Il Regno Unito cambia storia, grazie a un sistema elettorale “first past the post” (sistema uninominale secco) e alla mancanza di una Costituzione scritta, che dà al partito al governo un potere senza limiti e agli elettori la possibilità di punirlo se sbaglia. Oggi, in Gran Bretagna, la democrazia ha cacciato i Tories che hanno distrutto l’economia, con la premier Liz Truss, e la politica, con i festini durante il Covid di Boris Johnson, e consegnato le chiavi di Downing street a un ex avvocato, di umilissime origini, che i suoi nemici definiscono “grigio” e gli amici “molto preparato”.
Sapranno Keir Starmer, solo il quinto premier socialista nella storia del Regno Unito, e il suo ministro delle Finanze e del Tesoro Rachel Reeves, la prima donna a ricoprire questo incarico, restituire agli elettori un Paese senza continui scioperi di medici, postini e insegnanti, dove il 50% più povero della popolazione possiede meno del 5% della ricchezza e l’1% più ricco il 23%? Garantire al Regno Unito un Governo “tolgo ai ricchi per dare ai poveri” in una vera tradizione socialista?
Per i conservatori è una sconfitta senza precedenti. Se non sapranno riposizionarsi al centro, con un leader moderato, i Tories rischiano l’estinzione. O anche di essere riassorbiti dal partito Reform dell’euroscettico Nigel Farage, che entra, per la prima volta, in Parlamento, accompagnato da altri tre colleghi. A pezzi sono usciti da queste elezioni anche i nazionalisti scozzesi di Snp, che hanno riconsegnato ai laburisti la regione a nord del vallo di Adriano, da sempre terra socialista. Significativa la bassa affluenza alle urne, il 60% secondo la Bbc, la seconda più bassa nella storia del Regno Unito, dal 1885.
Da Brighton a Birmingham, da Manchester a Nottingham, fino ad arrivare nella Scozia ad Edimburgo, la mappa della Gran Bretagna si è colorata di rosso. Con la stessa determinazione con la quale è uscito dalla povertà per arrivare all’università di Oxford Keir Starmer ha saputo, con spietatezza, riformare i laburisti, proprio come aveva fatto, prima di lui, Tony Blair, per arrivare a Downing Street, dando vita a un esercito disciplinato, che il settimanale The Economist ha definito “generazione K”, “securocratici”, “a favore dell’Europa”, “al centro”, “ideologicamente ambigui”.
Quanto alla Brexit, con Keir Starmer al potere cambierà il tono della comunicazione con la Ue, anche se il leader socialista non ha parlato di Europa, in campagna elettorale, per paura di perdere voti e si è impegnato a non rientrare nel mercato unico e nell’unione doganale. In questo momento il rapporto tra istituzioni britanniche ed europee è pessimo, ma le relazioni miglioreranno senz’altro perché i laburisti britannici hanno forti legami con i partiti socialdemocratici tedeschi che li hanno aiutati a prepararsi a questa vittoria elettorale.
Nato a Londra nel 1962 da una famiglia di classe operaia, sostenitrice dei Labour, Keir Stamer è cresciuto in una cittadina del Surrey. Dopo essere diventato avvocato si è specializzato in diritti umani. È deputato alla Camera dei Comuni dl 2015, dal 2020 è leader del Partito laburista. Vegetariano, appassionato di calcio – sport che ha anche praticato in una squadra amatoriale – dal 2007 Starmer é sposato con una avvocata, Victoria Alexander, e con lei ha avuto un figlio e una figlia.
(Foto Reuters: Keir Starmer, 61 anni)