Le questioni sollevate dal Tribunale di Firenze
Il Tribunale per i Minorenni di Firenze, cui si era rivolta Raffaella, B, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis (comma 1) e 30 (comma 1) della legge n. 184/1983 (che riguarda il diritto del minore a una famiglia), nella parte in cui escludono le persone non coniugate residenti in Italia dalla possibilità di presentare domanda per l’adozione internazionale e di ottenere un decreto di idoneità. La Corte aveva precedentemente dichiarato inammissibile una questione simile nel 2021, ma ha accettato di riesaminarla con nuovi argomenti basati sugli articoli 2 e 117 della Costituzione e sull’articolo 8 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo).
Il Tribunale ha sostenuto che l’esclusione delle persone singole non tutela l’interesse superiore del minore, poiché un contesto familiare stabile può esistere anche in nuclei monoparentali, specie se supportati da una rete affettiva.
Inoltre ha messo in evidenza il fatto che un minore italiano può essere adottato all’estero da un single quando la legislazione del Paese straniero lo consente, mentre non esiste la reciprocità.
La decisione
La Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 29-bis (comma 1) nella parte in cui esclude le persone non coniugate dall’accesso all’adozione internazionale, ritenendo che:
Non sussista un nesso di proporzionalità: L’esclusione aprioristica non è necessaria in una società democratica, poiché l’idoneità genitoriale va valutata caso per caso, come già avviene in ipotesi eccezionali (es. decesso di un coniuge durante l’affidamento).
Ha stabilito la violazione degli artt. 2 e 117 Cost. in relazione all’art. 8 CEDU: Il divieto di adozione da parte dei single lede il diritto alla vita privata e all’autodeterminazione senza corrispondere a un’esigenza sociale urgente. La Corte ha sottolineato l’evoluzione dei modelli familiari e il riconoscimento costituzionale delle formazioni sociali (art. 2 Cost.).
Miglior interesse del minore.
In relazione a questo principio cardine, la Corte ha sentenziato che la stabilità non dipende esclusivamente dalla bigenitorialità, ma dalla capacità concreta dell’adottante, verificabile attraverso il giudizio del tribunale.
«Il miglior interesse del minore è direttamente preservato dalla verifica giudiziale concernente la concreta idoneità dell’adottante», si legge nella sentenza. «La giurisprudenza costituzionale ha da tempo valorizzato il rilievo che tale giudizio riveste al fine di perseguire la «soluzione ottimale “in concreto” per l’interesse del minore» (sentenza n. 11 del 1981). E sempre questa Corte non ha mancato di porre in evidenza l’importanza del sostegno che può essere offerto anche dalla rete familiare di riferimento (sentenze n. 183 del 2023 e n. 79 del 2022), della quale può tenere conto il giudice, in sede di vaglio sull’idoneità in concreto del richiedente a adottare (artt. 29-bis, comma 4, lettera c, e 30, comma 1, della legge n. 184 del 1983, ma, anche a seguito dell’ingresso del minore in Italia, artt. 34, comma 2, e 35, comma 4, della stessa legge)».
Inoltre, sottolinea la Consulta, «se, dunque, deve ritenersi che la persona singola è idonea a garantire al minore un ambiente stabile e armonioso, d’altro canto, l’esigenza, sottesa alla scelta del legislatore, di assicurare all’adottato “la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori” (sentenza n. 198 del 1986) non viene perseguita con un mezzo idoneo e proporzionato. Come si è già in passato rilevato (sentenza n. 183 del 1994), si tratta di una istanza che può giustificare “una indicazione di preferenza per l’adozione da parte di una coppia di coniugi”, ma che non supporta la scelta di convertire tale modello di famiglia in una aprioristica esclusione delle persone singole dalla platea degli adottanti».
Effetti della sentenza
Le persone singole residenti in Italia possono ora presentare domanda per l’adozione internazionale, purché soddisfino gli altri requisiti previsti (es. età, idoneità psico-sociale).
Restano invariate le norme per l’adozione nazionale (art. 6 legge 184/1983), ma la Corte lascia aperta la possibilità di futuri interventi sul tema.