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Bruno Forte: «Anche nella fragilità, Francesco è uno strumento nelle mani di Dio»


di Marco Roncalli

Lo scorso ottobre gli è stato chiesto di presentare nella Sala Stampa Vaticana la quarta enciclica di Papa Francesco, la Dilexit nos. «Un testo chiave per il pontificato» che «in mezzo a guerre e frammentazione ci sfida a guardare in alto e a fare scelte coraggiose, a volte in apparenza perdenti, ma necessarie per il bene di tutti». E l’11 gennaio – due mesi fa- è stato sempre papa Francesco a riservargli parole di elogio incontrandolo alla guida di alcune migliaia di pellegrini dell’arcidiocesi di Chieti-Vasto dove – nonostante la rinuncia al compimento dei 75 anni lo scorso anno – resterà per volontà del Pontefice almeno sino al 2026. Lui è l’arcivescovo Bruno Forte, pastore e teologo di fama internazionale, che accetta qui di commentare queste giornate di trepidazione per milioni e milioni di credenti che pregano per il Papa e seguono i quotidiani bollettini dei medici con notizie buone e meno buone altalenanti. «Penso che una chiave di lettura di ciò che il Papa sta vivendo e di come lo stia vivendo ci possa venire proprio dalle parole dell’Angelus di domenica 2 marzo. In questo suo testo troviamo almeno tre affermazioni che mi paiono rilevanti», afferma l’arcivescovo.

E quali?

«La prima riguarda il richiamo allo sguardo di cura e non di condanna. La correzione se non è fraterna non è correzione, dice il Pontefice. Quasi un invito a guardare a quanto sta avvenendo anche a lui come a un’espressione della misericordia di Dio che mette alla prova sì, ma non fa certamente mancare il suo aiuto. Come dire che anche in una condizione di fragilità l’opera è di Dio. Il papa stesso è uno strumento nelle mani di Dio, strumento che ci aiuta a discernere i disegni di Dio e i segni che ci manda».

Il secondo elemento… 

«Il Papa nell’Angelus di domenica ci invita a fuggire da tutto quanto è malevolenza, falsità, futilità, per cercare piuttosto onestà e giustizia nei modi di relazionarci, di comunicare nella vita della Chiesa e della società. Così, papa Francesco lancia un messaggio: invece che perdere tempo in discussioni inutili – successione. dimissioni, conclave, ecc – facciamo discussioni costruttive. Vediamo tutto il bene che c’è anche in questo momento di prova e scopriamo ciò che Dio sta dicendo alla Chiesa, e cioè che anche un papa in condizioni di fragilità è uno strumento nelle mani di Dio. Infine, papa Francesco ci sta dando la testimonianza di come un credente viva la sofferenza ed anche la possibilità di andare incontro alla morte. Nell’Angelus di domenica 2 marzo egli ammette la fragilità del corpo, ma testimonia la sua fede forte come la roccia. Papa Francesco ci ricorda così di accogliere ogni fragilità e di offrirla a Dio, vivendola in Lui e con Lui».

Cosa pensa di questa partecipazione straordinaria che guarda costantemente all’ospedale Gemelli dove è ricoverato?
 «Ciò che sta avvenendo è la realizzazione piena di quanto papa Francesco ha chiesto al momento della sua elezione, quando chiese alla folla di benedirlo. Sì, ora è la Chiesa intera che sostiene il Papa. È una Chiesa-comunione, quella di sempre e rinnovata col Concilio…E il Papa avverte questo e si sente sostenuto dalla gente. È la benedizione di Dio attraverso il suo popolo sul Pastore universale nel tempo della sua fragilità».

Ancora una domanda: il Papa sta dimostrando di mettere in pratica quel che ha detto tante volte sulla malattia, la sofferenza, su questo tempo particolare?

«Sì, ma il fatto che stia vivendo anche questo tempo con parole di grande abbandono ci offre una lezione sul tempo in generale, da misurare non con criteri quantitativi, ma qualitativi, non come sola misura cronologica, ma come tempo di grazia e occasione di salvezza per tutti».





Dal sito Famiglia Cristiana

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