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Congregazione generale, dom Ogliari: il Conclave sia aperto alla libertà dello Spirito


Nella sesta riunione dei cardinali riuniti in vista dell’elezione del Successore di Pietro, l’abate benedettino di San Paolo fuori le mura ha esortato a porre al centro Cristo, per una Chiesa aperta alla fraternità e al dialogo, che operi per il bene del mondo e per la pace

Isabella Piro – Città del Vaticano

Il Conclave non sia un “luogo chiuso a chiave” (come dice il termine stesso), bensì un “Cenacolo” spalancato sul mondo intero, in cui prevalga “la libertà dello Spirito” che “ringiovanisce, purifica, crea”. È l’auspicio espresso dall’abate benedettino di San Paolo fuori le mura, dom Donato Ogliari che stamani, 29 aprile, nell’Aula nuova del Sinodo, ha tenuto la meditazione iniziale della sesta Congregazione generale. Vi hanno preso parte i cardinali giunti a Roma in vista del conclave, che avrà inizio il 7 maggio e dovrà eleggere il successore di Papa Francesco. Lo Spirito, ha auspicato l’abate, sia “il protagonista principale” dei dialoghi, delle “dinamiche, talora dialettiche” che caratterizzano “ogni consesso umano”, affinché accenda le menti e illumini gli occhi” per “il bene della Chiesa e del mondo intero”.

Un momento cruciale per la Chiesa

In apertura della meditazione, dom Ogliari ha evidenziato come, “in un momento così gravido di conseguenze per la Chiesa”, come quello della scelta del Pontefice, sia necessario ricomporre animo, mente cuore attorno alla persona di Gesù: è Lui, infatti, che la Chiesa “è chiamata ad annunciare e a testimoniare al mondo”. E se “al centro della missione” non ci fosse Cristo, allora la Chiesa sarebbe solo “un’istituzione fredda e sterile”. Di qui, l’esortazione del benedettino a “riposizionarsi” ogni giorno su questa certezza, perché solo così sarà possibile evitare di “essere fagocitati dalle lusinghe del mondo e dalle facili vie di fuga che esso ci prospetta”. Cristo, ha aggiunto dom Ogliari, sia respiro, bussola e stella polare del Collegio cardinalizio.

Essere aperti, coraggiosi e profetici 

Al contempo, l’abate di San Paolo fuori le mura, ha richiamato l’importanza di apprendere da Gesù la mitezza e l’umiltà, l’amore misericordioso e compassionevole: una Chiesa così radicata, infatti, è “aperta, coraggiosa, profetica”, “aborrisce parole e gesti violenti”, si fa voce di chi non ha voce. Una Chiesa radicata in Cristo, ha proseguito, è “maestra di fraternità”, improntata al rispetto, al dialogo, alla “cultura dell’incontro e alla costruzione di ponti e non di muri, come ci ha sempre invitato a fare Papa Francesco”.

Un momento della sesta Congrazione generale dei cardinali

Un momento della sesta Congrazione generale dei cardinali   (VATICAN MEDIA Divisione Foto)

Continuare a guardare agli ultimi della terra 

Madre e non matrigna, lontana dall’autoreferenzialità, pronta a raggiungere quei “fratelli e sorelle in umanità” che non fanno parte di essa, la Chiesa radicata in Cristo è soprattutto quella che pone al centro gli scartati, i poveri, i diseredati, gli ultimi. Al riguardo, dom Ogliari si è soffermato sulla “categoria teologica” introdotta dal compianto Papa Bergoglio, secondo la quale la povertà, prim’ancora di essere un problema sociologico ed etico, è “una questione che interessa la dottrina”. Per questo, il benedettino si è detto certo che la Chiesa “non mancherà di continuare a tenere gli occhi e i cuori spalancati sugli ultimi della terra”, sognando “anche ciò che sembra impossibile”.

Il cammino sinodale: partecipazione e rinnovamento 

Esortando poi i presenti a “sottoporsi allo scrutinio dello Spirito” per purificare i cuori da tutto ciò che “non collima con il pensiero di Cristo”, dom Ogliari ha richiamato l’importanza dell’unità e della comunione della Chiesa, intese come “unità plurale e comunione diversificata”, nelle quali l’alterità è vista come “una possibilità di confronto rispettoso e dialogico, di ricerca di cammini creativi” da percorrere insieme. Da qui è scaturita la riflessione sul “cammino sinodale” il quale – ha detto dom Ogliari – accanto a “qualche perplessità o stallo”, ha comunque prodotto “partecipazione e rinnovamento in ogni angolo di mondo”. In quest’ottica, l’abate benedettino ha esortato a “una saldatura feconda” tra la Chiesa come istituzione gerarchica e la Chiesa come fedeli laici, entrambe essenziali per la costruzione di una Chiesa come comunione. In tale prospettiva, il cammino o processo sinodale può rendere più efficace la missione della Chiesa nella società, avviando circoli virtuosi tra comunione, partecipazione e missione.

Le sfide della Chiesa nel mondo 

Ampio spazio della sua meditazione, poi, dom Ogliari l’ha dedicato alle sfide della Chiesa nel mondo, citando il mutamento antropologico, le guerre fratricide, le autocrazie e i nazionalismi, i liberismi post-capitalisti basati sul puro profitto, la devastazione del Creato, i rischi connessi alle nuove tecno-scienze, le migrazioni e “l’incapacità della politica di trovare soluzioni che rispettino il principio sacro dell’accoglienza, della solidarietà e dell’inclusione”; la secolarizzazione “pervasiva e invasiva” soprattutto delle società occidentali. Tutti crocevia, ha sottolineato l’abate, davanti ai quali la Chiesa è chiamata a perseguire “senza timore” la via del dialogo, “intensificato da Papa Francesco su tuti i fronti”, in quanto “elemento costitutivo della missione” ecclesiale.

Le sfide interne alla Chiesa 

Non ha mancato, dom Ogliari, di fare riferimento anche alle sfide interne della Chiesa, quali “la piaga purulenta” degli abusi, la rarefazione delle vocazioni sacerdotali e religiose, la ricerca di nuovi linguaggi per l’uomo di oggi, il ruolo della donna, il rischio del clericalismo e della burocratizzazione del ministero sacerdotale. Tutto questo, ha aggiunto, non è “sterile autocommiserazione”, bensì sprone a ricordare al contempo “l’immenso bene che la Chiesa compie a qualsiasi latitudine”, anche là dove professare la fede cristiana comporta “ostracismo o morte”. Di qui, l’invito a vedere, tra le pieghe di tante sfide, “la presenza viva del Risorto” che accompagna la sua Chiesa anche tra le difficoltà della storia.

Alcuni cardinali nell'Aula nuova del Sinodo

Alcuni cardinali nell’Aula nuova del Sinodo   (VATICAN MEDIA Divisione Foto)

Pazienza e speranza

Il benedettino è poi ricorso ad un’ulteriore immagine per rappresentare la Chiesa: quella della bottega di un vasaio, ovvero il Signore. Egli infatti plasma l’argilla per creare qualcosa di “bello e significativo” e con la sua opera paziente insegna a “perseverare, a non perdersi d’animo, a non arrendersi” di fronte ai fallimenti. In fondo, come insegnava Papa Bergoglio, la pazienza “ha molto a che fare con la speranza”, della quale è sia figlia che sostegno. In quest’ottica, ha aggiunto dom Ogliari, “una Chiesa sa pazientare è una Chiesa che sa sperare, appassionata di futuro”, dal quale Dio viene incontro all’umanità.

Il modello di Santa Caterina da Siena

Infine, nel giorno in cui in Italia e in Europa ricorre la festa liturgica di Santa Caterina da Siena, l’abate di San Paolo fuori le mura ha invitato i cardinali a guardare a colei che – “pazza d’amore per Cristo” – si adoperò incessantemente “per la riforma e l’unità della Chiesa, per la pace e per il Papa”. 



Dal sito Vatican News

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