Nella capitale polacca fino al 18 aprile si svolge il 29.mo appuntamento della rassegna, che nell’edizione 2025 approfondisce il rapporto del compositore con la poesia e offre l’occasione per ascoltare anche alcuni capolavori di Krzysztof Penderecki
Marco Di Battista – Città del Vaticano
La fiducia nell’umanità. L’eroismo inteso come ricerca estrema di un dialogo tra diversi. Beethoven -e di conseguenza il focus che ogni anno gli dedica il Festival di Pasqua a Varsavia- è oggi incredibilmente di attualità. Il tema scelto per l’edizione di quest’anno è il rapporto del musicista con la grande poesia, che il compositore ha incontrato diverse volte nella propria vita, con molte e significative presenze nel catalogo delle opere. A partire dalla Nona Sinfonia, con il testo di Friedrich Schiller, cui non a caso è stato dedicato il concerto di apertura del 6 aprile con la NFM Wroclaw Philharmonic Orchestra.
Uno dei momenti più intensi della kermesse lo abbiamo vissuto insieme giovedì 10 aprile presso la Concert Hall della Filarmonica di Varsavia. Il programma iniziava con la Leonore Ouverture N 3 op 72b e terminava con le Musiche di scena per Egmont di Wolfgang Goethe op 84. Il primo brano fu scritto per il Fidelio ma, considerato troppo lungo e complesso per aprire l’opera, divenne un pezzo autonomo e assai amato da pubblico e musicisti. Conserva il tema di Florestano, la tromba che segna la liberazione dalla tirannia, è un vero percorso dalla prigionia alla libertà. È lo stesso cammino del Fidelio ma qui espresso solo con le note, con un risultato che è quasi un poema sinfonico e che ha affascinato direttori come Hans von Bülow e Gustav Mahler.
Il personaggio goethiano è sulla stessa linea di Florestano: libertà e onestà sono i suoi due punti fermi. Il protagonista, conte di Egmont, venne decapitato dagli spagnoli nel 1568. Beethoven ripercorre e riassume il testo ma aggiunge qualcosa di importante. Nonostante la morte del protagonista, il brano si conclude con una Sinfonia della Vittoria: a dramma compiuto, il musicista vuole celebrare le idee di libertà, che sopravvivono alle tirannie.
Incastonata tra i due capolavori beethoveniani, la stessa sera abbiamo ascoltato la Sinfonia n 6 “Chinesiche Lieder” per baritono, erhu e orchestra di Krzysztof Penderecki. L’opera, completata nel 2017 dopo una lunga gestazione, è un vero e proprio ponte tra occidente e oriente basato su quel che ci sta a cuore più di ogni altra cosa e da cui tutti dipendiamo: la natura. La prima definizione che il compositore aveva dato della sinfonia è “un’elegia per una foresta morente”. La scelta della versione tedesca dei testi non è legata solo alla co-commissione della Filarmonica di Dresda ma piuttosto è l’ennesimo riferimento al Canto della Terra di Mahler: una sinfonia di canti. Il filo conduttore della natura si trasfigura nella caducità del genere umano con un finale che reca un messaggio umanista in perfetta continuità con quelli beethoveniani: una fiducia nell’umanità e nella comprensione attraverso la condivisione dei sentimenti. Gli interventi dell’erhu, strumento cinese a corde, sono inseriti in alcuni momenti chiave. Sembrano improvvisati ma in realtà sono stati scritti da Penderecki e sono una sorta di riassunto di quello che l’orchestra e il baritono hanno eseguito.
I bravi interpreti del concerto sono stati Dirk Kaftan alla testa della Beethovenorchester di Bonn. Solisti il soprano Christina Landshamer, il baritono Thomas Bauer con Joanna Kravchenko all’erhu e Franz Tscherne, appassionato narratore nell’Egmont.
Venerdì 11, grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia, abbiamo assistito alla ripresa moderna, in forma semiscenica, del Verter di Johannes Simon Mayr. L’opera è una parodia del Werther di Goethe con l’inserimento del personaggio di Giorgio, istitutore dai piani perversi che viene smascherato e letteralmente cacciato in un finale ovviamente dalle tinte liete. Molto è stato scritto di Mayr, musicista di grande levatura che spesso viene ricordato solo per essere stato il maestro di Gaetano Donizetti. Il concertato che al termine dell’opera celebra l’onestà ripropone sia pure in maniera assai diversa, il filo rosso extra musicale beethoveniano che abbiamo più volte ricordato. L’Istituto italiano è del resto partner convinto del Festival da diverse edizioni e, naturalmente, il melodramma è la chiave migliore per far comunicare il mondo della musica con quello delle lettere. Come ci ha detto Fabio Troisi, direttore dell’istituzione italiana a Varsavia, “L’opera italiana in Polonia è amatissima e ci sono tantissime istituzioni liriche e teatri d’opera eccellenti in tutta il Paese, da Białystok fino a Wroclaw, quindi proprio in tutto il territorio polacco”. Le opere italiane sono le più rappresentate, prosegue Troisi, “Ovviamente parliamo dei maestri, dei grandissimi compositori come Verdi o Puccini. Ma non solo: in questo caso, per esempio, abbiamo un’opera poco rappresentata e poco inserita nei repertori e però questo fa ancora più piacere perché vuol dire che il pubblico polacco è comunque in grado di apprezzare anche qualcosa di non esattamente aspettato. Spesso in Italia ci si lamenta che le istituzioni non hanno tanto coraggio e non propongono cose particolari. Qui evidentemente è stato possibile farlo e ne siamo molto orgogliosi”. Ad eseguire il Verter è salita sul palcoscenico l’Orchestra Filarmonica di Poznań diretta da Łukasz Borowicz con il soprano Katarzyna Drelich (Carlotta), il mezzosoprano Zuzanna Nalewajek (Paolina, serva di Carlotta), i tenori Krystian Krzeszowiak (Verter) e Krzysztof Lachman (Alberto, marito di Carlotta), il basso Tomasz Kumięga (Giorgio) e il basso Nazar Mykulyak (servo di Verter). Al clavicembalo era Natalia Hyżak. Azzeccati i costumi scelti per i cantanti.
Il Festival, che per questa edizione ha scelto un singolare manifesto che vede un giovane pagaiare sopra un violino, si concluderà il 18 con un concerto che mette a confronto i due Kaddish di Leonard Bernstein e Penderecki con la Filarmonica di Varsavia diretta da Christoph König. Tanti gli altri appuntamenti interessanti che possono essere verificati sul sito dell’istituzione. Un’ultima parola di elogio merita Elzbieta Penderecka, infaticabile promotrice del festival.