Si è concluso a Roma l’incontro internazionale tra esponenenti delle due fedi, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. A introdurre i lavori l’intervento del cardinale Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso: c’è un’eredità da lasciare alle generazioni future
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Nell’anno in cui cade il 60.mo della dichiarazione conciliare Nostra aetate, che diede il via al dialogo tra la Chiesa cattolica e le religioni non-cristiane, assume un significato speciale tornare a interrogarsi sul compito che tutte le religioni hanno in comune nel cercare risposte davanti alle sfide del mondo contemporaneo. Ed è proprio su questo tema che per due giorni a Roma rappresentanti del mondo cattolico e sciita si sono confrontati in occasione del IV convegno internazionale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. “Si tratta di un cammino – spiega il presidente della comunità Marco Impagliazzo – che si inscrive nello Spirito di Assisi dal 1986 ad oggi e che negli ultimi dieci anni ha coinvolto in particolare il mondo sciita iracheno, le diverse confessioni cristiane locali e che dà tanto spazio al tema della pace”.
L’eredità della pace
“Questo convegno – ha dichiarato ai media vaticani il cardinale George Jakob Koovakad, prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso – sottolinea l’importanza della pace, tema che è nel cuore del Santo Padre. E in questo momento guardando il mondo sappiamo bene quanto sia importante”. Però la pace, ha precisato il porporato, non è solo l’assenza della guerra, è anche un impegno spirituale teso a realizzare la visione comune delle religioni per un futuro di sviluppo da lasciare in eredità alle generazioni più giovani. Un futuro, segnato dalla misericordia e dall’attenzione nei confronti di chi è più fragile e di chi soffre di più: i poveri del mondo.
Il ruolo delle religioni
Ad aprire ieri i lavori della sessione inaugurale sono stati gli interventi del fondatore della comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, e del segretario generale della Fondazione irachena al-Khoei, l’imam Jawad al- Khoei. Il ‘cambiamento d’epoca’ intervenuto con la fine della Guerra fredda non ha portato quella pace, democrazia e prosperità in cui si sperava. “La globalizzazione – ha detto Riccardi – ha ingenerato reazioni identitarie: sono comparsi nazionalismi aggressivi, etnicismi, fondamentalismi religiosi, mentre si è praticata – di occasione in occasione – una politica di aggressione militare”. Le stesse comunità religiose in questo contesto sono state, in parte, conquistate dal fascino del conflitto e numerosi sono stati i tentativi di strumentalizzazione da parte del mondo della politica. “Proprio l’attuale situazione difficile del mondo contemporaneo – afferma Riccardi – mostra come ci sia bisogno delle religioni, come la parola delle religioni sia “buon seme” ed educhi milioni di credenti a vivere in pace e secondo giustizia”.
Nel segno dell’incontro di Najaf
Parole che portano al cuore del dialogo in corso tra il mondo cattolico e quello sciita. Un dialogo che trova il proprio pilastro portante nello storico incontro tra il grande ayatollah al-Sistani e Papa Francesco, a Najaf, durante la visita di quest’ultimo in Iraq nel marzo del 2021. “Il mondo soffoca senza dialogo: è il motivo per cui questa nostra età può essere definita quella della forza o della violenza”, ha detto Andrea Riccardi, sottolineando che “la scelta del dialogo non coinvolge solo sciiti e cattolici, ma riguarda anche il mondo musulmano sunnita, come affermato nel Documento sulla fratellanza umana, firmato ad Abu Dhabi da Francesco e dal grande imam Al Tayyb nel 2019.
L’impegno del mondo sciita
A ribadire come i mondi religiosi siano oggi vere riserve di umanità è stato anche l’imam Jawad al-Khoei che ha sottolineato il ruolo fondamentale del dialogo nella lotta all’ignoranza e alla povertà e come fattore di promozione dei diritti umani. “Il dialogo interreligioso – ha detto – non è qualcosa di cui si possa fare a meno”. La spiritualità che caratterizza la scuola della città santa di Najaf è incentrata sul rispetto di tutte le autorità religiose e delle loro posizioni e il legame tra Papa Francesco e il grande imam al-Sistani testimonia la volontà e la capacità comune a tutte le religioni di riempire i cuori. “Il rispetto reciproco in cui noi crediamo fortemente è la chiave per garantire i principi di uguaglianza e di dignità della persona umana”, ha dichiarato al-Khoei ai media vaticani, ricordando come il consolidato rapporto d’amicizia con la Santa sede e con la comunità di Sant’Egidio abbiano permesso in questi anni di promuovere i valori comuni in favore della giustizia e della pace. Un particolare pensiero è stato infine rivolto dal segretario generale della Fondazione al-Khoei a Papa Francesco, per il quale nella serata di ieri è stata organizzata una veglia di preghiera nella basilica di Santa Maria in Trastevere, a cui hanno partecipato in un clima di grande rispetto anche i rappresentanti religiosi sciiti.