È il calore degli adolescenti, nel secondo giorno dei novendiali, che abbraccia idealmente papa Francesco in piazza san Pietro. Laddove sperava di incontrarli per il loro Giubileo, per spronarli, ancora una volta, a sentire quella gioia del Vangelo che spazza le paure del cuore, oggi si prega per il Pontefice defunto. Una celebrazione, presieduta dal cardinale Pietro Parolin, già segretario di Stato (ricordiamo che con la morte del Papa si decade dalla carica), che ha insieme un senso di vuoto e di pieno, di nostalgia e di sguardo verso il futuro. Lo sottolinea subito il cardinale, nella sua omelia, prendendo spunto dalla paura e dallo smarrimento dei discepoli, dopo la morte di Gesù, narrati nel vangelo di Giovanni. «Gesù Risorto si presenta ai suoi discepoli, mentre si trovano nel cenacolo dove si sono rinchiusi per paura, con le porte sbarrate. Il loro stato d’animo è turbato e il loro cuore è nella tristezza, perché il Maestro e Pastore che avevano seguito lasciando tutto è stato inchiodato sulla croce. Hanno vissuto cose terribili e si sentono orfani, soli, smarriti, minacciati e indifesi», dice Parolin. «L’immagine iniziale che il Vangelo ci offre in questa domenica può rappresentare bene anche lo stato d’animo di tutti noi, della Chiesa e del mondo intero. Il Pastore che il Signore ha donato al suo popolo, Papa Francesco, ha terminato la sua vita terrena e ci ha lasciati. Il dolore per la sua dipartita, il senso di tristezza che ci assale, il turbamento che avvertiamo nel cuore, la sensazione di smarrimento: stiamo vivendo tutto questo, come gli apostoli addolorati per la morte di Gesù», dice il cardinale accolto da un applauso di riconoscenza.
Però, proprio «in questi momenti di oscurità il Signore viene a noi con la luce della risurrezione, per rischiarare i nostri cuori. Papa Francesco ce lo ha ricordato fin dalla sua elezione e ce lo ha ripetuto spesso, mettendo al centro del pontificato quella gioia del Vangelo che – come scriveva in Evangelii gaudium – “riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”».
E allora, anche i ragazzi giunti qui da ogni parte del mondo a celebrare il Giubileo, con i dipendenti e i fedeli vaticani, che sono invitati in modo particolare a questa celebrazione, possono «quasi toccare in questa piazza» quella «gioia pasquale, che ci sostiene nell’ora della prova e della tristezza». La prima domenica dopo Pasqua, quella dedicata alla misericordia, «il nome di Dio», ha sempre sottolineato papa Francesco vede, dopo i funerali di papa Francesco, di nuovo «presente il mondo intero!». E a questa moltitudine che si snoda lungo tutta via della Conciliazione e nelle strade limitrofe, il cardinale fa arrivare «l’abbraccio della Chiesa e l’affetto di Papa Francesco, che avrebbe desiderato incontrarvi, guardarvi negli occhi, passare in mezzo a voi per salutarvi». Parolin ricorda le «tante sfide che siete chiamati ad affrontare», in particolare «quella della tecnologia e dell’intelligenza artificiale che caratterizza in modo particolare la nostra epoca» e li invita a «non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo. Nulla sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui! Con Lui non sarete mai soli né abbandonati a voi stessi, nemmeno nei momenti più brutti! Egli viene ad incontrarvi là dove siete, per darvi il coraggio di vivere, di condividere le vostre esperienze, i vostri pensieri, i vostri doni, i vostri sogni, di vedere nel volto di chi è vicino o lontano un fratello e una sorella da amare, ai quali avete tanto da dare e tanto da ricevere, per aiutarvi ad essere generosi, fedeli e responsabili nella vita che vi attende, per farvi comprendere ciò che più vale nella vita: l’amore che tutto comprende e tutto spera».
E parlando della misericordia sottolinea che questa è «più grande dei nostri limiti e dei nostri calcoli, è ciò che ha caratterizzato il Magistero di Papa Francesco e la sua intensa attività apostolica, insieme all’ansia di annunciarla e condividerla con tutti – l’annuncio della buona novella, l’evangelizzazione – che è stato il programma del suo pontificato. Egli ci ha ricordato che “misericordia” è il nome stesso di Dio, e, pertanto, nessuno può porre un limite al suo amore misericordioso con il quale Egli vuole rialzarci e renderci persone nuove».
L’affetto per papa Francesco «che si sta manifestando in queste ore», mette in guardia il cardinale, «non deve restare una semplice emozione del momento; la Sua eredità dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri». Perché, è stato l’insegnamento di Bergoglio, «la misericordia ci riporta al cuore della fede. Ci ricorda che non dobbiamo interpretare il nostro rapporto con Dio e il nostro essere Chiesa secondo categorie umane o mondane, perché la buona notizia del Vangelo è anzitutto la scoperta di essere amati da un Dio che ha viscere di compassione e di tenerezza per ciascuno di noi a prescindere dai nostri meriti; ci ricorda, inoltre, che la nostra vita è intessuta di misericordia: noi possiamo rialzarci dopo le nostre cadute e guardare al futuro solo se abbiamo qualcuno che ci ama senza limiti e ci perdona. E, perciò, siamo chiamati all’impegno di vivere le nostre relazioni non più secondo i criteri del calcolo o accecati dall’egoismo, ma aprendoci al dialogo con l’altro, accogliendo chi incontriamo lungo il cammino e perdonando le sue debolezze e i suoi errori».
La misericordia, insiste Parolin, «guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza». Gesù che si presenta nel cenacolo, «dopo la risurrezione, offre il dono della pace e dice: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”. Così, il Signore Risorto stabilisce che i suoi discepoli, la sua Chiesa, siano strumenti della misericordia per l’umanità per coloro che desiderano accogliere l’amore e il perdono di Dio. Papa Francesco è stato testimone luminoso di una Chiesa che si china con tenerezza verso chi è ferito e guarisce con il balsamo della misericordia; e ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita».
E mentre «proprio nella domenica della misericordia ricordiamo con affetto il nostro amato Papa Francesco», un «ricordo particolarmente vivo tra i dipendenti e i fedeli della Città del Vaticano, molti dei quali sono qui presenti, e che vorrei ringraziare per il servizio che svolgono quotidianamente» il cardinale rammenta, tra gli applausi scroscianti di chi lo ascolta, che «a voi, a noi tutti, al mondo intero, Papa Francesco rivolge il suo abbraccio dal Cielo».