Per commemorare i 440 anni dall’ambasceria Tenshō, il 17 marzo presso l’ateneo pontificio si è tenuta una giornata di studi che ha messo in luce gli aspetti storici ma soprattutto spirituali della prima missione diplomatica giapponese inviata in Europa. Nell’anno giubilare 1585, quattro giovani vennero a Roma dal Giappone per incontrare Papa Gregorio XIII e sostare sulle tombe degli Apostoli, un pellegrinaggio vissuto con lo stesso spirito di fede dei viaggiatori di oggi
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
“Vennero dagli antipodi del mondo a rendere obbedienza alla Chiesa Romana e a prostrarsi ai piedi del vero Vicario di Cristo in terra, in nome dei loro re del Giappone“, scrive Muzio Pansa alla fine del XVI secolo, descrivendo l’affresco visibile in una lunetta del salone Sistino della Biblioteca Vaticana. Su quest’opera si è soffermato monsignor Angelo Vincenzo Zani, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, durante i suoi saluti in apertura della giornata internazionale di studi dedicata alla cosidetta “Ambasciata Tenshō”. In quattro erano partiti il 20 febbraio 1582 dal porto di Nagasaki per attraversare tutto il mondo. Un viaggio durato tre anni fino al Portogallo, Spagna e poi lo sbarco in Italia, a Livorno. Dopo aver conosciuto usi e costumi diversi, paesaggi e architetture per loro inediti e incontrato dignitari, come Filippo II di Spagna e Francesco I de’ Medici, 440 anni fa, il 23 marzo 1585, i giovani giapponesi giungevano a Roma in udienza da Papa Gregorio XIII. Era, appunto, l’ambasceria dei ragazzi dell’era Tenshō, la prima missione diplomatica giapponese inviata in Europa, ideata e organizzata dal gesuita Alessandro Valignano.
Per ricordare questo importante anniversario, il 17 marzo, in occasione del corrente anno giubilare e a 160 anni dalla scoperta dei fedeli cristiani nascosti in Giappone, nel 1865, la Pontificia Università Gregoriana e l’Ambasciata del Giappone presso la Santa Sede – in collaborazione con la Biblioteca Apostolica Vaticana, il dicastero dell’Evangelizzazione e l’arcidiocesi di Lucca – hanno promosso una giornata di studio dal titolo “Il pellegrinaggio giapponese alla Santa Sede: la speranza di un dialogo (marzo 1585)”, che si inscrive nell’ambito del progetto Thesaurum Fidei, inaugurato nel 2023 e coordinato dall’arcivescovo di Lucca Paolo Giulietti e dalla professoressa Olimpia Niglio, università di Pavia e arcidiocesi di Lucca.
Conoscenza e dialogo
C’è più di un legame tra la Gregoriana e il Giappone. Proprio Gregorio XIII, il Pontefice che accolse i diplomatici giapponesi nel ‘500, costruì la nuova sede del Collegio Romano, solennemente inaugurata nel 1584 e accresciuta di benefici e privilegi, estesi a qualunque collegio di studi della Compagnia di Gesù nei quali si studiava filosofia e teologia, compreso il Giappone. Una figura di grande importanza, tra gli altri, fu quella dell’arcivescovo gesuita Giovanni Pittau che soggiornò nel Paese del Sol Levante per ben 29 anni, qui fu missionario e rettore dell’Università Sophia di Tokyo. Divenne poi rettore alla Gregoriana dal 1992 al 1998, prima di entrare nella Congregazione per l’Educazione cattolica. “Conosceva quasi perfettamente la lingua e portò il Giappone a Roma”, incarnando la vocazione della Compagnia di Gesù “di conoscere le culture e di aprirci verso il mondo”, nota padre Mark Lewis SJ, rettore della Pontificia Università Gregoriana, che aggiunge come “la diplomazia sia una cosa attuale e molto importante per la Chiesa specialmente in questi giorni di crisi”. “Già nella storia antica, nel XVI secolo – spiega lo studioso gesuita – esistevano queste ambasciate per dimostrare l’importanza del papato ma anche per cercare la pace, oltre che capire sempre meglio le varie culture del mondo”.
Un nuovo modo di comunicare
Invitata speciale dell’Ambasciata del Giappone presso la Santa Sede è stata la scrittrice e autrice di popolarissimi fumetti manga, Kan Takahama, testimone della comunità cristiana in Giappone e ambasciatrice presso il padiglione della Santa Sede al prossimo Expo di Osaka. I frutti delle sue ricerche sulla storia dei “cristiani nascosti”, fondati su antichi documenti di famiglia, e sulla raccolta delle tradizioni orali, sono trasposti nelle sue opere, la prima delle quali s’intitola “Shishi to Botan”, Leone e Peonie. Il rettore Lewis sottolinea come questo particolare tipo d’arte, gli anime e i manga, “insegnino ai giovani la storia in un modo diverso. Pensiamo che i giovani non riescano ad apprezzare la loro storia, ma tramite l’arte contemporanea questo è possibile. Nelle sue storie Takahama aggiunge un po’ di fantasia, ma la storia base rimane”. L’arte comunica anche la memoria perché resta molti anni dopo la sua creazione. Attraverso i manga si possono pensare “nuovi metodi di insegnamento che possano mantenere viva l’attenzione degli studenti”, osserva il rettore.
Collaborazione fruttosa tra Santa Sede e Giappone
Atsutoshi Hagino, consigliere dell’Ambasciata del Giappone presso la Santa Sede, ha affermato di essere molto impressionato dal fatto che un folto numero di ricercatori italiani conoscano la storia dell’ambasceria Tenshō e che esistano documenti custoditi dalla Santa Sede ad essa riferiti. In Giappone, dopo la proibizione del cristianesimo, molti furono i cristiani nascosti su cui Kan Takahama sta conducendo delle ricerche. “Spero che nel prossimo futuro molte più persone si accostino allo studio del cristianesimo nascosto, compresi i ricercatori italiani. Tutto questo rende la collaborazione e il rapporto tra il Giappone e la Santa Sede ancora più intensi”, ha concluso il dott. Hagino.
L’ambasceria Tenshō, un pellegrinaggio di fede
Il pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, arcivescovo Rino Fisichella, ha ricordato che il cristianesimo si caratterizza per essere un pellegrinaggio e questi quattro giovani, “che hanno sentito in cuor loro il desiderio di giungere a Roma a venerare le reliquie degli apostoli, si sono messi in cammino”. “Il loro fu un pellegrinaggio di fede”, ha commentato Fisichella, “certamente mosso da interessi diplomatici, ma una volta giunti alla città di Pietro e Paolo, ciò che fu per loro importante fu la testimonianza resa dagli apostoli”. E non è un caso che i giovani giapponesi, una volta tornati nella loro patria, abbiano fatto delle scelte di fede e per alcuni di loro si è trattato anche del dono totale della propria vita per attestare la verità del Vangelo. “Quello che noi oggi qui celebriamo è certamente un momento di evangelizzazione, è l’annuncio, il significato della nostra presenza nel mondo. E’ il Thesaurum Fidei che conserviamo e trasmettiamo di generazione in generazione”, ha spiegato ancora il pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione. “Lo abbiamo annunciato in tanti modi, anche attraverso l’arte, la musica, la letteratura. Attraverso tutto ciò che costituisce la via della bellezza. Il cammino che questi quattro giovani giapponesi hanno compiuto è stato un cammino di bellezza. Hanno attraversato continenti, conosciuto culture diverse e poi sono giunti nel pieno della loro ricerca, alla bellezza di Roma”. L’arcivescovo sottolinea infine: “Oggi siamo qui ancora una volta, attraverso l’esempio, la testimonianza, la responsabilità di questi quattro giovani a ricordare quanto sia definitivo per la vita il dover riscoprire le radici della propria fede. Ed è quello che abbiamo voluto fare andando a Osaka con il padiglione che vedrà partecipe anche il progetto Thesaurum Fidei“.
La Deposizione di Caravaggio all’Expo e i pellegrini come i giovani giapponesi
Fisichella ha ricordato anche il grande evento dell’esposizione della Deposizione del Caravaggio nel padiglione della Santa Sede. L’unica opera del grande artista conservata nei Musei Vaticani viene portata a Osaka “a testimonianza di una ricchezza unica che vuole essere però partecipata, condivisa e soprattutto contemplata”. “Abbiamo dato come tema al nostro padiglione ‘La bellezza porta speranza’, la contemplazione della bellezza offerta dall’opera del genio di Caravaggio diventa una porta. E il richiamo della porta è lo stesso che stiamo vivendo a Roma, il pellegrinaggio verso la Porta Santa. Ma porta non è soltanto il nome di un oggetto, è anche un verbo, perché la bellezza porta con sé speranza. La Deposizione è un segno di profonda speranza, perché ci dice che la morte viene vinta dalla Resurrezione. I pellegrini giubilari che arrivano oggi a Roma – ha aggiunto – sono pellegrini di speranza, proprio come i quattro giovani giapponesi che compirono scelte che ancora oggi vengono ammirate, vengono studiate e quindi vengono fatte conoscere alle generazioni future”.
Il Vangelo incontro che avviene attraverso la mediazione
“Oggi ricordiamo un evento che sembra molto lontano nel tempo. Cosa c’entra questa ambasciata del 1585 in Italia con la persecuzione, il martirio e i cristiani nascosti in Giappone?” Questa è la domanda che l’arcivescovo di Lucca, monsignor Paolo Giulietti, si è posto durante il suo intervento. “C’entra, perché l’evangelizzazione è un incontro che avviene attraverso la mediazione, tra persone che parlano una lingua, una cultura, una storia e degli interessi diversi”.
In Giappone questo incontro si manifesta fin da subito come particolarmente significativo perché i missionari trovano una civiltà millenaria e perchè offre la chiave di comprensione del perché l’evangelizzazione del Giappone in soli 50 anni si sia radicata così profondamente, tanto da resistere a una persecuzione assolutamente spietata. “Vuol dire – prosegue l’arcivescovo – che c’è stato un incontro fruttuoso non solo tra il Vangelo e le persone, ma tra due civiltà, tra due culture. I missionari gesuiti avevano capito che il Vangelo non poteva incontrarsi nella mente e nel cuore dei giapponesi se non ci fosse stato un vero incontro tra le due culture, entrambe ricche di tradizioni e di valori”. I missionari erano andati in Giappone cercando in ogni modo di capire la lingua e la tradizione di quel popolo così antico. Ma anche i giapponesi dovevano venire in Italia, in Europa, per comprendere i valori, le tradizioni, la cultura di questo mondo così lontano. “Questa operazione di comprensione reciproca ha sicuramente ampliato quello spazio di comunicazione in cui si trasmettono i valori”, osserva monsignor Giulietti.
Comprensione reciproca
La trasmissione del Vangelo ha bisogno di comprensione reciproca. “L’evangelizzazione deve essere un continuo pellegrinaggio, una continua incursione tra culture, perché dalla comprensione reciproca – afferma monsignor Giulietti – nasca quello spazio nel quale sia possibile trasmettere e ricevere quello che è davvero importante per la vita. Questi eventi lontani nel tempo sono interessanti perché ciò che è accaduto può continuare ad accadere e rendono interessante e feconda l’evangelizzazione anche in tempi così diversi e così lontani”.