Grafica, animazione, disegni del film Le pene d’amore di Spank, nelle sale italiane dal 13 al 16 febbraio, in occasione di san Valentino grazie a un progetto di Nexostudio, sono gli stessi della serie animata Hallo Spank, arrivata in Italia nel 1982.
Lo si spiega con il fatto a differenza di altre esperienze di Goldrake e Lady Oscar, raccontate nel resto del dossier, il film su Spank non è un remake ma la riproposizione di un lungometraggio di TMS Entertainment Prodotto da Hiroshi Hagino, Shizuhiko Sengoku, Yutaka Fujioka Sceneggiatura Akifumi Yoshida, Chifude Asakura, Masaaki Sakurai, Yoshimi Shinozaki, Yutaka Kaneko Regia Shigetsugu Yoshida Direzione dell’animazione Takao Kōzai, uscito in Giappone nel 1982.
Spank e Torakiki, cane e gatto, in tutti i sensi, – li abbiamo visti con il film in anteprima -, sono gli stessi di allora: si muovono e si animano esattamente come quelli che conosciamo e la loro buffa fisicità è intatta. Come nella serie animata, gli umani attorno sono quasi comprimari e la storia complessiva è abbastanza esile: il vero centro del resto da sempre sono da sempre cane e gatto, con l’insieme a far da cornice alle loro gag e alle loro zuffe. Anche nel film la sostanza è quella che ci si attende, anche se episodi e personaggi, caratteri compresi, sono stati sintetizzati in un numero minore di figure, alcune delle quali nuove ma in grado di richiamare volti e stilemi già noti.
Ma tutto questo in fondo è un dettaglio, perché quello che in origine e nel tempo fece la fortuna della versione italiana della serie Hallo Spank, molto superiore e duratura, rispetto a quella dell’originale giapponese e di altre versioni fu il geniale doppiaggio di Liù Bosisio la prima Pina di Fantozzi, – con Isa Di Marzio come seconda voce in alcuni episodi – che diede al buffo cagnolino bianco protagonista non solo la voce ma davvero l’anima e il suo inconfondibile carattere: una esilarante voce bambina che ha reso unico lo spirito del personaggio. Mentre Sandro Pellegrino, scomparso nel 2013 diede al gattone Torakiki, ruvido solo in apparenza, quel formidabile, improbabile accento teutonico che gli ha conferito una comicità irresistibile.
Nel film, con un doppiaggio diverso, quelle anime si salvano solo a tratti. Nel film Spank, con la voce data anni fa di Paolo Macedonio, perde parte del suo timbro e del suo tono, Torakiki un po’ meno, forse perché più defilato, anche se lascia per strada quasi del tutto il surreale accento in cui era nascosto il segreto della sua vis comica.
Colpa ovviamente del tempo trascorso, degli avvicendamenti: è sempre la sfida dell’animazione dove spesso la parte più grande dell’anima data viene dalle voci. Cambiare, anche quando come in questo caso è inevitabile, è sempre un po’ tradire, soprattutto se chi guarda ha memoria del passato.
Va detto che Spank e Torakiki non erano nati come li abbiamo conosciuti, solo nella serie italiana lo sono stati, ma è vero che è stato proprio quel doppiaggio a far sì che non passassero inosservati nella marea di serie animate importate all’epoca. Per certi versi i doppiatori di allora li hanno salvati, anche migliorandoli probabilmente. E infatti, nel film, forse più vicino alla versione originaria, qualcosa non torna, complice anche qualche impasse nella storia. Non solo si perde una parte significativa dello spasso, ma qualche dettaglio fa emergere contraddizioni nella costruzione del protagonista, che forse spiegano le sue incerte fortune nel resto del mondo: lo Spank che conosciamo dalla versione italiana della serie 1982 è coerente con la sua fisicità animata: il suo mal d’amore si concretizza sempre in disperazioni abissali e pianti a fontana che però difficilmente sopravvivono al richiamo della foresta di una ciambella o di una bistecca, mal si concilia, invece, con una scena come quella che nel film, dopo il matrimonio che si vede nella locandina, vede quel carattere fin lì compreso nell’ingenuità maldestra di un’infanzia ideale e non destinata alla crescita, concepire improvvisamente gesti e pensieri adulti da melodramma.
Si sorride a tratti, quando gli animali parlano poco e si muovono molto la magia del passato torna anche, ma le incoerenze restano, mentre la comicità fantozziana è andata per sempre. La nostalgia resta e a volte prevale, ma l’operazione riesce solo a metà.