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I Missionari della Misericordia e la speranza che viene dalla Croce


Tante le voci raccolte nel corso del pellegrinaggio giubilare, spiccano quelle che arrivano dall’Ucraina dove i missionari sono chiamati ad essere “segno misericordioso di Dio”. Dal Ghana ci sono testimonianze di lunghe file di persone che si vanno a confessare, il mondo – raccontano i missionari –  ha bisogno del perdono che è l’inizio del cammino della speranza

Fabrizio Peloni – Città del Vaticano

Dovrebbero sentire il fardello pesante del loro servizio. In realtà camminano leggeri come se il loro «bagaglio della vita» fosse riempito «solo» da esperienze di grazia. Trasmettono questo i volti di alcuni degli oltre cinquecento missionari della misericordia che stamane, accolti dall’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, si sono ritrovati in una piazza Pia affollatissima di fedeli provenienti da ogni parte del mondo, proprio come loro, per varcare la Porta Santa della basilica Vaticana.

Dall’Ucraina per predicare amore

Presenti anche otto dei trenta missionari della misericordia ucraini. Don Oleh Barbulyak si fa interprete del loro stato d’animo quando ammette che «noi proviamo a essere un segno misericordioso di Dio, predichiamo amore e  misericordia in circostanze di guerra, ma quando ad esempio celebriamo il funerale di un militare morto per difendere la patria non è facile far capire e accettare ciò. Eppure c’è un segno, quello della Croce: segno di dolore ma al contempo simbolo di ciò che può fare Dio nel sovvertire il male».
Il cappuccino Alfredo Maria Palatini, «impegnato nei penitenziari di tutta Europa», sente di essere «il primo dei peccatori, perché siamo tutti grandi peccatori, ma perdonati. Il carcere mi ha insegnato che avrei potuto far peggio di chi è dentro». E per questo  «dobbiamo essere i primi che vivono e trasmettono la tenerezza, senza quella “acribia”, ossia quella rigidità della clava come ci disse Papa Francesco», ma avendo a cuore le persone «che pongono la loro fiducia e speranza in noi; dobbiamo muoverci con epicheia,  termine greco che sta a indicare il senso della giustezza e della misura». Il frate ha poi aggiunto l’importanza di «riscoprire il bisogno di preghiera»  e il «coraggio di compromettersi,  trovando la mediazione e l’equilibrio».

Giubileo dei Missionari della Misericordia

Giubileo dei Missionari della Misericordia   (Vatican Media)

Il potere della confessione

«Nel decimo anniversario della nostra istituzione — sancita dalla bolla Misericordiae vultus — siamo tornati a Roma dai nostri Paesi, spesso da situazioni di conflitto o di estrema povertà, ognuno con un bagaglio colmo di storie di perdono, o meglio di speranza “non effimera”, di riconciliazione, raccolte nelle centinaia di chilometri percorsi nelle diocesi e nelle parrocchie per esprimere la maternità della Chiesa proprio come ci aveva chiesto il Papa. Un bagaglio che, con noi, oggi ha varcato la Porta Santa» spiega don Massimo Noli, parroco a Cagliari. «La confessione non avverte crisi, forse perché quando il prossimo si sente accolto, vive una sorta di liberazione che poi si trasforma in una crescita spirituale interiore»,  aggiunge il prete sardo, sottolineando come «anche noi sacerdoti veniamo edificati dalla misericordia, assistendo alla conversione come dono di Dio e conquista dell’uomo». Il Pontefice nel mercoledì delle ceneri del 2016 «ci invitò a mettere tutti nelle condizioni di accedere al perdono, di mostrare che la Chiesa non pone ostacoli per raggiungere la misericordia di Dio», afferma don Alfredo Delgado che nell’arcidiocesi messicana di Monterrey cammina anche per due ore in zone impervie di montagna «portando sempre nel mio zaino il calice con l’ostia per celebrare messa con persone che non incontrano un sacerdote da più di 6 mesi».  Confida di aver ascoltato persone che non si confessavano da 30 anni.

L'ingresso nei Giardini Vaticani

L’ingresso nei Giardini Vaticani   (Vatican Media)

Il bisogno di perdono

Don Edmund Neizer, unico missionario della misericordia del Ghana, commenta quanto sia  «grandioso ciò che sta avvenendo in queste ore ad Accra e in tutto il Paese per la “24 ore con il Signore”, con fiumi di persone davanti al confessionale e presenti alle adorazioni». Stesso concetto espresso dal frate minore Frantszek e da don Tomas, cappellano dei vigili del fuoco, entrambi Missionari della misericordia in Slovacchia. Dal Brasile giunge don Agnaldo Do Santos, in servizio nella diocesi di Piracicaba,  che ringrazia Fisichella «per averci ricordato che il perdono è l’inizio del cammino della speranza». Accanto a lui in processione  il filippino Alla Morris Abuan, che nell’arcidiocesi di  Lingayon ha il «privilegio di confessare e sollevare dai propri pesi centinai di persone». Dopo il passaggio della Porta Santa i missionari della misericordia si sono  diretti alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani, per la recita del Rosario. Qui l’arcivescovo pro prefetto dopo aver elencato tutti i Paesi in cui prestano servizio i quasi 1.300 missionari della misericordia, ha ringraziato la delegazione della diocesi di Prato — guidata dal vescovo  Giovanni Nerbini — per il dono di 1.500 stole per i sacerdoti chiamati da Papa Francesco a portare perdono e speranza nel mondo.  E ha letto il messaggio pontificio. Successivamente i presenti hanno recitato il Rosario, meditando i misteri Gaudiosi, per affidare la salute di Papa Francesco all’intercessione della  Vergine Maria.



Dal sito Vatican News

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