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Francesco: Cristo è risorto, facciamo germogliare la speranza della Pasqua


Nella Basilica vaticana, gremita di cinquemila fedeli, la Veglia solenne presieduta dal delegato del Papa, il cardinale Re, che ha letto l’omelia preparata dal Pontefice “spiritualmente presente”. La Risurrezione non risolve tutto in maniera magica, ma si fa strada poco a poco, anche in mezzo all’incredulità. Mentre soffiano ancora tanti venti di morte, e le ombre del male continuano la loro “marcia rumorosa sul mondo”, non perdiamoci d’animo e facciamo spazio alla luce del Risorto

Antonella Palermo – Città del Vaticano

“Facciamo spazio alla luce del Risorto! E diventeremo costruttori di speranza per il mondo”

È l’esortazione che suggella l’omelia del Pontefice per la Veglia pasquale nella Basilica di san Pietro, presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re e concelebrata da 34 porporati, 24 vescovi e 260 sacerdoti. Papa Francesco, che un paio d’ore prima dell’inizio della liturgia qui si è recato per un tempo di preghiera e per essere vicino ai fedeli che vi avrebbero partecipato, è così “spiritualmente presente” e consegna, nel testo letto dal decano del collegio cardinalizio, il suo incoraggiamento affinché siamo abitati dalla fiducia in Colui che vince ogni tenebra.

LEGGI QUI IL TESTO DELL’OMELIA DI PAPA FRANCESCO

Gremita di cinquemila persone, comprese quelle presenti in piazza, per questa notte santa, madre di tutte le veglie, la basilica ha visto compiersi il rito del “Lucernario”, cominciato nell’atrio con la benedizione del fuoco, che ha preparato la processione verso l’altare centrale della Confessione, il canto in latino dell’esultanza, il canto del preconio. Quel cero pasquale sul quale sono stati incisi una croce, l’Alfa e l’Omega, le cifre dell’anno giubilare 2025 e su cui sono stati infilati cinque grani di incenso, contagia di chiarore l’intero spazio sacro. Immersi in una solennità silenziosa, dapprima nel buio totale, ciascuno attinge una fiammella attraverso le candele dei vicini. Così lo sguardo si può ampliare mentre progressivamente avanza la luce che tutto adorna. La Liturgia della Parola ripercorre la storia della salvezza, dall’evangelista Luca si rivive la scena della pietra rimossa dal sepolcro.


I tre catecumeni   (VATICAN MEDIA Divisione Foto)

Tre catecumeni, due italiani e una donna albanese, ricevono i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Su di loro l’invocazione della misericordia di Dio perché li guidi al fonte della rigenerazione. Tra le intenzioni della preghiera universale, il pensiero ai governanti perché siano ispirati nella “ricerca della vera pace” e alle vittime della guerra, perché siano ricolmate di speranza. 

Dio ci libera da una religiosità astratta

Lo splendore della Risurrezione del Signore avviene alle prime luci dell’alba, quando ancora “il buio avvolge lo sconcerto e la paura dei discepoli”, ricorda il Papa nell’omelia. Lontano da ogni clamore, piano piano, si fa breccia un barlume. Nell’assoluta discrezione ecco un chiarore, riflesso dello stile di Dio, che nel silenzio è capace di sconvolgere la storia, di ribaltare le sorti umane. Nulla è semplice, nulla è scontato. Perché di mezzo c’è proprio la libertà dell’uomo e “le ombre di morte che spesso si addensano sul mondo”. È dunque un fatto strepitoso nella sua portata ma non è un fuoco d’artificio; si affida, in virtù dell’incarnazione, alla custodia e alla cura delle creature. Uno stile, quello di Dio, che “ci libera da una religiosità astratta, illusa dal pensare che la risurrezione del Signore risolva tutto in maniera magica”.

La Pasqua del Signore non è un evento spettacolare con cui Dio afferma sé stesso e obbliga a credere in Lui; non è una mèta che Gesù raggiunge per una via facile, aggirando il Calvario; e nemmeno noi possiamo viverla in modo disinvolto e senza esitazione interiore. Al contrario, la Risurrezione è simile a piccoli germogli di luce che si fanno strada a poco a poco, senza fare rumore, talvolta ancora minacciati dalla notte e dall’incredulità. 

Bruciano le ferite della violenza, ma una vita nuova ci attende

Il Papa invita a sentire profondamente, “soprattutto nell’anno giubilare”, la chiamata a far crescere la speranza. Deve riempire il cuore, scrive Francesco, certi di essere al sicuro nelle “mani di Dio”, sebbene le luci interiori e dell’umanità siano ancora fioche. L’importante è diventare “testimoni credibili” in un cammino dove la meta è sempre un traguardo, mai compiuta del tutto.

Quando sentiamo ancora il peso della morte dentro il nostro cuore, quando vediamo le ombre del male continuare la loro marcia rumorosa sul mondo, quando sentiamo bruciare nella nostra carne e nella nostra società le ferite dell’egoismo o della violenza, non perdiamoci d’animo, ritorniamo all’annuncio di questa notte: la luce lentamente risplende anche se siamo nelle tenebre; la speranza di una vita nuova e di un mondo finalmente liberato ci attende; un nuovo inizio può sorprenderci benché a volte ci sembri impossibile, perché Cristo ha vinto la morte.

Il cardinale Re presiede la Veglia pasquale

Il cardinale Re presiede la Veglia pasquale   (VATICAN MEDIA Divisione Foto)

Portare la speranza della Pasqua a ciascuno e a tutti

Essere “costruttori di speranza mentre tanti venti di morte soffiano ancora su di noi”: questo ribadisce ancora il Papa citando Sant’Agostino e il suo monito a riprodurre ciascuno nella propria vita il “mistero” della morte e della risurrezione di Gesù. Si tratta di compiere scelte ispirate al Vangelo per portare a ciascuno la speranza della Pasqua. Francesco offre un verso di una mistica del duecento, Hadewijch di Anversa, che ispirandosi al Cantico dei Cantici descriveva la sofferenza per la mancanza dell’amato invocando che ci fosse nella sua tenebra una svolta. Cristo risorto è quella “svolta definitiva”, precisa il Pontefice che, infine, cita anche alcuni passaggi tratti dalle Preghiere dal silenzio di H. Nouwen: “[…] sebbene Dio sembri molto lontano e noi rimaniamo assorbiti da tante piccole realtà, il nostro Signore cammina sulla strada con noi. […] Vi sono molti raggi di speranza che gettano luce sul cammino della nostra vita”.

Possiamo farlo con le nostre parole, con i nostri piccoli gesti quotidiani, con le nostre scelte ispirate al Vangelo. Tutta la nostra vita può essere presenza di speranza. Vogliamo esserlo per coloro ai quali manca la fede nel Signore, per chi ha smarrito la strada, per quelli che si sono arresi o hanno la schiena curva sotto i pesi della vita; per chi è solo o si è chiuso nel proprio dolore; per tutti i poveri e gli oppressi della Terra; per le donne umiliate e uccise; per i bambini mai nati e per quelli maltrattati; per le vittime della guerra. 



Dal sito Vatican News

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