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Il Papa ad Ajaccio: “La pace è sempre una sconfitta. Non possiamo dormire sonni tranquilli”


«La guerra è sempre una sconfitta». Papa Francesco non manca, in questo viaggio di appena un giorno, a sottolineare, parlando con i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e i Seminaristi, riuniti per la preghiera dell’Angelus, l’importanza di lavorare per la pace. Anche in una Chiesa piccola e fragile che ogni giorno deve fare i conti con le sfide che riguardano la trasmissione della fede, il Papa ricorda la forza dello Spirito santo. «Non siete molto numerosi», dice loro, «non avete mezzi potenti, non sempre gli ambienti in cui operate si mostrano favorevoli ad accogliere l’annuncio del Vangelo. Eppure questa povertà è una benedizione!». Perché la piccolezza ci spoglia della presunzione di bastare noi stessi «ci insegna a considerare la missione cristiana come qualcosa che non dipende dalle forze umane, ma soprattutto dall’opera del Signore, che sempre lavora e agisce con il poco che possiamo offrirgli. Non dimentichiamo questo: al centro c’è il Signore». Altrimenti si corre il rischio di fare «il pavone».

Ma il primato di Dio non significa che possiamo «dormire sonni tranquilli senza assumerci le nostre responsabilità. Al contrario, dobbiamo sempre pensarci come “collaboratori della grazia di Dio”».Non bisogna dimenticarsi di Dio. Francesco raccota che, quando era in Argenitna, chiedeva sempre ai sacerdoti se, prima di andare a letto, passavano in cappella a salutare “il capo”. Per ringraziarlo e dargli appuntamento per il giorno dopo. Ogni giorno bisogna chiederci «come sto vivendo il mio sacerdozio, la mia consacrazione, il mio discepolato? Questa domanda è importante. Vi prego di fissarla nel vostro cuore, di non sottovalutare la necessità di questo discernimento, di questo guardarsi dentro, perché non ci succeda di essere “macinati” nei ritmi e nelle attività esterne e di perdere la consistenza interiore».

Il Papa chiede a tutti di prendersi cura di sé stessi e degli altri. Perché se non si impara a curare se stessi, ad avere i propri spazi, alla fine non si riesce a curare neppure gli altri. «La vita sacerdotale o religiosa non è un “sì” che abbiamo pronunciato una volta per tutte. Non si vive di rendita con il Signore! Al contrario, ogni giorno va rinnovata la gioia dell’incontro con Lui, in ogni momento bisogna nuovamente ascoltare la sua voce e decidersi a seguirlo. Ricordiamoci questo: la nostra vita si esprime nell’offerta di noi stessi, ma più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi. Un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati» Indica una piccola regola di vita «che comprenda l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore» e anche «conservare qualche momento di solitudine; avere un fratello o una sorella con cui condividere liberamente ciò che portiamo nel cuore; coltivare qualcosa di cui siamo appassionati, non per passare il tempo libero, ma per riposarci in modo sano dalle stanchezze del ministero. C’è da aver paura di quelle persone che sono sempre attive, sempre al centro, che magari per troppo zelo non si riposano mai, non prendono mai una pausa per sé stessi. Non va bene, c’è bisogno di spazi e momenti in cui ogni sacerdote e ogni consacrato si prende cura di sé. E non per fare un lifting per sembrare più belli. Per parlare con il SIgnore, con la Mamma, per favore non lasciate la Madonna. I funghi presbiterali non vanno bene». Inoltre va coltivata anche la fraternità imparando a condividere «non soltanto le fatiche e le sfide, ma anche la gioia e l’amicizia tra di noi: il vostro Vescovo dice una cosa che mi piace molto, e cioè che è importante passare dal “Libro delle lamentazioni” al “Libro del Cantico dei Cantici”». Bisogna essere gioiosi, senza lasciare che l’aceto prenda il posto della gioia. Chiede di non essere invidiosi, di fermarsi davanti alle lametele per non avere quel “vizio giallo”

E così si impara anche a prendersi cura degli altri. «La missione che ciascuno di voi ha ricevuto ha sempre un solo scopo: portare Gesù agli altri, donare ai cuori la consolazione del Vangelo». Chiede di ricordare che «al centro del vostro ministero ci sono i fratelli e le sorelle: il loro bene spirituale, la loro fame di speranza, il loro bisogno di ascolto e di vicinanza. Questo è anche un invito a trovare, nel contesto di oggi, le vie pastorali più efficaci per l’evangelizzazione. Non abbiate paura di cambiare, di rivedere i vecchi schemi, di rinnovare i linguaggi della fede, imparando allo stesso tempo che la missione non è questione di strategie umane: è anzitutto questione di fede,di avere cura di tutti, di incontrare le persone», di perdonare sempre e perdonare tutto.Il Papa sottolinea:  «per favore non torturare la gente nel confessionale, sempre perdonare» e ricorda che, in 53 anni di sacerdozio lui non ha mai negato una assoluzione. Il Papa chiama anche a una pastorale d’ambiente per «incontrare le persone, là dove vivono e lavorano, in ogni circostanza». Senza lasciarsi scoraggiare, ma riportando sempre il cuore al Signore. E infine, rivolgendosi in preghiera alla Vergine Maria, in questa Cattedrale, intitolata a lei Assunta in Cielo» dove il «popolo fedele la venera come Patrona quale Madre di Misericordia, la “Madunnuccia”», Francesco torna a chiedere pace, «pace per tutte le terre che si affacciano su questo Mare, specialmente per la Terra Santa dove Maria ha dato alla luce Gesù. Pace per la Palestina, per Israele, per il Libano, per la Siria, per tutto il Medio Oriente! Pace nel Myanmar. E la Santa Madre di Dio ottenga la sospirata pace per il popolo ucraino e il popolo russo. Sono fratelli, sono cugini, fratelli, che si intendano. La pace. La guerra è sempre una sconfitta e la guerra nelle comunità religiose, nelle parrocchie sempre è una sconfitta, che il SIgnore ci dia la pace a tutti».





Dal sito Famiglia Cristiana

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