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Il generale dei gesuiti: «Il prossimo papa? Un custode della misericordia»



Papa Francesco. Nella foto di copertina, padre Arturo Sosa.

«Cerchiamo un altro uomo di Dio, con uno sguardo universale. Che sappia partire dal riconoscere che le differenze non sono barriere ma possibilità di arricchimento e incontro, permettendo a tutti di ricevere il volto misericordioso di Dio nella propria cultura»: è il profilo del prossimo papa tracciato da padre Arturo Sosa, il generale dei gesuiti. Dopo una lettera e un video sulla morte del confratello papa, Sosa ha incontrato i giornalisti, il 24 mattina, in Curia generale, e in serata ha celebrato una messa di suffragio nella chiesa del Gesù.

Francesco, dice il gesuita venezuelano, 77 anni, che dal 2016 guida la Compagnia, «era una persona normale. E si sentiva libero. Conosceva i suoi limiti, non credeva di avere sempre ragione. Non è stato un riformatore, ma è stato coerente con la riforma della Chiesa in cui era radicato, quella del Concilio Vaticano II». Nell’omelia della sera ha spiegato ai confratelli e ai fedeli che gremivano la chiesa dove è sepolto il fondatore della Compagnia, che Mario Jorge Bergoglio «è stato forgiato nell’esperienza degli esercizi spirituali di Sant’Ignazio», che sono una chiave di lettura per capire la sua vita e lo stile del suo servizio al popolo di Dio e all’intera umanità. La centralità degli esercizi nella vita di Francesco, ha detto Sosa, è infatti testimoniata dalla «sua ostinata condizione di praticare e invocare il dialogo, come strumento fondamentale per ristabilire relazioni autentiche, per superare conflitti e facilitare la riconciliazione». Il dialogo, per Francesco, «parte dal riconoscimento delle differenze ed è l’inizio del camminare insieme per trovare una soluzione condivisa».

Non temeva il confronto Francesco. Anzi «aiutava a mettere le differenti posizioni sul tavolo. Ha sopportato critiche e opinioni contrarie, ma ha provocato il dialogo con persone che la pensavamo in modo diverso da lui. Ha dato legittimità alla discussione nella Chiesa, chiedendo di dialogare partendo da punti di vista diversi per arrivare ad altri che non sono quelli iniziali».

È l’esperienza che ha chiesto ai capi di stato, alle autorità politiche, invocando «pace pace pace in ogni occasione», ma anche alla comunità ecclesiale. «Mentre gli spazi di partecipazione democratica si restringono in tutto il mondo, Francesco ha spinto la Chiesa verso la sinodalità, cioè ad allargare spazi di partecipazione per diventare un popolo che cammina verso la promessa di un mondo in cui potremo vivere fraternamente».

“Principio e fondamento”, il cuore degli esercizi ignaziani, sono stato il fulcro della vita di Mario Jorge Bergoglio: «La sua vita è stata fondata sulla roccia che è Cristo, non sulla sabbia delle sue idee e sue intuizioni. Dio come unico assoluto. Per questo non ha mai nascosto la propria fragilità, né è caduto nella tentazione di fingere di essere forte. La sua motivazione profonda nella vita è stata quella di mettere in pratica la volontà di Dio, contribuire alla trasformazione dell’umanità per fare di questo mondo una casa degna per tutti gli esseri umani».

La gioia interiore del crocifisso risorto, ha detto padre Sosa, «gli ha tolto la paura di testimoniare quello che ha cambiato la sua vita. Eletto al ministero petrino Francesco non ha avuto paura di andare controccorrente in difesa dei diritti umani, della lotta per la cura dell’ambiente, con le parole e con i gesti ci ha invitato ad accogliere i migranti come fratelli e sorelle, a farci vicini a chi è in carcere, a chi è scartato dalla società. La sua voce si è levata per la pace a sottolineare come ogni guerra sia un fallimento dell’umanità».

L’esperienza degli esercizi spirituali di sant’Ignazio, testimoniata dalla vita di Mario Jorge Bergoglio, «culmina nella sensibilità che permette di trovare Dio in tutte le cose; la contemplazione per giungere all’amore apre tutti i sensi alla capacità di percepire la presenza del Signore in tutti gli aspetti della vita personale e sociale, nella natura e nella storia. Ecco perché parole e gesti, lo stile di vita, il riconoscimento della propria fragilità, porta a riporre la propria fiducia in Dio e solo in Dio».

Una storia, quella tra il primo papa gesuita e la Compagnia di Gesù, che ha conosciuto anche momenti bui. «Quando papa Francesco è stato eletto», ha ricordato Sosa in conferenza stampa, «ero in Venezuela, in un paese alla frontiera con la Colombia. Jorge Bergoglio era una figura che aveva suscitato polemiche in America Latina. Ci siamo chiesti quale Francesco intendeva: Saverio, Borgia, Régis? San Francesco di Assisi non era un riferimento per la Compagnia, ma ispiratore per tanti. Padre Adolfo Nicolas, allora Generale, si è messo subito in contatto e a sua disposizione, stabilendo una relazione fraterna, che è testimoniata dai tanti incontri che poi Francesco ha avuto con i gesuiti, in tutti i suoi viaggi. E con le visite qui in Curia generale. Francesco non ha mai nascosto la sua identità gesuita. Chiamato al ministero petrino ha accompagnato la Compagnia di Gesù come papa nel discernimento delle Preferenze Apostoliche e di essa si è servita. Oggi usciamo da questo tempo sfidati a essere davvero fondati nel nostro carisma. Ringraziando per Francesco e per Mario Jorge Bergoglio».

Il prossimo papa? «È lo Spirito Santo che ha il compito di ispirare l’elezione del successore di Pietro, non di Francesco. Ogni pontefice è scelto per indossare i “sandali del pescatore”, di quello che Gesù ha posto a capo della comunità dei suoi discepoli». Quanto alla Compagnia «è nata per servire la missione della Chiesa sotto la direzione diretta del papa. I gesuiti fanno voto di obbedienza al papa riguardo alla missione da svolgere. Non appena il nuovo papa sarà eletto, ci metteremo a sua disposizione, come abbiamo fatto per più di 450 anni. Nostro fratello papa Francesco è ora totalmente nelle mani di Dio. Facciamo in modo che la sua testimonianza continui a ispirare la Chiesa, per condividere la missione redentrice di Gesù, che la Compagnia desidera in tutto di amare e servire».

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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