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Così il dialogo interreligioso diventa fermento di fraternità



Padre Stefano Luca introduce uno dei panel all’Abrahamic Family House

Padre Stefano Luca, rettore della Chiesa di San Francesco presso la Abrahamic Family House di Abu Dhabi è il direttore dell’Ufficio per il dialogo interreligioso ed ecumenico del Vicariato Apostolico dell’Arabia Meridionaledi Abu Dhabi nonché l’ideatore della prima edizione della “formazione e condivisione nell’ambito del Documento sulla Fratellanza Umana e le sue ricezioni/risonanze”.  Un evento che ha visto coinvolti 15 delegati della Conferenza episcopale italiana, ad Abu Dhabi dall’8 al 12 febbraio.
Un’occasione di formazione unica nel suo genere, come è nata l’idea?
«Fin da quando sono arrivato negli Emirati ho iniziato a pensare come sarebbe stato bello poter condividere con coloro che lavorano come incaricati regionali per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso una realtà così unica come quella che speriamentiamo negli Emirati. Il cammino di coesistenza e la cultura del dialogo che qui si stanno incarnando sono davvero interessanti e stimolanti. Dato che prima di partire per la missione nel Golfo sono stato per cinque anni consultore per i rapporti con i musulmani presso la Cei, ho immaginato questa proposta di formazione per l’Ufficio per il Dialogo Ecumenico e Interreligioso (UNEDI), diretto da don Giuliano Savina».
Nella pratica, qual è stata la proposta?
«Mezza giornata di formazione teorica presso la chiesa di San Francesco, e mezza giornata di visite di luoghi religiosi. Con un duplice intento: approfondire la comprensione teologica cattolica del documento Fratellanza Umana e far fare esperienza delle sue recezioni nel Vicariato Apostolico dell’Arabia Meridionale». 

L'Abrahamic Family House di Abu Dhabi, costituita da quattro luoghi fondanti: la chiesa, la moschea, la sinagoga e un forum adibito agli incontri.


L’Abrahamic Family House di Abu Dhabi, costituita da quattro luoghi fondanti: la chiesa, la moschea, la sinagoga e un forum adibito agli incontri.




Quante persone hanno partecipato? 
«Quindici incaricati regionali provenienti da undici regioni ecclesiastiche della Cei e cinque delegati del vicariato apostolico dell’Arabia Meridionale. Abbiamo incontrato esperti e teologi fra cui il vicario apostolico dell’Arabia Meridionale, il vescovo Paolo Martinelli, e il presidente della commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, il vescovo Derio Olivero». 
Quali i temi trattati?
«Abbiamo comparato la cura pastorale del dialogo nei due rispettivi Uffici, quello del Vicariato e quello della Cei, per comprendere e interrogarci sugli obiettivi e sulle prospettive teologiche dei due Uffici. Poi abbiamo riflettuto sulle migrazioni e su come ridisegnino il volto della Chiesa. Ancora, abbiamo approfondito il Manifesto della Teologia Dal Mediterraneo e scoperto la storia della Chiesa cattolica nella Regione del Golfo, presentando quella che io chiamo la nuova frontiera del dialogo interreligioso: la “Teologia delle Differenze”. Infine, una giornata dedicata al dialogo ecumenico con l’arcivescovo armeno ortodosso Mesrob Sarkissian e il direttore esecutivo e il responsabile dell’Ufficio degli Affari Religiosi dell’Abrahamic Family House, per comprendere la visione che il Paese ha della coesistenza pacifica e del dialogo interreligioso».
Quali luoghi vi hanno ispirato?
«Innanzitutto i quattro fondanti l’Abrahamic Family House: la chiesa di San Francesco, la sinagoga Mosè Maimonide, la moschea Sua Eminenza Ahmed al-Tayyeb e il forum adibito agli incontri e laboratori interreligiosi. Poi abbiamo visitato un tempio Sikh, un paio di templi Hindu, una chiesa greco ortodossa, una copta, un’anglicana e la grande moschea di Sheikh Zayed. Durante le queste visite abbiamo sempre avuto modo di incontrarne e dialogare con i responsabili religiosi, facendo esperienza sul terreno delle migliori pratiche di coesistenza e dialogo degli Emirati». 

I partecipanti alla chiesa copta di Dubai


I partecipanti alla chiesa copta di Dubai

Che svolta ha dato papa Francesco, sul tema della Fratellanza umana?
«Un cambiamento radicale, nell’ottica di un incontro che, nel cammino comune verso la pace, non porti all’uniformità ma all’unità. Il viaggio apostolico del Santo Padre e la firma del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune ha avvicinato molto la cristianità al cuore dei locali. Oggi non passa giorno senza che qualcuno mi chieda come sta il Papa: lo sentono tutti vicino. Personalmente, di tutta l’intensità del documento mi accompagna un pensiero in particolare: “Adottare la cultura del dialogo come via della collaborazione”».
Da allora sono passati cinque anni, cosa è cambiato negli Emirati?
«C’è stata un’accelerata delle relazioni belle, amicali, e delle possibilità di vita di fede nel Paese. Fino a qualche anno fa ci si sentiva in imbarazzo ad appendere il Rosario in macchina, era legale ma ci si sentiva osservati. Oggi invece, è normale, la sensibilità sta cambiando, la cattolicità qui sta lavorando in maniera significativa sul dialogo. Nei soli Emirati la Chiesa comprende un milione di cattolici frequentanti, di più di 100 nazionalità diverse: una Chiesa migrante, del tutto vibrante, in cui diversi riti cattolici s’incontrano arricchendosi e stimolandosi. Oltre alla settimana di formazione, il segno più tangibile è poi l’Abrahamic Family House, la Casa della famiglia: sorge al centro del distretto della cultura, qui ad Abu Dhabi, fra musei e università. Si tratta di tre case di culto distinte che si arricchiscono con le differenze».

La visita alla cattedrale di San Giuseppe


La visita alla cattedrale di San Giuseppe



Quali i frutti dalla settimana di formazione?
«Sono convinto che il programma possa aiutare a riconoscere e accogliere le differenze che abbiamo tra differenti religioni, senza mai superarle. Parafrasando quanto disse papa Francesco in occasione del secondo anniversario del Documento Fratellanza Umana, questa nostra formazione celebra l’unità nelle differenze, l’unità non l’uniformità. Camminare insieme è il modo migliore per testimoniare al mondo che una vita senza Dio perde la sua umanità, diventa una vita inumana».
Dalla delegazione italiana, che riscontri avete avuto?
«Molto buoni. ll vescovo Olivero ritiene sarà fondamentale raccontare di questa formazione a tutti i vescovi Italiani durante la prossima Assemblea generale della CEI, per comunicare agli altri vescovi uno nuovo sguardo di come “essere Chiesa”, di come “essere dialogo” e di come tutto questo possa essere importante per la società italiana».
Quali saranno, quindi, i prossimi passi?
«Per il nostro Vicariato e il ministero che svolgiamo presso l’Abrahamic Family House, il desiderio ora è quello di invitare altre Conferenze episcopali a questo nostro percorso di scambio e formazione: desideriamo condividere buone pratiche, esperienze e soprattutto crescere nella capacità di dialogo interreligioso ed ecumenico. L’idea è di ripete l’evento fra un anno e mezzo massimo due». 

Qui i video degli incontri dei delegati Unedi ad Abu Dhabi





Dal sito Famiglia Cristiana

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