqua benedetta, facendo dire delle Messe”». Nella pietà popolare, continua Francesco, con le parole di Paolo VI, («che ha cambiato il nome da religiosità a pietà») è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo»-

Ovviamente, come già spiegato anche dal Concilio Vaticano II, occorre sempre vigilare, «con un discernimento teologico e pastorale attento» per evitare il rischio che «le manifestazioni della pietà popolare si limitino ad aspetti esteriori o folkloristici senza condurre all’incontro con Cristo» o che «contaminino con aspetti e credenze fataliste o superstiziose». Peggio il Papa, pur senza citare le organizzazioni criminali, sottolinea il dovere di «evitare che la pietà popolare venga usata, strumentalizzata da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico, alimentando i particolarismi, le contrapposizioni, gli atteggiamenti escludenti». Per questo i pastori devono sempre vigilare «discernere e promuovere una continua attenzione sulle forme popolari della vita religiosa».

Correttamente intesa, invece, la pietà popolare «riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni civili e politiche e la Chiesa. La fede non rimane un fatto privato, che si esaurisce nel sacrario della coscienza, ma – se intende essere pienamente fedele a sé stessa – comporta un impegno e una testimonianza verso tutti, per la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità».

Il Pontefice plaude al fatto che «dalla professione della fede cristiana e dalla vita comunitaria animata dal Vangelo e dai Sacramenti, lungo i secoli sono nate innumerevoli opere di solidarietà e istituzioni come ospedali, scuole, centri di assistenza – in Francia sono molte! –, in cui i credenti si sono impegnati a favore dei bisognosi e hanno contribuito alla crescita del bene comune. La pietà popolare, le processioni e le rogazioni, le attività caritative delle confraternite, la preghiera comunitaria del santo Rosario e altre forme di devozione possono alimentare questa “cittadinanza costruttiva” dei cristiani».

Su questo «terreno comune» di questa «audacia nel fare il bene, i credenti possono ritrovarsi in un cammino condiviso anche con le istituzioni laiche, civili e politiche, per lavorare insieme al servizio di ogni persona, a partire dagli ultimi, per una crescita umana integrale e la custodia di questa “Île de beauté”».

Va sviluppato «un concetto di laicità non statico e ingessato, ma evolutivo e dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio».

Il Papa riconosce che «la pietà popolare, che qui in Corsica è molto radicata, fa emergere i valori della fede e, allo stesso tempo, esprime il volto, la storia e la cultura dei popoli. In questo intreccio, senza confusioni, trova forma il dialogo costante tra il mondo religioso e quello laico, tra la Chiesa e le istituzioni civili e politiche. Su questo tema, voi siete in cammino da molto tempo e siete un esempio virtuoso in Europa». E incoraggia soprattutto i giovani «a impegnarsi ancora più attivamente nella vita socio-culturale e politica, con lo slancio degli ideali più sani e la passione per il bene comune. Come pure esorto i pastori e i fedeli, i politici e coloro che rivestono responsabilità pubbliche a restare sempre vicini al popolo, ascoltandone i bisogni, cogliendone le sofferenze, interpretandone le speranze, perché ogni autorità cresce solo nella prossimità».





Dal sito Famiglia Cristiana

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