Questa mattina alle 10 il primo ministro francese Michel Barnier, in carica per soli tre mesi, è andato all’Eliseo per presentare le sue dimissioni al presidente Emmanuel Macron. Un passo inevitabile dopo l’approvazione, da parte della maggioranza dell’ Assemblea Nazionale della mozione di censura presentata sia dall’estrema destra di Marine Le Pen sia dal Nuovo Fronte Popolare di sinistra, guidato da Jean-Luc Mélenchon. I due partiti alle ali estreme dello schieramento politico si sono uniti per censurare il governo di Barnier, dopo che l’ex negoziatore per la Brexit ha usato in modo controverso i poteri speciali (l’articolo 49.3 della Costituzione) per far passare la legge di bilancio senza un voto. In totale hanno votato a favore della mozione 331 deputati, molti di più dei 288 necessari per farla passare. Hanno mollato Barnier anche i socialisti e il richiamo al “senso di responsabilità” evocato da Barnier nel suo discorso in parlamento è caduto nel vuoto.
Era dal 1962 che un primo ministro non veniva sfiduciato in parlamento. Allora toccò a Georges Pompidou, mentre all’Eliseo c’era Charles de Gaulle. Così, poco dopo le 20 del 4 dicembre, mentre Macron rimetteva piede in Francia dopo un viaggio in Arabia Saudita, il paese transalpino è precipitato in una crisi politica di cui è difficile vedere la soluzione. “Macron è solo di fronte a una crisi politica inedita”, titola oggi il quotidiano Le Monde.
Il vero bersaglio delle opposizioni è proprio Macron, di cui vengono chieste le dimissioni (soprattutto da Mélenchon, Le Pen è meno esplicita) anche se lui può restare in carica fino al 2027. È stato lo stesso presidente a cacciarsi nei pasticci quando, dopo la vittoria dell’estrema destra alle elezioni europee di giugno, ha preso la decisione azzardata di sciogliere il parlamento chiedendo agli elettori un “voto di chiarimento”. Macron sperava di riavere una maggioranza a suo favore, ma ha sbagliato i conti. Dal primo turno del 30 giugno è uscito vincitore il RN (Rassemblement national) di Marine Le Pen. La vittoria dell’estrema destra al secondo turno del 7 luglio è stata scongiurata dalla creazione di un argine formato dal centro e dalla sinistra.
Ma così Macron si è ritrovato senza una maggioranza perché la Francia uscita dalle elezioni era come la Gallia ai tempi di Giulio Cesare: divisa in tre parti. Con 178 seggi al Nuovo Fronte Popolare, 150 ai centristi e 142 all’estrema destra.
Macron si è trovato di fronte a un bel rebus nel pieno dell’estate, alla vigilia delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi di Parigi. Il presidente ha temporeggiato ed invocato una “tregua” politica. Il 5 settembre ha scelto finalmente come primo ministro Michel Barnier, già commissario europeo e negoziatore della Brexit per conto della UE. Barnier è rimasto tre mesi sulla graticola, fino all’umiliazione di ieri.
In Francia non si potranno tenere nuove elezioni parlamentari fino a luglio, quindi l’attuale situazione di stallo dell’Assemblea è destinata a continuare. Macron parlerà ai francesi stasera alle 20 e forse annuncerà già in giornata il nome del nuovo primo ministro. Sarebbe una classica situazione che, in Italia, verrebbe risolta con la nascita di un “governo tecnico”. A Parigi cercasi un Mario Draghi disperatamente.