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Benigni e “Il Sogno”: una lezione sull’Europa e sulla verità

Chissà mai se il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, mentre citava e criticava in Parlamento il Manifesto di Ventotene, aveva presente che la sera stessa, sul primo canale nazionale, Roberto Benigni avrebbe dedicato a quel testo una magistrale lectio seguita da milioni di italiani? E chissà, poi, cosa deve aver pensato Roberto Benigni a calcare il palco, per quasi due ore e mezza, in diretta, dopo quel “promo” involontario che ha scatenato una bagarre alla Camera, balzando in testa all’agenda dei tg della sera? Nell’Anteprima a “Il sogno”, l’unica parte pre-registrata dell’evento, Benigni si fa passare un foglio col lungo monologo, ma è questa anche l’unica parte veramente “teatrale” dello spettacolo. Perché poi il giullare sale in scena, sulle note della marcetta scritta da Nicola Piovani, ormai suo marchio di fabbrica, e si trasforma, in breve, in un visionario, appassionato, infaticabile cantore dell’Europa, di quel sogno di unità partorito da tre giovani altrettanto visionari nel confino dell’isoletta di Ventotene, correva l’anno 1941.

Il monologo de “Il Sogno”, scritto da Benigni con Michele Ballerin e Stefano Andreoli parte un po’ sottotono, con qualche battuta sull’attualità, e pare un po’ il solito Benigni: già visto, già sentito. Ma poi, man mano che la serata avanza, è tutto un crescendo d’intensità, con un uomo di settantadue anni che sembra identico a vent’anni prima, senz’altro nella passione che trasuda da ogni poro, che ci ipnotizza con 3000 anni di storia europea, dall’invenzione della democrazia, in Grecia, al Risorgimento, da Garibaldi a De Gasperi, passando per Spinelli, Rossi e Colorni – gli autori-eroi del Manifesto di Ventotene – e arrivare alla poesia di Victor Hugo e Eve Merriam: “Sogno di dare alla luce un bambino che un giorno mi chiederà: Mamma, cos’era la guerra?”. E già, perché come ha raccontato magistralmente Benigni, il sogno dell’Europa unita è nato proprio sulle macerie della guerra. Aiutato dal co-autore del monologo, Michele Ballerin, che ha scritto un bel libro che ha lo stesso intento divulgativo di questa serata, “Gli Stati Uniti d’Europa spiegati a tutti. Guida per i perplessi” (Fazi Editore), Roberto il Visionario non ha solamente ingaggiato una battaglia di quelle che sulla carta sembrano impossibili – riscaldare, di nuovo, oggi, oltre ottant’anni dopo, il sogno dell’Europa, messo a dura prova dai tecnicismi burocratici di Bruxelles e Strasburgo – ma ha ribattuto, a poche ore di distanza, al discorso di Meloni in Parlamento, insegnando a tutti la pulizia della comunicazione.

Come ci dimostrano infatti populisti di ogni latitudine, che grazie ai social media hanno buon gioco a piegare a proprio vantaggio ogni fatto in una melassa che possiamo chiamare post-verità, una comunicazione “pulita” è quella che non distorce, non de-contestualizza, piuttosto spiega, argomenta, ragiona. Se un leader politico, un premier, in Parlamento, si lascia influenzare da spericolati spin doctor nel fraintendere volutamente il senso di un Manifesto che è la prima pietra dell’edificazione europea, che resta certamente ancora un sogno o un’utopia, il giullare visionario ha la straordinaria forza di svelare il trucco davanti a cinque milioni di spettatori con le armi dell’argomentazione, della ragione e della passione. Con “Il Sogno” Benigni dà a tutti noi una lezione non solo sull’Europa, ma sui corto-circuiti del populismo politico-mediale che ci avvilisce in questi anni difficili. Le due cose si tengono: forse non ce ne siamo accorti, ma coi suoi spettacoli televisivi – da Dante alla Costituzione, dai Dieci Comandamenti a San Francesco – Roberto Benigni ci sta ricordando i fondamenti della nostra identità, di italiani ed europei, senza che le due cose siano in contrasto. Un’identità che trova la più alta espressione nelle democrazie che abbiamo costruito dopo la guerra, e nella pace che queste ultime hanno garantito al Vecchio Continente. Un’identità che riconosce il valore dell’argomentare, dello spiegare, del ragionare contro l’iper-semplificazione, la propaganda, il populismo. Onore alla Rai che, da servizio pubblico, esso stesso figlio dell’Europa, troppo spesso criticato strumentalmente (anche da chi strepita contro “Tele-Meloni”), ci ha regalato questo Sogno benignesco, che si è chiuso nel più visionario dei modi: dall’Europa nasca l’utopia di una nuova fratellanza. Come ci ha ricordato Papa Francesco: “bisogna disarmare le parole per disarmare la Terra”.  





Dal sito Famiglia Cristiana

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