Nevianonline.it
Sito ufficiale della Parrocchia Matrice San Michele Arcangelo. Neviano Lecce.

Conclave, ecco chi sono i cardinali papabili e perché si parla di loro


Il vecchio adagio che accompagna ogni Conclave che “chi entra Papa esce cardinale” potrebbe confermarsi anche stavolta. O forse no, chissà. Nel 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II, uno dei papabili era sicuramente l’allora cardinale decano, Joseph Ratzinger. Che nel chiuso della Sistina fu eletto Papa dopo quattro scrutini e due giorni di Conclave. Nel 2013, dopo la rinunzia dello stesso Ratzinger, il nome di Jorge Mario Bergoglio non era ai primi posti tra i papabili. E la sua elezione fu, per molti, una sorpresa.

E adesso? I nomi dei possibili successori di papa Francesco circolano da settimane, sono diversi, abbracciano sensibilità, nazioni, esperienze, ruoli e tradizioni differenti, com’è giusto che sia in un collegio cardinalizio che più internazionale non si può (133 elettori provenienti da 71 paesi, 12 dei quali per la prima volta rappresentati nella Sistina: Haiti, Capo Verde, Papua Nuova Guinea, Svezia, Lussemburgo, Sud Sudan) e che rispecchia perfettamente l’universalità della Chiesa, periferie comprese. Da Roma ai confini del globo. Ne sa qualcosa John Atcherley Dew, 77 anni, arcivescovo emerito di Wellington, ovvero il pastore della capitale più a sud del mondo. Dalla sua Nuova Zelanda la Cappella Sistina dista oltre tre ore di viaggio e tre scali aerei. Un viaggio oceanico al quale, però, il porporato non ha nessuna intenzione di rinunciare. Chi sono, dunque, i papabili e perché viene fatto il loro nome?

GLI ITALIANI

Partiamo dagli italiani. L’italiano è ancora la lingua “naturale” della Chiesa cattolica, dopo il latino, anche perché il Papa è il vescovo di Roma. E l’italiano sarà anche la lingua ufficiale del Conclave, con la presenza di traduttori e interpreti per aiutare i cardinali che non lo conoscono, come ha spiegato la Sala Stampa vaticana. Ma la “centralità” della fede e del numero dei cattolici, in Italia come nel resto d’Europa e dell’Occidente, va assottigliandosi sempre di più mentre è in piena esplosione in Asia (che ha 23 cardinali elettori) e in Africa (18) ed è maggioranza in America Latina (17).

E infatti, dopo Albino Luciani, l’ultimo Papa italiano, ci sono stati il polacco Giovanni Paolo II, il tedesco Benedetto XVI e l’argentino Francesco. Ora i papabili italiani sono almeno tre: Pietro Parolin, 70 anni, veneto di Schiavon (Vicenza), lunga carriera diplomatica nella Santa Sede e Segretario di Stato di Francesco che gli ha affidato la delicata “regia” dell’Accordo con la Cina per la nomina dei vescovi, in attesa di ristabilire piene relazioni diplomatiche e, chissà, di vedere un giorno il successore di Pietro nella Repubblica Popolare; Matteo Zuppi, 69 anni, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che arriva dalle fila della Comunità di Sant’Egidio; Pierbattista Pizzaballa, 60 anni, Patriarca latino di Gerusalemme. L’annuario pontificio lo annovera tra i cardinali asiatici, il fatto di aver trascorso trent’anni in Medio Oriente lo rende, forse, il meno “italiano” degli italiani ma in questi ultimi anni con la guerra a Gaza ha dimostrato ottime doti diplomatiche e di interlocuzione con i leader in una situazione molto delicata e complessa.

Non mancano, tra i 19 italiani elettori, anche altre personalità che potrebbero emergere come Claudio Gugerotti, 69 anni, Prefetto del dicastero delle Chiese orientali, Fernando Filoni, 79 anni, diplomatico di lungo corso e anche in luoghi caldi come l’Iraq della fine del regime di Saddam Hussein e la guerra del 2003 scatenata dagli Stati Uniti; Paolo Lojudice, 60 anni, arcivescovo di Siena e già vescovo ausiliare di Roma, nominato in entrambi i casi proprio da Francesco.



Il cardinale Pietro Parolin durante la Messa in suffragio di papa Francesco e per il Giubileo degli adolescenti a San Pietro il 27 aprile scorso (Ansa)

Taglie e Lazzaro tra gli asiatici

  

Tra gli asiatici, spicca la figura di Louis Antonio Tagle, 67 anni, già arcivescovo di Manila, capitale di quelle Filippine dove i cattolici sono 85 milioni, quasi il 90 per cento della popolazione. Studi dai Gesuiti, entra giovanissimo in seminario e viene ordinato sacerdote a 24 anni, nel 1982. Dopo gli anni di formazione alla Catholic University of America, torna nelle Filippine dove inizia a farsi notare come teologo raffinato e comunicatore efficace. Parla filippino, inglese, italiano, spagnolo e francese. A 44 anni Giovanni Paolo II lo nomina vescovo di Imus. Benedetto XVI lo sceglie prima come arcivescovo di Manila nel 2011 e poi lo crea cardinale l’anno successivo. Nel 2013 partecipa al conclave che elegge Papa Francesco, il quale nel 2019 lo chiama a guidare l’allora Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Dal 2015 al 2023 è stato anche presidente della Caritas Internationalis.

La stampa asiatica l’ha definito il “Francesco d’Asia” perché lo stile pastorale ricorda molto quello di Bergoglio. E mentre altri suoi “colleghi” si tengono lontano dai social, lui li frequenta con grande disinvoltura con l’account su Facebook che supera i 600mila follower. È diventato virale in questi giorni un suo video in cui canta Imagine di John Lennon.

Sempre nell’area asiatica, un altro dei cardinali papabili è il sudcoreano You Heung-sik, 73 anni, che, quando decise di battezzarsi a 16 anni, scelse il nome di Lazzaro. «Io sono Lazzaro, povero perché anch’io come Lazzaro, l’amico di Gesù, sono un risuscitato, un graziato», avrebbe poi raccontato all’Osservatore Romano nel 2023. Giovanni Paolo II lo nominò vescovo ausiliario di Daejeon nel 2003; Benedetto XVI nel 2007 lo volle in Vaticano come membro del Consiglio pontificio Cor Unum; e infine Francesco che lo creò cardinale nel 2022, dopo averne apprezzato le qualità umane e dottrinali già nel viaggio in Corea del Sud compiuto nel 2014 e dove, nel 2027, si svolgerà la prossima Giornata mondiale della Gioventù. Oggi è Prefetto del Dicastero per il Clero, e in passato è stato a capo del Comitato per la pace della Conferenza episcopale coreana e si è recato quattro volte nella Corea del Nord, «tenendo ben presente nel cuore la preghiera e la speranza della pace e della riconciliazione nella penisola coreana».

Nato a Nonsan nel 1951, ultimo di quattro figli, il futuro cardinale ha imparato presto il significato terribile, senza appello, che porta la guerra: suo papà morì infatti combattendo contro «i fratelli del Nord», scesi nel 1950 per riunificare l’intera Penisola sotto il dominio della «Stella eterna» comunista, allora incarnata dal dittatore Kim Il-sung. Ha raccontato la sua storia nell’intervista biografica, Come la folgore che viene da Oriente, pubblicata dalle Edizioni San Paolo nel 2023.


Besungu e Sarah i nomi dell’Africa

Tra i porporati africani papabili, spicca il cardinale congolese Fridolin Ambongo Besungu, 65 anni, arcivescovo di Kinshasa, frate cappuccino, creato cardinale da Francesco nel 2019 e nel 2020 chiamato a fare parte del C9, il Consiglio dei cardinali chiamati a coadiuvare il Papa per la riforma della Curia Romana e che ha portato alla promulgazione, nel 2022, della Costituzione apostolica Praedicate Evangelium. Besungu è stato dipinto come un profilo “conservatore” quasi ostile a Bergoglio e alla sua linea pastorale, ma in realtà non è cosi. Il cardinale congolese si è fatto interprete, insieme a molti suoi colleghi africani, del dissenso verso Fiducia supplicans, il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla benedizione alle coppie omosessuali, ma su tutti gli altri temi ha sempre avuto grande sintonia con Francesco come, ad esempio, il metodo sinodale e la netta denuncia dello sfruttamento delle ricchezze africane da parte dell’Occidente, il «colonialismo economico» contro cui tuonò Bergoglio nel suo viaggio in Congo nel 2023.

Nato il 24 gennaio 1960 a Boto, nella diocesi settentrionale di Molegbe, Ambongo Besungu ha frequentato i corsi di Filosofia nel Seminario di Bwamanda e di Teologia presso l’Istituto Saint Eugène de Mazenod della capitale congolese. Ha emesso la prima professione nei Frati Minori Cappuccini nel 1981 e quella perpetua nel 1987. Ordinato sacerdote il 14 agosto 1988, ha anche conseguito la laurea in Teologia morale a Roma presso l’Accademia Alfonsiana. È stato parroco a Bobito (nel biennio 1988-1989) e ha insegnato Teologia morale all’Università Cattolica del Congo a Kinshasa; ha ricoperto vari incarichi tra i padri Cappuccini e gli organismi di rappresentanza dei religiosi. Da Benedetto XVI è stato eletto vescovo di Bokungu-Ikela, nella provincia nord-occidentale dell’Equatore, il 22 novembre 2004. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 6 marzo 2005 da Joseph Kumuondala Mbimba, arcivescovo di Mbadanka-Bikoro. Il 5 marzo 2016 papa Francesco lo ha nominato Amministratore Apostolico di Mbandaka-Bikoro per poi promuoverlo, il successivo 12 novembre, arcivescovo della medesima sede. Subito dopo, nel giugno 2017 è stato eletto vice-presidente della Cenco.

In questo frangente, ha assunto un ruolo di primo piano nella ricerca di una soluzione pacifica alla crisi politica in atto nell’ex colonia belga, già piegata da un conflitto che provoca migliaia di sfollati in fuga dalle violenze, e dal virus dell’ebola che continua a mietere vittime. Ha co-presieduto il dialogo che, con la firma degli Accordi di San Silvestro, ha portato a nuove elezioni alla fine del 2018.

Un profilo diverso da Besungu è l’altro africano inserito tra i papabili, ossia il guineano Robert Sarah, 79 anni, arcivescovo emerito di Conakry (Guinea), creato cardinale da Benedetto XVI nel 2010, già Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti. Per l’emittente americana Fox News, è lui il portabandiera dei candidati conservatori perché, scrive, «è anti-woke e ha paragonato le tendenze culturali liberali occidentali al comunismo e al nazismo. Inoltre, viene visto come un portabandiera spirituale e teologico per i cattolici conservatori, poiché i critici di Francesco hanno sostenuto che il defunto papa è stato troppo pesantemente influenzato dal secolarismo moderno». Nel libro pubblicato nel 2019, intitolato The Day Is Now Far Spent (Si fa sera e il giorno ormai volge al declino), Sarah denuncia come l’Europa e la civiltà occidentale si siano allontanate dal cristianesimo e soffrano delle sfide ideologiche portate dalle migrazioni di massa.


Erdo, Grech e Aveline tra gli europei

Italiani a parte, tra i papabili europei ci sono l’ungherese Peter Erdo, 72 anni, uno dei cinque cardinali elettori del Collegio creati da Giovanni Paolo II. Dal 2002, quindi un anno prima della porpora, ricopre l’incarico di arcivescovo di Budapest-Esztergom. Per dieci anni, dal 2005 al 2015, è stato presidente della Conferenza episcopale ungherese. Dal 2006 al 2016, invece, ha svolto l’incarico di presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee. Ruolo, quest’ultimo, che potrebbe rappresentare per Erdo un buon punto di partenza in termini di voti (una sessantina) per i cardinali elettori europei; che però, è bene precisarlo, non hanno tutti lo stesso orientamento, quindi non riverserebbero automaticamente il proprio consenso su di lui. Il porporato di Budapest, pur essendo “cresciuto” sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, vanta un proficuo rapporto anche con papa Francesco: il Pontefice argentino, nel 2013, lo volle come relatore generale della terza Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi e poi relatore, nel 2014 e nel 2015, nel doppio Sinodo sulla famiglia.

Un’altra figura legata al cammino sinodale del Papa argentino è il cardinale maltese Mario Grech, 68 anni, nominato nel 2020 da Bergoglio Segretario generale del Sinodo dei vescovi e poi, nello stesso anno, creato cardinale. Arriva dal cuore di quel Mediterraneo sempre evocato dal Pontefice argentino come “cimitero” di migranti. Vescovo emerito di Gozo, che ha guidato dal 2005 al 2019, quando è stato chiamato a Roma, Grech ha compiuto gli studi primari e la scuola secondaria nel liceo di Victoria, a Gozo, e quelli di filosofia e teologia nel seminario di Gozo. Dopo la sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 26 maggio 1984, ha proseguito a Roma gli studi superiori ottenendo la licenza in Utroque Iure all’Università Lateranense e il dottorato in Diritto Canonico all’Angelicum. Tornato in patria, ha esercitato il ministero presso la Cattedrale di Gozo, nel Santuario Nazionale di Tá-Pinu, ed è stato parroco nella parrocchia di Kercem. Ha ricoperto gli uffici di Vicario Giudiziale della diocesi, membro del Tribunale Metropolitano di Malta, insegnante di Diritto Canonico in Seminario e membro del Collegio dei Consultori, del Consiglio Presbiterale e di altre commissioni diocesane. Negli ultimi tre anni, Grech ha potuto incontrare tutti i cardinali e i rappresentanti della Chiesa cattolica venuti a Roma per il Sinodo sulla sinodalità, fatto che lo rende abbastanza conosciuto nel Collegio cardinalizio. Ha dovuto trovare un delicato equilibrio tra le richieste di una Chiesa aperta e solidale e il riconoscimento delle preoccupazioni dei conservatori, ruolo che lo spinge di diritto nel novero dei “mediatori” e dei moderati.

Un altro papabile è il francese Jean Marc Aveline, 67 anni, arcivescovo di Marsiglia e, da poco, anche a capo della Conferenza episcopale francese. Secondo Le Figaro, Aveline sarebbe il “preferito” del presidente francese Macron che dopo il funerale di papa Francesco ha ricevuto a Villa Bonaparte i cardinali francesi che voteranno nel conclave per un pranzo in compagnia dell’ambasciatrice Florence Mangin. Erano presenti anche il vescovo di Ajaccio, François Bustillo, dove si è svolto l’ultimo viaggio apostolico di Bergoglio a dicembre scorso; il Nunzio apostolico negli Stati Uniti, Christophe Pierre, e l’arcivescovo emerito di Lione, Philippe Barbarin. L’altro cardinale elettore, il corso Dominique Mamberti, era assente dal pranzo perché ha assistito alla sepoltura di Francesco a Santa Maria Maggiore. È lui il cardinale protodiacono che annuncerà al mondo l’avvenuta elezione con l’Habemus Papam.

Nato in Algeria fa in una famiglia di pieds noir che poi si è trasferita in Francia dopo l’indipendenza di Algeri, Aveline è stato creato cardinale proprio da Bergoglio nel 2022 e ha ricevuto un omaggio ideale da Francesco con il viaggio pastorale del settembre 2023 nella città di cui è arcivescovo. Porto aperto e accogliente, ma anche città alle prese con il complesso fenomeno delle migrazioni, Marsiglia ospitò in quell’occasione un incontro tra tutti i vescovi del Mediterraneo, culminato nella grande celebrazione eucaristica nello Stadio Vélodrome alla presenza del presidente Emmanuel Macron. Ha una straordinaria somiglianza fisica con Giovanni XXIII, il Papa buono, che aprì il Concilio per traghettare la Chiesa nella modernità. Uomo descritto come “affabile”, dedito alla questione delle periferie e al dialogo interreligioso, Aveline è favorevole al decentramento della Chiesa nel segno di Francesco. Di solida formazione teologica e lui stesso formatore di sacerdoti (ha diretto il Seminario di Marsiglia e per vent’anni ha ricoperto il ruolo di vicario episcopale per la formazione permanente), il porporato francese conosce bene il mondo arabo. Questo aspetto rappresenterebbe un punto di forza per un Papa che si confronta con le istanze emergenti dall’area del Maghreb e, più in generale, dal “sud” del mondo, da quei Paesi dove il cattolicesimo spesso deve difendersi da minacce e attacchi alla libertà religiosa.

Dolan e Prevost tra gli americani

  

Gli americani in Conclave sono 37 (16 nordamericani, 4 dell’America Centrale e 17 sudamericani), il gruppo più numeroso dopo quello europeo. Tra i papabili, c’è sicuramente Timothy Dolan, 75 anni, dal 2009 arcivescovo di New York, che ha ricevuto l’endorsement, tra il serio e il faceto, di Donald Trump: «Mi piacerebbe essere Papa, sarebbe la mia scelta numero uno», ha detto ai giornalisti a margine di un evento alla Casa Bianca il presidente, per poi aggiungere: «Non ho preferenze ma c’è un cardinale a New York che può fare il lavoro».

Di origini irlandesi-americane, Dolan è stato creato cardinale da Benedetto XVI nel 2012. «Stare in prima linea», è questa l’idea guida della sua missione. Sulla questione degli abusi, per esempio, ha assunto una posizione netta a sostegno delle vittime e dei loro familiari. Sul problema dell’assistenza ai poveri e ai più deboli, ha spesso ricordato che «il bilancio non è una questione soltanto di numeri ma riflette i valori della nostra nazione». Fermo sulle questioni dottrinali di fondo, è tuttavia, per natura, sempre disponibile al dialogo. È anche, insieme al filippino Tagle, uno dei cardinali più social. È su Instagram (53milla follower) e su X (288mila) dove ha postato due collegamenti, uno da San Pietro nei giorni dell’omaggio a Papa Francesco e un altro qualche giorno fa fuori dall’Aula Paolo VI, dove i cardinali arrivati a Roma si riuniscono per le congregazioni pre-Conclave.

Una figura più defilata è quella di Robert Francis Prevost, 69 anni, americano con origini francesi, spagnole e italiane, attuale Prefetto del Dicastero per i vescovi e grande conoscitore della realtà dell’America Latina. È un cardinale di curia ma al tempo stesso con esperienza pastorale sul campo, maturata in anni di attività missionarie e di gestione di diocesi e seminari in Perù, Paese latinoamericano che conosce profondamente. Potrebbe far convergere intorno a sé i consensi di diversa provenienza essendo visto come candidato “centrista”, lontano dagli schieramenti più espliciti.

Nel 1977 è entrato nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino (O.S.A.), nella provincia di Nostra Signora del Buon Consiglio, a Saint Louis. Il 29 agosto 1981 ha emesso i voti solenni. Ha studiato presso la Catholic Theological Union di Chicago, diplomandosi in Teologia. All’età di 27 anni, Prevost è stato inviato dall’Ordine a Roma per studiare Diritto Canonico presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (l’Angelicum). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 19 giugno 1982. Ha conseguito la Licenza nel 1984, quindi è stato inviato a lavorare nella missione di Chulucanas, a Piura, in Perù (1985-1986). Nel 1987 ha conseguito il Dottorato con la tesi: “Il ruolo del priore locale dell’Ordine di Sant’Agostino”. Nello stesso anno è stato eletto direttore delle vocazioni e direttore delle missioni della Provincia Agostiniana “Madre del Buon Consiglio” di Olympia Fields, in Illinois (USA). Nel 1988 è stato inviato nella missione di Trujillo come direttore del progetto di formazione comune degli aspiranti agostiniani dei Vicariati di Chulucanas, Iquitos e Apurímac. Lì è stato priore di comunità (1988-1992), direttore della formazione (1988-1998) e insegnante dei professi (1992-1998). Nell’Arcidiocesi di Trujillo è stato vicario giudiziario (1989-1998), professore di Diritto Canonico, Patristica e Morale nel Seminario Maggiore “San Carlos e San Marcelo”. Nel 1999 è stato eletto priore provinciale della Provincia “Madre del Buon Consiglio” (Chicago). Dopo due anni e mezzo, il Capitolo generale ordinario lo ha eletto priore generale, ministero che l’Ordine gli ha nuovamente affidato nel Capitolo generale ordinario del 2007. Nell’ottobre 2013 è tornato nella sua Provincia (Chicago) per essere insegnante dei professi e vicario provinciale; incarichi che ha ricoperto fino a quando Papa Francesco lo ha nominato, il 3 novembre 2014, amministratore apostolico della Diocesi di Chiclayo (Perù), elevandolo alla dignità episcopale di vescovo titolare della Diocesi di Sufar. Ordinato vescovo il 12 dicembre, festa di Nostra Signora di Guadalupe, nella Cattedrale della sua Diocesi, Prevost è vescovo di Chiclayo dal 26 settembre 2015. Dal marzo del 2018 è stato secondo vicepresidente del Conferenza episcopale peruviana.

Papa Francesco lo aveva nominato membro della Congregazione per il Clero nel 2019 e membro della Congregazione per i Vescovi nel 2020. Il 15 aprile 2020 il Pontefice lo ha nominato Amministratore Apostolico della diocesi di Callao.





Dal sito Famiglia Cristiana

Visualizzazioni: 0
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito web usa i cookies per migliorare la vostra esperienza di navigazione. Daremo per scontato che tu sia d'accordo, ma puoi annullare l'iscrizione se lo desideri. Accetto Leggi altro

Privacy & Cookies Policy