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A Milano “Volti della resistenza russa”, storie di coraggio contro la guerra e il regime



Da sinistrra, Marina Davydova, Elena Filina e Giulia De Florio.

«Forse adesso vi sembra che io sia pazzo, e che voi tutti invece siete normali – perché non si può andare controcorrente -, io invece penso che siate impazziti voi. In che modo avete deciso di trascorrere la vostra unica vita, donatavi da Dio? Mettervi sulle spalle le toghe e sulle teste queste maschere nere, proteggendo quelli che pure vi derubano?». Con queste parole forti, durissime, l’attivista e oppositore russo Aleksei Navalny si rivolgeva ai giudici durante un’udienza del suo processo a luglio del 2023. Alcuni giorni dopo Navalny è stato condannato a 19 anni di colonia penale. L’attivista è morto il16 febbraio del 2024 nella colonia siberiana dove era stato rinchiuso. Navalny è il dissidente russo finito in carcere più famoso a livello internazionale. È diventato un simbolo di coraggio, di lotta per la libertà. Ma non certamente il solo. 

Secondo i dati della Ong Memorial (fondata a Mosca nel 1989 per denunciare i crimini del regime sovietico e oggi le violazioni dei diritti umani, Nobel per la pace 2022), nelle carceri russe attualmente ci sono quasi 683 prigionieri politici (ma potrebbero essere anche di più). Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, numerosi sono i cittadini russi finiti in carcere perché hanno osato criticare l’invasione e quella che Putin ha sempre definito “operazione militare speciale”. Persone come Maria Ponomarenko attivista e giornalista, arrestata ad aprile del 2022 a San Pietroburgo per aver pubblicato su Telegram che i militari russi avevano bombardato il teatro d’arte drammatica di Mariupol, ed è stata condannata a 6 anni di reclusione. Come Vsevolod Koloryov, documentarista e poeta, arrestato a luglio del 2022 con l’accusa di diffusione di fake news per alcuni suoi post sui social che denunciavano i crimini dell’esercito russo in Ucraina, incluso il massacro a Bucha, condannato a 7 anni di carcere. Come la giornalista Antonina Favorskaya, che il 15 febbraio del 2024 ha filmato l’udienza in tribunale dove era presente Navalny, esattamente un giorno prima che l’attivista morisse, e il 29 marzo è stata incarcerata lei stessa con l’accusa di collaborazione con la Fondazione anti-corruzione (Fbk) creata da Navalny. Ora Favorskaya rischia fino a 6 anni di reclusione.

A tutti questi cittadini vuole rendere omaggio un’esposizione internazionale itinerante, “Volti della resistenza russa”. Dopo aver fatto tappa in numerose città d’Europa e del mondo ed essere stata tradotta in venti lingue, ora la mostra è presente a Milano, in piazza dei Mercanti, fino al 30 marzo, grazie all’impegno dell’associazione Annaviva (intitolata alla memoria della giornalista russa Anna Politkovskaja, assassinata nel 2006), del gruppo Russi contro la guerra e del Comune di Milano che ha sostenuto l’iniziativa. Attraverso sedici volti (uno, Navalny, è morto e nel frattempo cinque sono stati liberati nell’ambito di scambi di prigionieri), l’esposizione racconta le storie di coraggio e sacrificio di tanti russi – scrittori, giornalisti, studenti, scienziati, cittadini comuni – che stanno pagando in carcere la scelta di essersi opposti nel loro Paese all’autoritarismo e alla guerra.

Come ha sottolineato all’inaugurazione della mostra Marina Davydova, presidente dell’associazione Annaviva, la Russia non è un monolite schiacciato dalla propaganda. Al suo interno ci sono tante anime, tante voci diverse che cercano di trovare spazi di espressione e di critica. «In Russia ci sono tante persone che, nonostante la paura e il rischio di venire incarcerate, hanno fatto sentire la loro voce. Questa mostra raccoglie le storie di donne e uomini di diverse classi sociali, differenti professioni, con vite diverse. Ma ognuno di loro nel proprio cuore ha detto: “Nel mio Paese sta accadendo qualcosa di molto grave, io non posso restare in silenzio”».

Elena Filina davanti alla gigantografia della giornalista Antonina Favorskaya, che rischia fino a 6 anni di reclusione.


Elena Filina davanti alla gigantografia della giornalista Antonina Favorskaya, che rischia fino a 6 anni di reclusione.



“Ciò che sta succedendo nella Federazione non è nato né nel 2022, né nel 2014 con la prima fase della guerra d’indipendenza ucraina. Nasce con l’idea del presidente russo che la Russia debba essere un impero, che debba costruire militarmente uno Stato forte che imponga agli altri Paesi la propria visione del mondo», ha detto Giulia De Florio, docente di Lingua e cultura russa all’Università di Modena e Reggio Emilia, scrittrice, traduttrice, presidente di Memorial Italia (che fa parte del nework internazionale della Ong Memorial). «A questa idea si sono opposte e si oppongono persone con un coraggio incredibile.Ognuno di noi può fare qualcosa: la memoria è un impegno e tutti noi abbiamo una responsabilità di fronte a ciò che accade nel mondo».

A ideare e promuovere “Voci della resistenza russa” è stato un collettivo di attivisti contro la guerra e deputati municipali che hanno dovuto lasciare la Russia. Fra loro, capofila del progetto, c’è Elena Filina, ex deputata municipale del distretto Vernadsky di Mosca, che nel 2022 ha denunciato in un post sui social i massacri perpetrati dalle forze russe a Irpin e Bucha e per questo ha dovuto lasciare il Paese. Lo scorso 6 marzo Filina è stata condannata in contumacia a 8 anni di carcere. Dalla Germania, dove attualmente vive, l’ex deputata e dissidente è arrivata a Milano per l’inaugurazione della mostra (che nel frattempo è diventata un libro).

«Voglio dare alcune informazioni sui prigionieri politici di questa mostra. Maria Ponomarenko è sottoposta a pressioni psicologiche, bullismo e si trova in una condizione pre-suicidaria. L’artista Lyudmila Razumova non riceveva i farmaci essenziali, ha dovuto iniziare uno sciopero della fame e della sete e solo allora è stata portata in ospedale per avere cure mediche», ha raccontato Filina. E guardando alla situazione attuale, ai tentativi della diplomazia internazionale, con a capo Donald Trump, di arrivare a un accordo di pace, ha commentato: «La situazione in questo momento è catastrofica. Ma spesso in situazioni così difficili le personalità individuali emergono con autorevolezza. Tre anni fa il presidente ucraino Zelensky è riuscito a bloccare i piani di Putin dimostrando di riuscire a compattare il suo Paese, che in questi anni ha resistito all’avanzata russa. Anche nelle trattative in corso la volontà e .di Zelensky potrebbero permettere di arrivare a un compromesso diverso da quello che ci aspettiamo».

La ex deputata ha aggiunto: «Vediamo intanto con quale forza la propaganda russa continui a terrorizzare la popolazione e a falsificare le informazioni sulla guerra in Ucraina. I soldati ucraini nelle trincee continuano a ribadire che i valori per i quali combattono sono giusti. Ma le perdite di vite umane sono enormi. Ora, la vera domanda è: tutte queste vittime avranno combattuto per affermare l’indipendenza della loro nazione? L’Ucraina sarà un Paese libero o tornerà ad essere vassallo della Russia?». Quanto al futuro della Russia: «Putin ha costruito un intero sistema, il problema del mio Paese non è soltanto lui. Una volta che lui non ci sarà più, non accadrà che improvvisamente i cittadini saranno liberi, indipendenti e che capiranno i valori democratici e civili. Il percorso non sarà né semplice né scontato e al momento non abbiamo alcuna certezza. Ma l’unica strada resta dire, sempre, la verità. Le persone di questa mostra non hanno potuto fare a meno di raccontare la verità. Come ci sono riuscite loro possiamo farlo tutto noi, assumendoci ognuno la propria responsabilità. Questa forse è l’unica speranza per il nostro futuro».





Dal sito Famiglia Cristiana

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