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Grazie, Papa Francesco: il sorriso, l’abbraccio e l’eredità di un pastore autentico

di Lorena Bianchetti

Papa Francesco è tornato “alla casa del padre”. Non ci sono le parole giuste per descrivere lo stato d’animo di una perdita così significativa. Ci ha colti un’altra volta di sorpresa papa Francesco. Le sue uscite dopo la degenza in ospedale ci avevano fatto pensare ad una ripresa lenta ma possibile. Ce l’avevano fatto sperare la sua forza, la sua tenacia, il suo coraggio. Lui, l’uomo del Vangelo, del Vangelo incarnato anche nelle virgole. Era libero papa Francesco, come del resto Gesù ci ha insegnato, autentico, testimone di un’umanità capace di riportarti all’essenza delle cose, di quelle che contano davvero e che ti fanno toccare con mano la felicità più pura. Ho avuto l’onore di incontrarlo e parlarci tante volte e non solo per motivi professionali ma anche in tanti incontri privati con la mia famiglia. Ricordo quel pomeriggio che conobbe mia figlia, Estelle. Andammo a Santa Marta, a casa sua, mio marito, io e la piccola. Aveva pochi mesi. Bussammo alla porta e ci apri’ lui, il suo sorriso, il suo abbraccio.

Ci sedemmo e iniziammo una conversazione che ancora oggi mi emoziona. «Avevo notato un volto diverso da un po’ di tempo e mi dissi che, secondo me eri in attesa», mi confessò sorridendo con dolcezza. Papa Francesco, ogni domenica, aveva la televisione accesa prima di affacciarsi alla finestra per recitare l’Angelus e mi ha raccontato di aver visto piu volte la trasmissione che conduco ormai da diversi anni. Lo ha anche detto pubblicamente ma, soprattutto, lo ha dimostrato nelle tante domeniche in cui, proprio durante l’Angelus, ha avuto la bontà di citare quello che stavamo affrontando in diretta.  Sapeva leggere il cuore papa Francesco, sapeva leggere i volti e l’anima di chi aveva di fronte. L’immagine di Estelle che gli morde le mani come è tipico dei bambini a cui prudono le gengive per i dentini che devono ancora sbucare mi riporta ad un’atmosfera così familiare, dolce, vera che oggi, con la sua dipartita, guardo con malinconia e anche con uno stupore a cui non mi abituo.

A papa Francesco stavano a cuore le persone, tutte, a prescindere dal ruolo che ricoprivano o dal portafoglio che avevano. Non si è fatto rubare il cuore dai privilegi o dalle cariche di responsabilità, anzi ha umanizzato etichette e sovrastrutture, discorsi predefiniti e agende prefissate. Le periferie, gli ultimi sia dal punto di vista geografico che esistenziale. È da loro che si comprende la vita, è tramite loro che si risveglia il cuore, che ci si spoglia degli inutili stereotipi di un mondo che vuole renderci sempre più anaffettivi e di facciata. Lui invece, l’uomo venuto dalla fine del mondo, è stato capace di metterci allo specchio, come quella volta a Lampedusa, è stato capace di risvegliare le coscienze, di parlarci in modo chiaro, limpido perché limpido era il suo cuore. Lui, che nella sua semplicità aveva l’autorevolezza di chi vive in coerenza, la forza dei giganti che lavorano per il bene, che sono al servizio del bene e che non lo usano per gongolare il proprio ego. «No a una fede di facciata ma servizio!», ha detto più volte. Lui, i cui gesti spesso hanno detto più di tante parole, lui, l’uomo della gente capace di stupire e abbracciare. Come è successo nel giorno del mio 50 esimo compleanno quando ricevo da lui, sempre in uno degli incontri privati a casa Santa Marta, un’icona bizantina che oggi mi tiene compagnia sul mio comodino. O anche quando, tramite don Marco Pozza, mi fa arrivare il San Giuseppe dormiente a cui affidare le preghiere da presentare a Dio. 
Grazie papa Francesco, fai buon viaggio, grazie per il dono che sei stato per il mondo e grazie per il dono che sei stato per me e per la mia famiglia. Portiamo con noi i tuoi sorrisi, il tuo abbraccio, la tua ironia, il tuo calore umano, la tua tenerezza e forza allo stesso tempo, il tuo ascolto e le tue importanti riflessioni sul mondo. Tu ci hai dato tanto, tutto te stesso, fino alla fine e ora sta a noi, ad ognuno di noi indistintamente di raccogliere e concretizzare la bellezza della fraternità autentica a cui ci hai invitato.





Dal sito Famiglia Cristiana

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