Nevianonline.it
Sito ufficiale della Parrocchia Matrice San Michele Arcangelo. Neviano Lecce.

Al largo del porto di Siracusa per le esercitazioni di soccorso in mare


dal nostro inviato a bordo della Life Support

Questa mattina ho visto nuotare in mare una tartaruga. Nuotava veloce e vicina alla superficie dell’acqua, al largo della costa orientale della Sicilia. L’ho preso come un segno di buon auspicio per la missione della Life Support, la nave di Emergency impegnata nelle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.

Lasciato il porto di Siracusa abbiamo ammirato l’isola di Ortigia baciata dal sole del primo mattino, poi ci siamo spostati al largo per compiere alcune esercitazioni di soccorso in mare. Ho partecipato anche io, perché a bordo della Life Support, il giornalista partecipa a gran parte delle attività, compresa la pulizia dei corridoi e delle scale, il lavaggio dei propri piatti e posate, i turni di osservazione con il binocolo dal ponte di comando, le esercitazioni di rianimazione con il massaggio cardiaco e l’uso del defibrillatore.

Le prove di soccorso in mare di svolgono a bordo di due Rhib, i gommoni a chiglia rigida che saranno effettivamente utilizzati se e quando la nostra nave incontrerà naufraghi e imbarcazioni in difficoltà al largo delle coste africane. Per salire a bordo devo indossare l’attrezzatura che mi è stata assegnata: un casco, una tuta impermeabile, scarpe impermeabili e un giubbotto salvagente.  Fa ancora caldo e il giaccone può restare appeso al chiodo. Basta la maglietta rossa con il logo di Emergency.

Il gommone accosta alla nave e mi viene dato il via libera. Secondo le procedure, il giornalista è il primo a salire. Lo faccio rapidamente calandomi dalla scaletta che scende dal ponte alla zona di soccorso della nave. Imparo subito che per salire sul gommone devo aspettare l’invito del boat leader e che invece di afferrare la mano devo afferrare l’avambraccio. Salgo e mi sistemo nella parte posteriore del Rhib.  Alla guida c’è Samuele Chiesa, 28 anni, milanese, mentre il boat leader è Jonathan Nanì La Terra, 39 anni, antropologo, siciliano, l’unico a bordo che ha preso parte alle 24 precedenti missioni della Life Support. Insieme a me salgono sul gommone Pedro Di Rocco, 34  anni, argentino, un atletico ragazzo con esperienze di bagnino, qui nel ruolo di soccorritore e alla sua prima missione con la Life Support; Marcello Kurtam, 37 anni, infermiere in servizio presso l’ambulatorio di Emergency a Castelvolturno; Chiara Picciocchi, 34 anni, mediatrice culturale.

Il mare e poco mosso e fa caldo. A poca distanza da noi naviga il secondo Rhib della Life Support, più piccolo. Lo guida Elena Buch, 43 anni, spagnola della Galizia, alla sua prima missione con Emergency, ma una lunga esperienza con questi veloci gommoni perché ha lavorato su una nave ospedale. Il boat leader è Florent Cruciani, 33  anni, francese di Marsiglia. Ha già partecipato a quattro missioni della Life Support e a sette operazioni di salvataggio. L’altro soccorritore è Chris Fusco, 31 anni, romagnolo di Forlì, alla sua dodicesima missione con la Life Support. Sono ragazzi alti, atletici e muscolosi che, nei tempi morti, si tengono allenati, anche con un sacco da boxe. Portare i naufraghi a bordo richiede muscoli forti. Altre persone a bordo della Life Support salgono a bordo del secondo gommone e si fingono naufraghi che dobbiamo soccorrere. Quando ci avviciniamo a loro, Chiara si alza in piedi e li rassicura in inglese: “Siamo europei, non preoccupatevi, vi portiamo in Italia”. Se necessario può ripeterlo in arabo e in francese. Il primo obiettivo è rassicurare le persone, stremate dai giorni passati in mare, terrorizzate all’idea di tornare in Libia o in Tunisia.

Poi gettiamo loro i giubbotti salvagente. Sono di due tipi. Leggeri e arancioni (simili a quelli a bordo degli aerei), oppure gialli e a forma di ferro di cavallo (più pesanti, quindi meno sensibili agli schiaffi del vento).

Il nostro gommone si avvicina a quello dei finti naufraghi. Jonathan dà a Simone le istruzioni su come accostarsi. La lingua di lavoro è inglese. La manovra è delicata, non bisogna provocare scossoni. L’imbarco è rapido. Poi si invertono i ruoli. Ora anche io vesto i panni di un naufrago e vengo portato a bordo del gommone che mi salva. Cerchiamo di mimare le possibili reazioni dei naufraghi: gridiamo, ci agitiamo, balziamo in piedi.

Florent (ma per tutti è Flo) guida le operazioni e dà il via libera prima di afferrarmi  l’avambraccio e mettermi al sicuro. Nei minuti successivi si provano varie situazioni: si butta in mare un manichino e lo si recupera (capita che i naufraghi, presi dal panico, si gettino in acqua), si finge di avere a bordo una donna incinta, una persona svenuta, un naufrago sanguinante, persone agitate. È solo un’esercitazione  e le condizioni meteo sono ottime, ma colpisce la professionalità e la calma dello staff di Emergency. Sono tutti bravissimi a trasmettere sicurezza. Le esercitazioni si concludono quando ormai sta facendo  buio. Mentre ci dirigiamo verso la  Life Support, Pedro avvista una bottiglia di plastica galleggiante. Il gommone si avvicina, Pedro si allunga verso l’acqua, la recupera e la getta in un sacco. La tartaruga che abbiamo visto stamattina ci sarà grata.





Dal sito Famiglia Cristiana

Visualizzazioni: 0
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito web usa i cookies per migliorare la vostra esperienza di navigazione. Daremo per scontato che tu sia d'accordo, ma puoi annullare l'iscrizione se lo desideri. Accetto Leggi altro

Privacy & Cookies Policy