Ecco il testo con l’aggiunta dei grassetti dove richiesto:
Sarà capitato anche a voi di vedere tante, troppe mamme finire in esaurimento per tenere insieme figli e lavoro. Dopo decenni di lotte femminili per i riconoscimenti professionali, per stipendi ancora non parificati, per misure che permettano di accordare lavoro e famiglia, siamo tornati indietro, fino ad accettare che le donne rinuncino a lavorare, se scelgono di essere madri. La denatalità non dipende solo da cause economiche, è figlia di un cambiamento culturale, ha a che fare con la perdita della fede, della comunità, dello slancio giovane verso il futuro, della sopportazione di fatica e sacrificio per una scala di priorità, in cui famiglia e figli sono al primo posto, non la crociera ai Caraibi, gli apericena e i salti di carriera o il cane «che è come un bambino». Ha ragione il Papa, a invocare meno cucce e più culle ed è l’unico che ancora può dirlo apertamente.
Però avere figli è davvero un’impresa eroica, per animi indomiti e amanti del rischio, soprattutto se si vive in una grande città. La Fondazione Progetto Arca ha trent’anni di attività nel campo dell’accoglienza e del sostegno alle povertà. E per l’anniversario propone i risultati di un sondaggio che esplora i sogni, i desideri di chi vive in difficoltà. Ecco, le persone più affaticate, preoccupate, sono le giovani coppie: più di metà degli interpellati dichiara di non potersi concedere neanche un weekend di vacanza in un anno, non può pagare ai figli le attività sportive, neppure la speranza di fare un piccolo regalo per le festività. Ma ciò che più stringe il cuore è l’isolamento di chi soffre queste privazioni. Sente il peso della vergogna, come se ancora il disagio economico fosse il segno di una colpa, del disonore. Non è così solo per situazioni estreme: quante mamme soffrono la rinuncia al tempo coi figli perché devono lavorare o sono sottostimate nel lavoro per il tempo spartito con la famiglia. Lacerate tra opposti sensi del dovere, perennemente in affanno, proletarie nel senso antico e più opprimente del termine. Quando avere e dare prole dovrebbe costituire un merito, riconosciuto e premiato.
Il riscatto, sociale e umano, è possibile: basta puntare su ciò che vale e ciò che vale soprattutto sono le giovani coppie, i bambini. Seguendo l’esempio virtuoso di alcuni Paesi europei, che hanno investito invertito il tasso di crescita semplicemente garantendo a tutte le madri asili nido, dopo scuola, smart working e/o settimane corte, congedi parentali non a scadenza ma secondo necessità, considerando un valore la maternità, anche per fare carriera. La povertà è un dramma ma il mondo cambia in meglio, se confrontiamo le nostre vite e il nostro welfare con quello dei nostri nonni, o di tanti Paesi anche oggi. Dunque è inaccettabile che oltre 2 milioni di famiglie in Italia vivano in povertà assoluta, e che la povertà riguardi soprattutto i più giovani, i bambini. Sono dati, non idee. Numeri, non un portato di ideologie. L’ideologia invece fa considerare solo alcuni diritti per le donne, e tra questi non c’è il diritto ad avere una famiglia. Comprarsi i figli invece sì. Ma così muore il Paese.