Secondo una definizione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Corte dei Conti è «un organo di rilevanza costituzionale, posto al servizio anche dello Stato-comunità e garante imparziale della corretta gestione delle risorse pubbliche» (Discorso, inaugurazione anno giudiziario 14 febbraio 2025).
Che cosa fa la Corte dei Conti
Come stabilito dall’articolo 103 della Costituzione, la Corte dei Conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito».
Perché questo compito possa essere svolto con trasparenza e imparzialità, «la legge assicura l’indipendenza» della Corte dei conti e dei magistrati contabili, suoi componenti «di fronte al Governo», al pari di quanto avviene per il Consiglio di Stato, massimo organo della giurisdizione amministrativa. La Corte dei conti esercita le funzioni di magistratura contabile, ragione per la quale è importante sottolinearne e salvaguardarne l’indipendenza.
Come recita la stessa presentazione nel sito ufficiale della Corte, nell’«ordinamento democratico è previsto che la gestione delle risorse pubbliche sia sottoposta ad un controllo il cui scopo è quello di “perseguire l’utilizzo appropriato ed efficace dei fondi pubblici, la ricerca di una gestione finanziaria rigorosa, la regolarità dell’azione amministrativa e l’informazione dei poteri pubblici e della popolazione tramite la pubblicazione di relazioni obiettive”, nell’ordinamento italiano questa funzione fondamentale è attribuita alla Corte dei conti».
Un po’ di storia
La sua istitituzione originaria risale, però, al Regno d’Italia e alla legge 800/1862, precede dunque la Costituzione repubblicana. «Nell’architettura costituzionale la Corte è inserita sia tra gli organi di garanzia della legalità e del buon andamento dell’azione amministrativa e di tutela degli equilibri di finanza pubblica (art. 100, secondo comma) sia tra gli organi giurisdizionali (art. 103, secondo comma). Da detta doppia investitura deriva la centralità del ruolo di garanzia della corretta gestione delle pubbliche risorse della Corte dei conti che, nell’esercizio delle funzioni di controllo, è organo neutrale, autonomo ed indipendente sia rispetto al Governo che al Parlamento, e, nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, fa parte a tutti gli effetti dell’ordine giudiziario».
Riforma in corso: amministrazione più efficiente o liberi tutti sui conti pubblici?
A proposito di Corte dei Conti, nella notte l’1 e il 2 aprile, ha ottenuto voto favorevole in Commissione Giustizia e Affari Costituzionali il Disegno di legge Foti (dal nome del ministro per gli Affari europei Tommaso Foti): una controversa riforma, programmata in aula alla Camera lunedì 7 aprile e approvata l’8 dal primo dei due rami del Parlamento.
Alla base della riforma a detta di chi la propone ci sarebbe l’obiettivo di rendere la Pubblica amministrazione più spedita nelle decisioni, eliminando la cosiddetta «paura della firma», ossia quell’atteggiamento di cautela che porterebbe i responsabili degli uffici pubblici a non agire, per timore di essere chiamati a rispondere dei propri atti, rifugiandosi in attendismo e in forme di burocrazia difensiva.
La formula è la stessa con cui è stata spiegata la contestata decisione di abolire del tutto il reato di abuso di ufficio, anziché riformularlo con una tipizzazione meglio definita come avrebbero suggerito gli impegni sovranazionali contro la corruzione presi con la convenzione di Merida (Convenzione Onu per il contrasto alla Corruzione) e la necessità di tutelare in qualche modo il cittadino danneggiato dagli atti contrari ai doveri d’ufficio del pubblico funzionario.
Anche in questo caso le critiche non vengono solo dalle opposizioni e dalla stessa corte, ma spingono una testata non tacciabile di estremismo come il Sole24ore a definire icasticamente la riforma come «salvapolitici», per il rischio ridotto degli amministratori di essere chiamati a rispondere per danno erariale salvo casi di dolo e per lo speculare rischio di non vigilare abbastanza sull’utilizzo appropriato delle risorse pubbliche, facendo ricadere la gran parte dell’eventuale danno in capo alla collettività, dato che, ogni volta che risorse pubbliche vengono distratte o spese in modo inappropriato o inutile, il loro costo, se non sanato da chi è chiamato a risponderne, ricade sull’intera cittadinanza.
I punti controversi
Diversi i punti critici. Uno riguarda il cosiddetto emendamento emendamento Montaruli- Sbardella, dal nome di due parlamentari Fdl che lo hanno proposto, per cui «i titolari degli organi politici» (possono essere sindaci, presidenti, assessori, consiglieri…) sono sempre presunti in «buona fede», almeno «fino a prova contraria» per tutti gli «atti adottati nell’esercizio delle proprie competenze» che sono stati «proposti, vistati o sottoscritti dai responsabili degli uffici tecnici o amministrativi». Salvo i casi di dolo e quelli in cui era arrivato un parere contrario all’atto specifico, ci sarebbe secondo i critici della riforma, una sorta di salvacondotto che abbraccerebbe anche i casi di colpa grave e grave negligenza.
E a proposito di pareri, il potere consultivo preventivo della Corte ne uscirebbe ampliato, allargando la possibilità per amministratori e referenti politici di chiedere pareri alla Corte, anche al di fuori delle materie e delle circostanze finora previste, istituendo un silenzio-assenso che valga quanto un parere positivo, che si tradurrebbe in una sorta di scudo preventivo.
L’altro tema controverso è il fatto che la magistratura contabile non potrà richiedere di risarcire il danno oltre il 30% della somma e comunque non oltre il doppio dell’indennità percepita dalla persona che ne risulta responsabile. Ciò determinerebbe il fatto che in molti casi il 70% delle somme andrà dato automaticamente per perso, perché non potrà essere recuperato.
Inoltre l’Associazione della magistratura contabile denuncia in un comunicato i rischi di «impoverimento e svuotamento delle funzioni nella Corte», con «gravi ricadute sui cittadini che hanno il diritto di avere un giudice indipendente, autonomo e garante del corretto utilizzo dei loro soldi». In particolare preoccupano i magistrati contabili: «confusione delle funzioni, gerarchizzazione delle procure, forme di controllo a richiesta del controllato, segretazione di alcune delibere del controllo, pareri della Corte che scudano la responsabilità di amministratori pubblici, presunzione di buona fede dei politici. È chiaro soltanto – conclude la nota – che si lascia il Paese orfano di un effettivo controllo delle finanze pubbliche».
Che cos’è lo “scudo erariale” e perché scade
La riforma mira a superare il cosiddetto “scudo erariale»: la sospensione della responsabilità erariale per colpa grave, introdotta nell’urgenza ed emergenza di snellire le decisioni in piena pandemia, nell’estate 2020 limitando ai soli casi di dolo e colpa grave per omissione la responsabilità erariale.
Da allora lo scudo è stato più volte prorogato fino all’ultimo milleproroghe con scadenza il 30 aprile prossimo. Una ulteriore proroga non è probabile, perché la Corte Costituzionale nel giugno 2024 (132/2024) interpellata sul tema ha specificato che la previsione del c.d. scudo erariale è legittima soltanto se temporanea e strumentale a fronteggiare esigenze straordinarie di necessità ed urgenza. Ragion per cui una ulteriore proroga, se rimessa alla Consulta, potrebbe essere dichiarata incostituzionale.
Per questo motivo la maggioranza avrebbe come obiettivo di assicurarsi la riforma della Corte dei conti entro quella scadenza. Ma questo sarebbe possibile solo se il testo fosse come si suol dire blindato ossia non passibile di correttivi ed emendamenti, per questione di tempi tecnici. Possibile in ogni caso che la prima approvazione alla Camera possa bastare per assicurarsi un altra proroga dello “scudo” avendo dimostrato il Governo di essersi attivato per superarlo.
Che cosa ne pensa l’Osservatorio conti pubblici italiani dell’Università Cattolica
«Il ddl Foti», osservava il 7 febbraio scorso, quando ancora il percorso del Ddl non era stato accelerato in vista di una approvazione di un testo blindato che limiterebbe il vaglio del Parlamento, in un articolo intitolato Il disegno di legge Foti: attacco alla Corte dei conti o misura di efficientamento?, Alessio Capacci, «ha il merito di voler riformare il sistema della responsabilità amministrativa al fine di garantire una maggior efficienza della PA, e di farlo attraverso l’azione del parlamento. Tuttavia, occorre evitare di abbassare troppo la guardia. Rendere possibile una richiesta di controllo preventivo, al di sopra di certi importi, è ragionevole, ma come proposto dalla Corte costituzionale dovrebbe essere accompagnato da un rafforzamento dell’efficacia di intervento della Corte dei conti. Tipizzare meglio la colpa grave sarebbe in ogni caso utile e ridurrebbe la paura della firma (assumendo che sia questo il problema che frena l’efficienza della PA e non la mancanza di incentivi, come riteniamo). Inoltre, ridurre i tempi di risposta della Corte richiede una sua riorganizzazione per evitare che i suoi controlli siano sostanzialmente aggirati».