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Francia, la condanna di Le Pen scuote la politica

La leader del Rassemblement National farà ricorso contro la sua ineleggibilità. La trappola del populismo e il paradosso della normalizzazione del partito sullo sfondo del rapporto tra politica e magistratura

Guglielmo Gallone – Città del Vaticano

«Il paradosso è che la condanna di Marine Le Pen potrebbe garantire una certa normalizzazione del suo partito. Il Rassemblement National usa gli stessi stratagemmi degli altri, gli stessi imbrogli, e ne paga le conseguenze. Alla fine, sta diventando un partito come tutti gli altri. Ed è proprio ciò che voleva Marine Le Pen». Esordisce così Jean-Baptiste Noé, direttore della rivista di geopolitica «Conflits», parlando ai media vaticani e mettendo in luce un’interpretazione alternativa del fatto che sta facendo discutere la stampa internazionale.

La trappola del populismo

Certo, da un lato, prosegue Noé, «Le Pen è caduta nella sua stessa trappola. Ha sempre giocato la carta della purezza politica, presentando il suo partito come integro e gli altri come corrotti. Chiedeva persino l’ineleggibilità a vita per gli eletti condannati per appropriazione indebita di fondi pubblici e impieghi fittizi. E invece è proprio per questo che è stata condannata. È assurdo come nessuno, nel Rn, avesse previsto la condanna». Tuttavia, dall’altro lato, «Le Pen ha fatto ricorso, la sua ineleggibilità potrebbe essere revocata entro le presidenziali del 2027, la procedura non è finita e la sua carriera non è conclusa. Peraltro, è difficile immaginare Jordan Bardella come successore: ha 29 anni, nessuna esperienza politica e non ha completato gli studi». Allo stesso modo, sul fronte elettorale «non credo cambierà molto. Gli elettori del Rn sono arrabbiati ma fedeli alla causa. Per gli altri, le presidenziali sono lontane», evidenzia l’analista francese.

Le reazioni politiche

Inoltre non vanno sottovalutate le reazioni alla sentenza. Non stupisce certamente la solidarietà mostrata dal presidente Usa, Donald Trump, dall’imprenditore, Elon Musk, dall’ex presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, dal primo ministro italiano, Giorgia Meloni, e da quello ungherese, Viktor Orbán.  Sul fronte interno però tutto tace dall’Eliseo, mentre il primo ministro francese François Bayrou si è detto «colpito» dal verdetto e persino il leader di sinistra, Jean-Luc Mélenchon, ha commentato che «la scelta di destituire un leader politico spetta al popolo».

Caos alla francese

«La condanna di Le Pen è logica — osserva Noé — dato che ha utilizzato assistenti parlamentari pagati dal Parlamento europeo per lavorare presso la sede del suo partito. Il punto è che questa pratica è stata adottata anche da altri. In particolare da  Mélenchon, che però non è mai stato oggetto di indagine, e da  Bayrou, che ha un processo in corso. A scioccare non è tanto la condanna di Le Pen,  dato che c’è stata una colpa e le pene sono conformi alla legge votata dagli stessi politici nel 2016, quanto il fatto che Bayrou sia stato assolto e che non ci sia alcuna indagine su Mélenchon. Ecco perché  entrambi sono stati prudenti nelle loro reazioni: sanno di poter essere condannati per gli stessi fatti. La procura, del resto, ha fatto ricorso contro l’assoluzione di Bayrou. Le Pen pensava di essere assolta, come Bayrou. Ma per due casi simili ci sono stati due giudizi diversi. È per questo che la condanna appare molto politica».



Dal sito Vatican News

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