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Cene al buio all’Istituto dei ciechi di Milano: una nuova esperienza multisensoriale


Immaginate di entrare in una dimensione del tutto nuova, un buio assoluto in cui immergersi: è la condizione dei non vedenti, e che permette loro di sopperire alla mancanza della vista acuendo gli altri sensi. E se quella che per loro è la normalità, per tutti può diventare un’esperienza, che da un lato sviluppa empatia e vicinanza verso l’altro da noi, dall’altro lato, facendoci uscire dai nostri percorsi abituali, ci fa scoprire qualcosa di nuovo di noi stessi. Da venti anni l’istituto dei ciechi di Milano propone una serie di percorsi che prende il nome di Dialogo nel buio, tutti caratterizzati dall’assenza di luce negli ambienti e quindi da vivere come  se si fosse diventati temporaneamente ciechi, appunto. Dialogo nel buio prevede  il teatro, le degustazioni, le escape room,, i laboratori didattici, la formazione aziendale, il tutto coinvolgendo  dal 2005 a oggi 3 milioni di visitatori per 6.000 visite al mese.

Da oggi si aggiunge una nuova esperienza, realizzata in collaborazione con il Gruppo Pellegrini, che si occupa da anni di ristorazione con una vocazione verso il sociale, sia con la creazione di ristoranti dove le persone indigenti possono consumare un pasto a un prezzo simbolico sia con programmi di inserimento lavorativo per giovani nello spettro autistico. Si tratta di Cene al buio, in una sala ristorante appositamente creata negli spazi dell’istituto dei ciechi dove gli chef sono mesi a disposizione da pellegrini, mentre maître e camerieri sono non vedenti, regolarmente retribuiti. Per presentare questo nuovo progetto un gruppo di giornalisti è stato invitato a sperimentare questa formula innovativa.

Il primo impatto con il buio crea un senso di disorientamento: dobbiamo abbandonare le nostre certezze ed entrare in una nuova dimensione affidandoci alle nostre guide. In fila indiana, mantenendo il contatto con il corpo  la persona che abbiamo davanti, si entra in un giardino di cui avvertiamo l’odore di terra, di erba, il terreno sconnesso, piccoli saliscendi, di cui avvertiamo i suoni: l’acqua di un ruscello che scorre, gli uccellini, un’anatra che starnazza. Abbandoniamo il giardino per entrare in un altro spazio privo di suoni, dove siamo accompagnati al nostro tavolo. Con le mani verifichiamo i contorni della sedia e ci accomodiamo, tastando la superficie della tovaglia, alla nostra destra le posate e il tovagliolo, davanti il bicchiere. Esclamazioni di sorpresa un po’ impacciate e poi il dialogo si avvia: con i commensali, a partire dalle sensazioni che proviamo e poi via via più sicuri, parlando d’altro, come accade normalmente a un tavolo di un ristornate anche se qui non ci vediamo in faccia e ci conosciamo solo attraverso la voce: con i camerieri, che al contrario di noi si muovono con sicurezza nel buio e usano la voce per rassciurarci, farci sentire a nostro agio e coccolati.

La consumazione del pasto è un’altra esperienza nuova: che accentua la sensazione del gusto e giochiamo a indovinare dai sapori e dalle consistenze che cosa stiamo mangiando. Intanto il presidente dell’Istituto per ciechi Rodolfo Masto  e la direttrice della comunicazione di  Pellegrini spa Tea Della Pergola spiegano nel dettaglio il progetto, che ha due finalità principali: l’inclusività e l’arricchimento multisensoriale dei clienti.





Dal sito Famiglia Cristiana

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