«Ero in piazza con la telecamera verso la Basilica di San Pietro per i servizi di cronaca. Si sapeva che il Papa stava male, anche se non ci aspettavamo che morisse proprio quella sera. Feci un collegamento in apertura e uno in chiusura del Tg1 e poi stavo intervenendo a Porta a Porta con Bruno Vespa per una puntata tutta dedicata a Giovanni Paolo II. A un certo punto arrivano le parole del cardinale Sandri, sostituto di Stato e l’annuncio della morte viene fatto praticamente in diretta, alle 21.37». Fabio Zavattaro, storico vaticanista della Rai ricorda «come credo tutti, quelle parole del sostituto di Stato: “Il nostro amatissimo Papa è tornato alla casa del Padre”. Da quel momento ho cominciato a raccontare senza fermarmi più. La gente accorreva in piazza. C’era già molta folla che recitava il rosario e che voleva sapere come stava il Papa,ma quando è arrivata la notizia della morte in tanti hanno cominciato a correre verso Sa Pietro». Raccontare quei momenti «non è stato facile. C’era emozione, ma anche la necessità di non dire cose banali. E poi in tanti volevano sapere da me cosa stava succedendo anche mentre ero in collegamento. Lì la polizia mi diede una mano a tener lontane le persone per farmi lavorare». Una diretta che comincia senza finire. «Avevamo la sede a borgo Sant’Angelo e praticamente non sono tornato a casa. Non si poteva più uscire né con le macchine né con lo scooter perché la folla era così numerosa che rischiavi di investire qualcuno. In ogni edizione del Tg c’era qualcosa di nuovo da raccontare, tante storie, tanti volti, tanti gruppi che pregavano o cantavano per il Papa. Alcuni arrivati persino con le tende, altri che dormivano sui marciapiedi, nelle macchine parcheggiate in seconda e terza fila per giorni e giorni. Una folla come non si era mai vista in precedenza per nessuno. Non solo san Pietro e via della Conciliazione, ma anche piazza Risorgimento, via Vitelleschi, tutte le strade e le traverse attorno erano piene».
Il giornalista ricorda anche «l’estrema compostezza. Quando la salma fu esposta in Basilica la gente faceva file di svariate ore senza lamentarsi, in preghiera. Anche 12, 13 ore in piedi pur di dare l’estremo saluto al Pontefice. Tutti si rendevano conto che era un evento storico, che si stava salutando un Papa che aveva cambiato la storia. Salito al soglio pontificio in piena cortina di ferro e poi con il Muro di Berlino crollato, ma anche con l’attacco alle Torri Gemelle. Il mondo era cambiato in questi 27 anni». Una folla che si dirada solo dopo la celebrazione dei funerali. «Un’altra diretta molto difficile. Piena di ricordi, di sensazioni. C’eravamo attrezzati per raccogliere anche le voci dalla piazza. Ricordo una grande emozione, anche perché avevo seguito i suoi viaggi, il suo pontificato. Era stato difficile trattenere la commozione. Che era personale e collettiva. Tutti gli occhi erano puntati lì, al centro del sagrato. Le vesti dei celebranti, comprese quelle di Ratzinger che sarebbe stato il suo successore, si muovevano agitate da un vento che spirava fortissimo. Ho ancora impresso nella memoria questo Vangelo, posato sulla bara, che il vento sfogliava. Le pagine si agitavano e a un certo punto il Libro si chiuse quasi come a dire:. “È finito un Pontificato, ma è finito anche un mondo».