La Nazionale italiana è a Roma per preparare l’ultimo match del torneo Sei Nazioni, in programma sabato 15 marzo contro l’Irlanda. In vista dell’appuntamento di metà giugno con l’Anno Santo dedicato agli sportivi, atleti e staff sono concordi: verrà celebrato ambito della vita “che racchiude tanti valori”
Gianmarco Murroni – Città del Vaticano
Uno sport duro, con tanti scontri fisici, ma senza violenza. A prevalere, invece, sono la lealtà e il rispetto. Così Papa Francesco descriveva il rugby il 22 novembre 2013, durante l’incontro in Sala Clementina con le nazionali di Argentina e Italia. Una definizione condivisa dagli attuali atleti dell’Italrugby, impegnati in queste settimane nel prestigioso torneo Sei Nazioni. Proprio in preparazione dell’ultimo match in programma il 15 marzo a Roma contro l’Irlanda, la squadra si sta allenando presso il Complesso Olimpico Giulio Onesti. “Siamo carichi, abbiamo voglia di dimostrare il nostro valore”, afferma Danilo Fischetti, pilone della Nazionale, che prendendo spunto dalle parole del Papa commenta: “Il rispetto è alla base del nostro sport, tante volte succede che in campo ci siano degli scontri, ma in questi gesti, nonostante ci sia tanta foga agonistica, c’è anche tanta lealtà. L’unione e il lavoro di squadra, poi, sono fondamentali: non solo in campo, ma anche fuori, nel lavoro quotidiano”.
L’essenza dello sport
A rafforzare le parole di Fischetti è anche Michele Lamaro, capitano dell’Italia: “La violenza è estranea al nostro sport: c’è tanto contatto fisico, tanto agonismo, ma la lealtà è uno dei valori fondamentali. Lealtà verso gli avversari e verso i compagni: siamo 15 in campo, è difficile coordinarci tutti quanti insieme, dobbiamo fidarci gli uni degli altri”. Lamaro guarda al presente, ma anche al futuro: “L’obiettivo è quello di crescere come movimento italiano vogliamo riuscire a raggiungere la qualità di gioco che esprimono i grandi del rugby. Lavoriamo giorno dopo giorno per scendere in campo e raggiungere risultati importanti”. Risultati da ricercare già dalla prossima partita, per celebrare al meglio i 25 anni dall’ingresso dell’Italia nel Sei Nazioni: “Questo anniversario ci trasmette grande orgoglio. Entrare a far parte di un torneo così prestigioso è molto importante, viviamo un anno speciale”. Un anno speciale per il rugby che coincide con un anno speciale per il mondo della cristianità, il Giubileo della Speranza che il 14 e 15 giugno prossimi vedrà proprio lo sport protagonista: “Il Giubileo dello Sport sarà un momento importante in cui verrà celebrata l’essenza dello sport, un grande insegnante di vita che racchiude tanti valori”.
Un anno indimenticabile
A guidare il gruppo degli atleti azzurri del rugby è Gonzalo Quesada, commissario tecnico della Nazionale, che con Papa Francesco condivide la nazionalità, ma anche i valori: “Sono d’accordo al 100% con il nostro Papa. Ciò che rende bello il nostro sport è l’unione e l’interdipendenza: ogni ruolo è importante, c’è tanta solidarietà, nessuno gioca per se stesso ma per la squadra”. Quesada racconta le emozioni vissute dopo l’elezione di Francesco nel 2013: “Ero in Francia quando il Papa è stato eletto, per il popolo argentino è stato un momento di orgoglio e felicità enorme. Purtroppo non siamo tifosi della stessa squadra, lui è del San Lorenzo e io dell’Independiente – scherza Quesada – Ma per tutto il resto sono completamente d’accordo con lui. È una grandissima fonte di ispirazione”. Il ct si sofferma poi sul rapporto tra fede e sport: “Tutti abbiamo bisogno di essere in connessione con qualcosa che è più grande di noi, avere un proposito più grande nella vita rispetto al fare una buona partita o avere una buona carriera nello sport. In questo senso, quelli che hanno una vita spirituale più intensa riescono a essere più sereni nella vita e dopo possono esprimersi anche in campo in modo migliore”. Anche per il tecnico argentino quello che stiamo vivendo “è un anno eccezionale, trascorrerlo qui a Roma è veramente speciale. Il Giubileo dello Sport sarà qualcosa di incredibile e indimenticabile”.
Superare gli ostacoli
Chi era presente in quel novembre 2013, invece, è Giovanbattista Venditti, oggi team manager della Nazionale, che ripensa con affetto all’incontro con Papa Francesco: “All’epoca giocavo ancora, ricordo benissimo l’abbraccio del Papa, è stato un momento incredibile”. Per Venditti la definizione di sport duro e non violento sintetizza benissimo quello che è il rugby: “Il gruppo che affronta insieme le difficoltà e le supera è un esempio in ogni ambiente, il nostro rappresenta lo sport di squadra per eccellenza: puoi essere forte quanto vuoi, veloce quanto vuoi, ma alla fine qualcuno che ti butta giù lo trovi sempre. E quando metti un ginocchio a terra nel rugby hai per forza bisogno dell’altro. Questo sostegno continuo, in campo e fuori, crea legami forti. È questo il grande insegnamento dello sport”. Oltre a giocarlo con le mani e con i piedi, il rugby si gioca anche con la testa e con il cuore: “Credere in se stessi è fondamentale. Gli ostacoli fanno parte dello sport, così come della vita. Non dobbiamo sperare in una vita senza ostacoli, ma dobbiamo avere la capacità di affrontarli. Questa serenità può darla solamente la fede: è lo strumento principale per vivere bene il presente”.