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Cappella Sistina, condannati i tre imputati del processo sulla gestione dei fondi del Coro



Concluso il procedimento penale iniziato nel 2023. Oggi la sentenza del Tribunale vaticano: l’ex direttore Palombella condannato a 3 anni e 2 mesi, l’ex direttore finanziario Michelangelo Nardella a 4 anni e 8 mesi, la moglie Simona Rossi a due anni

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Con la condanna di tutti e tre gli imputati termina, dopo un anno e mezzo, il processo sulla gestione finanziaria del Coro della Cappella Musicale Pontificia. Il Tribunale vaticano, presieduto da Giuseppe Pignatone, ha concluso oggi il procedimento penale, avviato il 24 maggio 2023, con una sentenza di primo grado che condanna l’ex direttore monsignor Massimo Palombella a 3 anni e 2 mesi di reclusione, 9 mila euro di multa e interdizione dai pubblici uffici per un tempo pari alla durata della pena detentiva; l’ex direttore finanziario Michelangelo Nardella a 4 anni e 8 mesi di reclusione; 7 mila euro di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici; alla moglie di Nardella, Simona Rossi, 2 anni di reclusione, 5 mila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Condanna

Peculato, riciclaggio e truffa i principali capi di accusa a carico dei due allora vertici del Coro responsabile del servizio musicale nelle celebrazioni liturgiche in Vaticano, divenuto nel tempo ente autonomo che si esibisce anche in concerti in giro per l’Italia e il mondo. Il sacerdote salesiano e il responsabile dell’amministrazione sono stati condannati, infatti, anche per abuso d’ufficio continuato per condotte relative all’organizzazione dei concerti in favore di importanti aziende italiane.

Nell’ambito del procedimento è stato, inoltre, ordinato, a carico di Nardella, la confisca, anche per equivalente, di 123.646,21 euro; ancora a Nardella e monsignor Palombella, in solido tra loro, la confisca di 127 mila euro, oltre a interessi e rivalutazione, quale profitto del delitto di abuso d’ufficio; e a carico di Nardella e la consorte, in solido tra loro, la confisca di 29.699,02 euro. I tre imputati sono stati poi condannati al risarcimento delle spese processuali; assolti, invece, da alcuni reati per insufficienza di prove o perché il fatto non sussiste.

L’indagine

Il processo, come detto, si è aperto nel maggio 2023, conseguenza di un’indagine autorizzata cinque anni prima dal Papa (nel 2018) “sugli aspetti economico-amministrativi” del Coro. Ancora prima vi erano state alcune lettere di lamentele e polemiche, in particolare dai genitori dei “Pueri Cantores”, per la partecipazione a eventi pubblici poco consoni alla missione originaria di quello che nel 1471, poco tempo dopo il ritorno del Papa da Avignone a Roma, nacque con il nome del “Collegio dei Cappellani cantori”. Il Pontefice aveva quindi autorizzato una inchiesta che ha fatto emergere comportamenti scorretti e, in seguito, una gestione disordinata dei fondi. Tanto che Francesco, nel gennaio 2019, con un Motu Proprio trasferì la Cappella Musicale dalla Prefettura della Casa pontificia sotto la giurisdizione dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche pontificie, affidando al contempo l’amministrazione economica dello stesso ente a monsignor Guido Pozzo, fino a quel momento segretario della Commissione “Ecclesia Dei” creata a seguito dello scisma lefebvriano e poi soppressa.

L’avvio del processo nel 2023

Dopo cinque anni, le accuse si sono concretizzate in peculato, riciclaggio, truffa, appropriazione indebita. A maggio dello scorso anno, quindi, l’avvio del processo con gli avvocati che richiamavano la nullità e inutilizzabilità di prove illecitamente acquisite a seguito di una segnalazione all’ASIF (allora AIF) o che rimbalzavano le accuse tra un imputato e l’altro, mentre l’Ufficio del Promotore di Giustizia chiedeva il rigetto di tutte le eccezioni avanzate. Nel corso delle udienze di quest’anno è stato ascoltato come testimone anche monsignor Georg Gänswein, per anni segretario particolare di Benedetto XVI e prefetto della Casa Pontificia. Durante un’udienza di meno di un’ora, l’attuale nunzio in Lituania, Lettonia ed Estonia, aveva parlato di trattamenti duri nei confronti dei ragazzi, lamentele, anomalie nei bilanci ma assicurava di non aver preso atto – almeno non personalmente – di “scorrettezze su piano amministrativo e finanziario”. L’arcivescovo confermava, tuttavia, i sospetti “sulla sincerità e la rettitudine” dei vertici del Coro.



Dal sito Vatican News

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