Lo raggiungiamo al telefono ed è entusiasta di parlarne con noi. La mente corre subito a quando ha ricevuto la chiamata dall’Antoniano. «Qualche mese fa dallo Zecchino d’oro mi hanno contattato chiedendomi se avessi volontà, piacere, curiosità di provare a scrivere un testo per partecipare al concorso perché mi seguivano da tanto tempo, hanno hanno visto il successo anche dei miei libri per ragazzi e mi hanno fatto questa proposta. Io ho subito detto Wow, cioè è un sogno bellissimo».
Aveva già un testo pronto «che, però, parlava di principesse, ma mi hanno fatto notare che è un tema già molto battuto, molto raccontato e che serviva qualcosa di più originale. Per cui cosa ho fatto seduta stante? Proprio così, in 20 minuti ho buttato giù questo testo che aveva la cadenza di un rap e ho pensato che sarebbe stato divertente da far fare a un bimbo dello Zecchino d’oro. Il tema? La fragilità degli adulti, cioè la differenza fra debolezza e fragilità».
Voleva proprio raccontare «come in questo momento sia importante, soprattutto per le figure maschili, non celarsi più dietro questa maschera di forza, questa idea totalmente sballata che ci portiamo dietro dagli anni 80, “dell’uomo che non deve chiedere mai”. E no: oggi la vera forza è fare i conti con la propria fragilità, con i propri momenti di tristezza, di difficoltà, di crisi. E allora ho pensato, qual è l’animale che incarna di più il simbolo della forza? Il Leone. Però lo facciamo piangere, ed ecco Leone piagnone».
Che racconta la storia di una leoncina «che va a passeggio col suo papà per la Savana e a un certo punto il Leone, suo papà, si mette a piangere, gli viene un momento di difficoltà, si mette a piangere e, con grande calma e pazienza, le spiega che non c’è niente di male ad avere questi momenti, anzi, se vivi con il cuore è normale che succeda questo».
Nella seconda strofa, invece, arrivano le iene a prenderlo in giro perché sta piangendo. E arriva il secondo passaggio decisivo: «Io non ho paura della mia fragilità, debole non è chi non piange, ma chi finge un cielo sempre blu, chi fa finta che sia sempre tutto blu, tutto bello, tutto felice. Ho mandato il testo via mail alla responsabile dello Zecchino d’oro che è stata subito entusiasta e ha detto sì, bisogna assolutamente fare una canzone, perché è un tema molto attuale».
Enrico Galiano
Molto sentito anche dalle giovani generazioni di papà che si che si trovano oggi di fronte a questa sfida grande appunto «di essere dei padri più presenti, più amorevoli, più più più senza perdere la loro autorevolezza. Si è sempre sempre dei leoni, ma anzi aggiunge autorevolezza a un leone dichiarare senza problemi di piangere, di avere dei momenti anche di tristezza. D’altronde non non possiamo non ricordarci che i capisaldi della nostra cultura occidentale, gli eroi su cui abbiamo completamente edificato la nostra storia, la nostra letteratura, quindi Ulisse e Achille, sono tutti eroi che in certi momenti piangono, ma in maniera proprio plateale, e quindi non si vergognano delle proprie lacrime. Fa parte anche questo della loro forza».
Hanno cercato chi lo musicasse ed è arrivato «Sergio Cossu dei Matia Bazar che si è subito innamorato di questa canzone e ci ha visto dentro un ballabile, un’atmosfera un po’ alla Sunshine reggae. Un po’ mezzo reggae, appunto: una parte rap cantata da questa bambina che si chiama Carlotta, bravissima. E poi appunto il ritornello con il coro che arriva a descrivere questa sensazione di fragilità del Leone tra virgolette piagnone e mi ha colpito tantissimo. Ho visto amici e persone mature, solide, razionali commuoversi. Mi ha scritto Alberto Pellai per dirmi che è bellissimo il testo… Tocca corde che conosciamo un po’ tutti, uomini o donne, ci vogliamo nascondere dietro a questa maschera di forza. Se qualcuno ci aiuta con una canzone a dire “no, io sono anche fragile, fa parte del mio essere” suona un po’ come una liberazione commovente».