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Cartabellotta: “Di questo passo il diritto alla salute diverrà privilegio di pochi”


Medici e infermieri stanno scioperando, l’adesione è massiccia, all’85% per cento. La protesta rispecchia le difficoltà di un Sistema sanitario che si riscontrano tanto nella percezione delle persone quanto nelle evidenze statistiche dell’Istat: diminuisce la spesa pubblica, aumenta quella delle famiglie e sempre più persone rinunciano a curarsi perché le liste d’attesa sono troppo lunghe o perché non ci arrivano con lo stipendio e la pensione. E intanto una classe medica, vicina alla pensione fatica a trovare ricambi, che richiedono tempo per essere formati e reclutati. Abbiamo chiesto a Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, Fondazione indipendente che monitora il Sistema Sanitario di aiutarci a capire dove sta andando la sanità italiana.

Presidente,  la sofferenza del sistema sanitario è sotto gli occhi di tutti. Quali sono i punti più critici e quali le misure urgenti, dal punto di vista di chi monitora il SSN italiano?
«La crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si manifesta su più fronti: il progressivo definanziamento pubblico ha portato la spesa sanitaria al di sotto della media europea con un gap pro-capite di quasi 940 euro, pari ad oltre 55,3 miliardi di euro. A questo si aggiungono la carenza cronica di personale sanitario, aggravata dai pensionamenti e dalla scarsa attrattività del settore pubblico e le profonde disuguaglianze territoriali, che penalizzano soprattutto le Regioni del Mezzogiorno. Ecco perché la tenuta del SSN è ormai prossima al punto di non ritorno: non si tratta più di una crisi che riguarda solo gli operatori del settore, ma 60 milioni di persone. È urgente avviare un rilancio progressivo e consistente del finanziamento pubblico della sanità, per allinearlo alla media europea, affiancando parallelamente una stagione di coraggiose riforme. Oggi continuiamo ad erogare l’assistenza sanitaria secondo regole definite oltre 30 anni fa, nonostante una profonda transizione demografica e una trasformazione digitale abbiano cambiato radicalmente il contesto. Il rilancio del finanziamento pubblico, da destinare prioritariamente alla valorizzazione del personale sanitario, deve essere il cardine di un nuovo patto politico e sociale: un impegno che superi ideologie partitiche e avvicendamenti di Governo, per garantire un futuro al nostro SSN e alla tutela della salute».

I medici e il personale sanitario non solo mancano, ma fuggono dal sistema sanitario: vede all’orizzonte qualcosa di concreto per convincerli a restare?
«Ad oggi, le misure messe in campo sono insufficienti. Per fermare l’emorragia di personale sanitario occorre garantire stipendi competitivi e ridurre l’eccessivo carico burocratico che spinge molti professionisti lontano dalla sanità pubblica. Bisogna inoltre valorizzare i professionisti con percorsi di carriera ben definiti e garantire opportunità di formazione continua che incentivino la crescita professionale. Infine occorre migliorare gli ambienti di lavoro, rendendoli più sostenibili e riducendo il rischio di burnout. Senza interventi concreti e decisi in queste aree strategiche, il SSN rischia di perdere il suo più grande patrimonio: il capitale umano che ne garantisce il funzionamento».

Le liste d’attesa sono infinite: è solo un problema di risorse o anche della loro corretta distribuzione?
«Il problema risiede a monte, poiché il legislatore si limita ad inseguire la domanda aumentando l’offerta: una strategia fallimentare, perché l’incremento dell’offerta poi induce un ulteriore aumento della domanda. Ciò che manca sono interventi e incisivi per risolvere i problemi strutturali del SSN che alimentano l’allungamento delle liste di attesa. Si preferisce invece ricorrere a misure come la defiscalizzazione degli straordinari (più lavori, più ti pago), che rischiano di stremare il personale già in servizio, alimentando ulteriormente la fuga dei professionisti dal SSN».

 Andiamo verso un Paese che invecchia, che farà sempre più fronte a cronicità complesse. È un tema che richiede una programmazione di lungo periodo. Ci sono idee o si vive alla giornata?
«Il tema dell’invecchiamento richiede una visione strategica di lungo termine, ma impone interventi immediati. Occorre rafforzare i servizi territoriali, integrare l’assistenza sanitaria e sociale e costruire reti di supporto per i caregiver, pilastri insostituibili nella gestione delle cronicità e della disabilità».

Chi affronta già oggi questi problemi percepisce un certo abbandono. Il tema è presente al sistema Paese o non abbastanza?
«La politica continua a privilegiare interventi di breve termine, trascurando riforme strutturali indispensabili, mentre chi opera sul campo si sente sempre più isolato. È urgente che il sistema Paese riconosca la sanità pubblica come una priorità nazionale: non un costo, bensì un investimento strategico per il benessere collettivo. È altrettanto fondamentale coinvolgere operatori sanitari e cittadini nella definizione delle politiche, per garantire che siano realmente efficaci, sostenibili e in grado di rispondere alle reali esigenze della comunità».

La sostenibilità del sistema è a rischio?
«Sì, la sostenibilità del SSN è già seriamente compromessa. Il progressivo definanziamento pubblico, l’aumento della spesa privata oltre i 40 miliardi, la rinuncia alle cure di 4,5 milioni di persone e le profonde disuguaglianze stanno trasformando un Servizio Sanitario Nazionale nato per tutelare un diritto costituzionale in 21 Sistemi Sanitari Regionali, basati sulle regole del libero mercato. Senza un deciso cambio di rotta, il diritto alla salute rischia sempre più di trasformarsi in un privilegio per pochi».

Anche la formazione dei medici si fa sempre più complessa: le conoscenze aumentano in modo esponenziale. Si rischia nell’iperspecializzazione di perdere di vista la persona?
«Non serve allarmarsi, ma occorre agire con equilibrio, promuovendo una formazione interdisciplinare per i medici e integrando tecnologie avanzate, come le innovazioni digitali e l’intelligenza artificiale. Questi strumenti possono supportare i professionisti sanitari nell’analisi e nella gestione dei dati, liberando tempo prezioso da dedicare al rapporto con il paziente».





Dal sito Famiglia Cristiana

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