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Il grido a Dio dai popoli martoriati della terra

Ospitalità, ascolto, rivelazione. Sono i passi che portano alla reciproca comprensione, ma anche a una maggiore consapevolezza di sé e dell’umano che è in ciascuno. Non è un caso che l’ospitalità ha un valore sacro sia nella Bibbia che nel Corano. Perché è attraverso essa che Dio si rivela. Don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Nazionale Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso, dialoga con padre Jihad Youssef, rettore del monastero di Mar Musa el-Habashi, fondato a nord di Damasco da padre Paolo Dall’Oglio, «per cercare», spiega Pierluigi Milesi, che coordina l’incontro, «di entrare in questa grande categoria dell’accoglienza, che è la cifra della nostra cattedra, attraverso l’esperienza profonda dell’incontro tra le fedi». A Sacrofano, dopo aver discusso di Sfide e prospettive dell’accoglienza, con la Comunità di Sant’Egidio, di remissione del debito, con il rettore della Lateranense, Alfonso Amarante e con Umberto Triulzi, di Giustizia sociale e planetaria, con Monica Di Sisto, Mauro Magatti e Andrea Pase, si fa silenzio e si accendono quattro candele. «Un simbolo per dire che vogliamo accendere anche una luce dentro di noi, un fuoco, un riferimento, un calore umano», spiega Milesi. Perché, aggiunge don Savina, «se è vero che ogni religione porta a Dio, è anche vero che ogni religione ha come punto in comune l’umano». E per farlo emergere, per dialogare, sottolinea padre Youssef, occorre «andare inermi verso gli altri. Deponendo le armi che sono i pregiudizi, il sentito dire, le vecchie esperienze, le difficoltà storiche. Andiamo lì, dall’altro, con un enorme desiderio di essere riempiti da Dio che troviamo da loro e di testimoniare Dio che è in noi».

Don Savina ricorda un ragazzo Etiope, arrivato sui barconi, che «andava sempre in giro con una  busta. Mi sono incuriosito e un giorno gli ho chiesto cosa avesse in quella busta che non abbandonava mai. Dentro c’era una Bibbia», Il sacerdote ricorda che «era una Bibbia, non un commento. Dobbiamo tornare alla Parola, essere ancorati lì». E spiega il passo di Abramo che accoglie nella sua tenda tre forestieri e, nell’accoglierli, in realtà, accoglie Dio.

Un dialogo che scende nelle viscere, che spiega e interroga. Fino alla benedizione finale, con Don Savina che ritorna all’episodio di Mosè e del roveto ardente, «alla, rivelazione appunto, quando Dio dice a Mosè: “Ora va perché io ho ascoltato il grido del popolo”.  E allora questa è la mia preghiera: “Signore rispondi, tu ci hai già risposto nella passione morte e risurrezione di Cristo e continui a risponderci nella sua passione morte e risurrezione. Ma questo dolore è forte, abbiamo bisogno di te”».

«Anch’io vorrei gridare al Signore, non solo invitarlo ad ascoltare», aggiunge padre Youssef. «Signore, io grido a te, in nome del mio paese, Siria, che aveva una pietra di macigno sul petto per più di 54 anni. Questa pietra di ingiustizia, di terrore, di torture, di prigioni, mattatoi, si è tolta, è stata tolta. Però le costole del mio paese, Siria, sono rotte e appena riesce a respirare», dice il monaco. E allora invoca il «Signore, in nome delle mamme che hanno perso i loro bambini, i loro mariti, delle donne che hanno perso i loro fratelli, degli uomini che hanno perso i loro figli, i loro amici. Ti invoco nel nome dei bambini di Gaza che adesso stanno morendo sotto le bombe israeliane e nessuno dei potenti del mondo vuole fare un atto di opposizione, un atto onesto. Ascolta il grido delle migliaia e migliaia di giovani, delle centinaia di migliaia nelle piazze del mondo, a Tel Aviv, adesso, in questi giorni, contro Netanyahu e il suo governo. Dei bambini in Sudan, nello Yemen, in Africa, in Ucraina, in Russia. Signore, il tuo popolo non ce la fa più. Tu che sei onnipotente, che sei il misericordioso, ti preghiamo di trasformare i nostri cuori in cuori umani e facci scegliere per sempre e ovunque, ad ogni prezzo, il bene perché è bene, non perché ci conviene. Il bene perché è bello, perché tu sei il nostro bene e a te la lode e la gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen».





Dal sito Famiglia Cristiana

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