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I poveri che non dimenticheranno Papa Francesco


A Palazzo Migliori, di fianco a Piazza San Pietro, gli ospiti hanno seguito la Messa esequiale per il Pontefice in un clima raccolto come in una vera casa. Alcuni con commozione altri in silenzio, tutti con grande riconoscenza verso chi li ha amati profondamente

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

È l’alba, le strade sono già affollate di persone, c’è brusio, frenesia di entrare in Piazza San Pietro per guadagnare il posto migliore e partecipare all’ultimo saluto a Papa Francesco. Questo mondo fuori scompare quando si salgono le scale di Palazzo Migliori, la residenza costruita nel 1800 dalla nobile famiglia romana che il Pontefice ha donato nel 2019 ai poveri, oggi affidata alla Comunità di Sant’Egidio.

Le scale portano al secondo piano dove ci sono le sale da pranzo. Marco Cimolino, che da quasi 6 anni è qui. si adopera per la colazione. Ha preparato latte e caffè, fette biscottate e merendine. Pian piano la casa si sveglia, gli ospiti, circa 45 persone, 22 sono italiani, la maggioranza. Ci sono solo 5 donne, due di loro: Emilia e Rosa hanno anche le badanti. Oggi la giornata è diversa, la routine cambia, gli ospiti possono restare oltre le 8, l’orario solito di uscita. Tutti possono restare per vedere i funerali di Francesco, il Papa che sentono amico fraterno, Padre, fratello, uno di loro.

La foto ricorda la visita del Papa a Palazzo Migliori il 15 novembre 2019

La foto ricorda la visita del Papa a Palazzo Migliori il 15 novembre 2019

Il timbro sulla pelle

Prima della Messa esequiale in tanti sono andati via, hanno preferito confondersi tra la folla, allontanarsi ma non per mancare di rispetto a Papa Francesco. Lo hanno fatto per quel senso innato di vergogna che la strada ti incolla, come un timbro sulla pelle, per cui ti senti inadeguato e a disagio perché non hai fatto la doccia e non hai vestiti puliti, la dignità passa anche da questo. Nelle loro parole c’è riconoscenza, gratitudine, ricordi affettuosi. Gennaro, 84 anni, commenta la cerimonia, conosce vescovi e cardinali. Insieme a lui ci sono i volti più famigliari per gli ospiti come quello di Carlo Santoro e Marco Bartoli della Comunità di Sant’Egidio, c’è Marco Cimolino che vive con loro, con “i suoi ragazzi” dice, o Pina, la signora delle pulizie che si affaccia per guardare se è iniziato il rito prima di tornare alle sue mansioni.

Nikolai gioca a scacchi

Nikolai gioca a scacchi

Guardando Papa Francesco

Gli occhi di questa umanità sono fissi sullo schermo, è l’omaggio al Papa che li ha amati profondamente. Violetta stringe tra le mani il rosario e il cellulare, ogni tanto racconta di episodi storici legati alle chiese di Roma o di cosa ha trovato nell’immondizia, al collo ha le cuffiette perché dice che si concentra meglio se ascolta la musica, ai piedi ciabatte aperte ma anche una gonna con fili dorati, segno di una femminilità che nemmeno la strada cancella.

Nikolai ha appoggiato il suo cappello giallo con la scritta “Diocesi di Parma” sul tavolo dove si pranza, indossa una maglietta – gialla anche quella – che ricorda una frase di Giovanni Paolo II. Rosa ha scelto di sedersi lateralmente, è attenta e guarda la tv anche se ogni tanto si lamenta del dolore alle gambe. Nicholas ha l’aplomb inglese ma i quasi 40 anni passati a Roma lo hanno cambiato. Si appresta a compiere 70 anni e da stamattina ha gli occhi lucidi, quando parla fa spesso una pausa perché non riesce a tirare fuori le parole. Qui il ricordo di Papa Francesco, della sua cura per gli ultimi, è vivo, concreto, è reale, fa commuovere.
Arriva Emilia, era scesa a fumare, si siede e scherza con Marco. Ha un ombrello colorato in mano, la giornata è assolata ma non si sa mai. Indossa un cappello blu di lana, una pelliccia ecologica chiara e non si separa dalla sua borsa. “Papa Francesco era un mio amico”: racconta ma poi non vuole spiegare di più, dalla mattina che schiva i microfoni dei giornalisti presenti. Guarda il Vangelo aperto, posto sulla bara del Pontefice, spesso porta le sue mani sul volto e sospira. Alberto è un signore anziano arrivato da tre mesi, è un amico della Comunità di Sant’Egidio ma per tutto il tempo non proferisce parola, sta in piedi con le mani conserte, è un solitario e anche la solitudine è una soluzione per sopravvivere.

Il cuore di Dio

Al segno della pace, tutti si alzano dai loro posti per stringere la mano a quelli che sentono come compagni di viaggio. Dalle finestre aperte del Palazzo si sente l’eco della piazza, l’eco di un mondo a cui spesso queste persone vulnerabili e sofferenti non si sono sentite di appartenere. Papa Francesco invece le ha volute vicino, accanto alla sua casa perché proprio i poveri sono custodi preziosi del cuore di Dio



Dal sito Vatican News

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