Proseguono incessanti i raid israeliani che ieri hanno fatto nuove vittime. La popolazione è allo stremo per la carenza di cibo. I cittadini israeliani chiedono a gran voce al governo Netanyahu un accordo che possa portare rapidamente alla liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, mentre i palestinesi accusano il gruppo islamico di provocare le ritorsioni israeliane
Paola Simonetti – Città del Vaticano
Colpiscono nel cuore più fragile di Gaza i raid israeliani, che ieri, lunedì 7 aprile, hanno ucciso, secondo quanto riferito da funzionari sanitari locali, almeno 30 persone, di cui la metà donne e bambini che facevano la fila ad una cucina di beneficenza attiva per la distribuzione dei pasti agli sfollati; uno dei pochi presidi cruciali per il sostentamento della popolazione nel contesto di una drammatica situazione umanitaria provocata dal divieto di Israele, in vigore da almeno un mese, di far entrare merci sul territorio. Una situazione denunciata con forza anche dai vertici delle Nazioni Unite che segnalano come beni vitali siano bloccati ai valichi di frontiera da settimane, con l’accumulo di cibo, medicine, carburante, rifugi, mettendo a rischio la sopravvivenza di almeno 2,1 milioni di persone affamate; sofferenze patite soprattutto dai bambini: 1.000 quelli uccisi o feriti solo nella prima settimana dopo la rottura della tregua. “ I leader mondiali devono agire, con fermezza, urgenza e decisione – è l’appello del Commissario generale dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Unrwa, Philippe Lazzarini – per sostenere i principi fondamentali del diritto umanitario internazionale”, poiché a Gaza “gli atti di guerra mostrano un totale disprezzo per la vita umana, sotto gli occhi del mondo”.
I tentativi di mediazione
Una guerra quella nella Striscia, su cui continuano a concentrarsi gli sforzi diplomatici dell’Egitto che, stando ai media sauditi, avrebbe avanzato una nuova proposta per un cessate il fuoco che prevedrebbe il rilascio di otto ostaggi in cambio di una tregua della durata compresa tra 40 e 70 giorni, una richiesta di mediazione che, però, Israele afferma di non aver ricevuto. A sollecitare una risoluzione, anche il presidente Usa, Donald Trump, che ha affermato di voler valutare un nuovo stop al conflitto. Durante il suo secondo incontro con Netanyahu, il presidente Trump ha anche annunciato l’inizio di colloqui diretti e di alto livello con l’Iran per un nuovo accordo sul nucleare. Ha dichiarato che l’alternativa a un’intesa sarebbe una risposta militare senza precedenti. Netanyahu ha sostenuto un approccio diplomatico, ma ha ribadito che all’Iran non deve essere permesso ottenere l’arma nucleare. Tra i temi discussi anche i dazi: Trump ha imposto tariffe del 17% su alcune importazioni israeliane. Netanyahu in cambio ha promesso di azzerare il deficit commerciale e rimuovere rapidamente le imposte residue sui beni americani.
La mobilitazione dei cittadini
Intanto, cresce la rabbia a Tel Aviv con migliaia di persone in piazza ieri per chiedere al governo Netanyahu, di giungere a un accordo rapidamente per il rilascio dei prigionieri ancora nelle mani di Hamas. Una tensione che investe anche i residenti di Gaza che hanno espresso indignazione, anche sui social, verso il gruppo islamico palestinese dopo il lancio di dieci razzi verso il sud di Israele, operazione che ha portato i militari israeliani a ordinare l’evacuazione di alcune aree, in particolare a Deir al-Balah. Molti palestinesi accusano Hamas di provocare ritorsioni israeliane che aggravano le loro sofferenze.
La crisi nei servizi segreti israeliani
Intanto, Israele fa i conti con la delicata situazione interna ai servizi segreti. Questa mattina, infatti, l’Alta Corte di Giustizia israeliana esamina i ricorsi, presentati da quattro partiti di opposizione e altrettanti gruppi di controllo governativi, per la controversa decisione del governo di licenziare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar. Gli oppositori dell’esecutivo israeliano, denunciano un conflitto di interessi nella decisione sul licenziamento, dal momento che lo Shin Bet è una delle agenzie che indagano sullo scandalo Qatargate riguardante presunte irregolarità commesse dai collaboratori di Netanyahu. L’allontamento di Bar ha scatenato anche un’ondata di proteste nel Paese.