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«Alla manifestazione europeista la bandiera della pace era scomoda: ce l’hanno fatta chiudere»



Flavio Lotti.

Flavio Lotti è lo storico coordinatore della Tavola per la pace, che promuove la cultura della nonviolenza e della cooperazione internazionale è noto per il suo impegno nella Marcia Perugia-Assisi, una delle manifestazioni più importanti in Italia per la pace e i diritti umani.

Partiamo dalla manifestazione europeista di sabato scorso. Voi c’eravate?

«Sì, noi c’eravamo. Abbiamo portato il grande bandierone della pace della Perugia-Assisi di Aldo Capitini, insieme a cartelli con la scritta “Disarm Europe”».

Che impressione ti ha fatto la piazza?

«Era una piazza variegata, molto più del palco. Il palco, invece, era piuttosto uniforme, con poche voci fuori dal coro. Noi, ad esempio, siamo stati completamente esclusi dagli interventi, pur sapendo gli organizzatori che eravamo presenti».

Ci sono state pressioni nei vostri confronti?

«Durante tutto il pomeriggio, persone dell’organizzazione della manifestazione ci hanno fatto chiudere la bandiera della pace. Dicevano che era troppo grande e occupava troppo spazio, che causava problemi di sicurezza. Un motivo che si è rivelato infondato: dopo la prima ora, la piazza ha iniziato a svuotarsi, ma non facevano entrare nessuno, sostenendo che fosse già piena. Eppure, proprio dall’altro lato della piazza, c’era un enorme bandierone dell’Europa disteso per terra, senza nessuno che lo reggesse. Una chiara strumentalizzazione».

La piazza era più pacifista o più incline all’idea di un riarmo europeo?

«Le bandiere della pace c’erano, ma non erano certo dominanti, anzi. Per questo abbiamo portato il nostro bandierone, per renderlo un simbolo evidente. Secondo me, la bandiera dell’Europa e quella della pace devono camminare insieme, altrimenti rischiamo di perderle entrambe».

Alla manifestazione hanno parlato numerose associazioni e movimenti cattolici, dalle Acli all’Azione cattolica, dalla Sant’Egidio a Comunione e liberazione. Qualcuno di loro ha parlato sul palco?

«Tra i cattolici l’unico a poter salire sul palco è stato il fondatore della Sant’Egidio Andrea Riccardi».

Una delle obiezioni fatte ai pacifisti è che la pace va difesa, e per questo serve un esercito europeo.

«Personalmente, sono sempre stato favorevole a un esercito europeo, ma solo se sostituisce i 27 eserciti nazionali. L’Europa deve avere una politica estera comune, una sua identità e uno strumento di difesa e di ordine pubblico».

Non serve anche une sercito come deterrenza?
 

«Parlare di deterrenza oggi è anacronistico: il potenziale distruttivo non è più nelle mani di due blocchi come durante la Guerra Fredda. Oggi la minaccia può arrivare da chiunque, anche da piccoli gruppi».

C’è anche chi sostiene che un’Europa senza difesa comune sia vulnerabile.

«Ma allora serve un’Europa che abbia una visione di sicurezza globale, non solo militare. Oggi stiamo demolendo le istituzioni internazionali per chiuderci in una logica di fortezza assediata. Un esercito europeo sotto governi nazionalisti rischia di essere un pericolo, non una sicurezza. Non possiamo affidare ai nazionalisti e ai sovranisti il compito di costruire un’Europa unita. L’esercito europeo è pura teoria al momento».

La Commissione europea, però, ha deciso di rompere i vincoli di bilancio per investire nella difesa.

«Esattamente, e questo è un tradimento dell’idea stessa di Europa. Quello che non abbiamo fatto per scuole e ospedali lo abbiamo fatto per armarci: rompere i vincoli di bilancio. L’Unione Europea è nata per garantire la pace, ha ricevuto persino il Nobel per la Pace per aver contribuito all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa. Ora non riusciamo nemmeno a pronunciare la parola “pace” senza che qualcuno storca il naso».

Non crede che in un mondo sempre più instabile sia necessario rafforzare le difese per garantire i popoli e la democrazia?

«Certo, ma dobbiamo distinguere tra sicurezza umana e sicurezza militare. La sicurezza umana riguarda le persone e i popoli, non solo i confini. La corsa al riarmo ha già portato il mondo sull’orlo della guerra nucleare alla fine degli anni ’70 e negli anni ’80. Oggi stiamo facendo lo stesso errore con l’Ucraina».

Sabato si è parlato molto di Europa, ma l’idea di Europa che emergeva dal palco era poco cristiana. Era quella  del Manifesto di Ventotene che ha una forte matrice socialista, abolisce la proprietà privata e abolisce persino il Concordato. Eppure i cattolici sono scesi in piazza, voi compresi, da sempre legati ai francescani di Assisi.

«La manifestazione è nata come risposta agli attacchi di Trump alla politica europea. Nei primi giorni c’è stato un moto spontaneo di difesa dell’idea di Europa. Ma poi, dopo il piano di Ursula von der Leyen, ci si è posto il problema di quale Europa volessimo costruire. E qui c’è stato un cortocircuito».

Nessuno sul palco ha inneggiato alla guerra, anzi, si è parlato di un’Europa di popoli fratelli.

«Nessuno ha osato farlo esplicitamente. Ma molti hanno detto: “Siamo per la pace, ma dobbiamo difenderci, si vis pacem para bellum”. Questo è un enorme equivoco. La pace non si costruisce con il riarmo».

L’Europa è comunque indietro nel campo delle nuove tecnologie militari e dunque non è nessario stare al passo?

«Oggi la guerra si fa con l’intelligenza artificiale, e noi europei siamo fuori dai centri decisionali. Ma continuiamo a pensare in termini di eserciti e carri armati, come se fossimo ancora nel secolo scorso».

La pace, allora, come si costruisce?

«Con la diplomazia e con il rispetto del diritto internazionale. Per fermare il conflitto ucraino è necessaria una forza di interposizione sotto l’egida dell’Onu, e invece si sente di eserciti europei che per garantire la tregua starebbero dietro le linee ucraine. Una follia pericolosissima. L’ONU oggi è fragile, ma nessuno ha speso una parola per difenderlo. Eppure è l’unico strumento che abbiamo per evitare la guerra. E pensare che nel Consiglio di sicurezza insieme a Usa, Cina e Russia ci sono due potenze europee che stanno una dentro e l’altra fuori dall’Unione: la Francia e il Regno Unito ».

Oggi, però, le grandi decisioni si prendono fuori dall’Europa.

«E questo è il nostro fallimento. Il negoziato tra Russia e Stati Uniti va avanti senza che l’Europa abbia voce in capitolo. La guerra tra Israele e Hamas si discute in un negoziato in cui nessuno parla una linguea europea. È successo lo stesso in Afghanistan, in Libia, in Siria. L’Europa è nata per garantire la pace, eppure ha smesso di occuparsene».

Qual è stata, alla fine, la sua impressione sulla manifestazione?

«Che non si è discusso abbastanza di quale Europa vogliamo costruire. La piazza era composta da tante persone con motivazioni diverse, ma il palco ha espresso una visione unilaterale. Anche Michele Serra ha preferito non prendere posizione, dicendo che nessuno sa come si fa la pace. Ma noi in piazza c’eravamo, e abbiamo le idee chiare: la pace si costruisce con il diritto internazionale, non con le armi».

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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