I dati del Comune di Milano sui matrimoni confermano che il matrimonio sta diventando una scelta sempre meno frequente, probabilmente non solo nella metropoli lombarda, ma anche in tutt’Italia. Vengono messi a confronto il 2003 e il primo semestre di quest’anno, e il crollo è evidente: 4.264 coppie si sono sposate nel 2003, solo 1.217 nel primo semestre 2024: anche raddoppiando il dato, nell’anno ci sarebbero 1.700/1800 matrimoni in meno. Niente da dire: oggi sposarsi è diventata una scelta per pochi, e le coppie costruiscono le proprie storie senza formalizzare la loro unione. Il dato di realtà è chiaro e indiscutibile, ma se pensiamo ai motivi per cui si è verificato questo crollo la vicenda si fa molto più oscura e intricata. Perché, insomma, ci si sposa sempre meno? E perché proprio a Milano? Difficile individuare un’unica motivazione, ogni storia individuale e di coppia è unica e irripetibile, ma qualche elemento comune può essere ricordato.
In primo luogo “quel pezzo di carta non cambia niente nella verità della nostra storia d’amore”: le persone oggi vivono le relazioni di coppia soprattutto nella dimensione affettiva ed emotiva, affidano la forza del legame solo ai sentimenti e alle sensazioni, in modo individualistico e fortemente privatizzato. L’idea che sia utile (e necessario) rendere il rapporto di coppia formale, riconoscibile dagli altri, collegato a diritti e doveri verso la società, come fa il matrimonio, sembra per molti totalmente fuori dal tempo. Che c’entra il Sindaco (o il prete) con il nostro rapporto? Eppure la famiglia è anche un’istituzione, ha a che fare con la comunità, e il legame nella coppia si rinforza anche attraverso la consapevolezza che in esso ci sono diritti e doveri, come chiariscono bene gli articoli del codice civile che si leggono agli sposi. In fondo l’amore che ci si promette e ci si scambia nella coppia dovrebbe essere un’alleanza e una promessa di cura reciproca, di progetto comune, di solidarietà nelle difficoltà (nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia…), e la sua formalizzazione davanti a testimoni e a pubblici ufficiali ha proprio questa valenza: inserire e rafforzare nella comunità l’impegno che prendo reciprocamente. E proprio grazie a questa formalizzazione del legame si dovrebbe diventare titolari di diritti verso la società, in quanto famiglia.
Ma qui sta il secondo elemento che rende sempre meno frequente il matrimonio: sposarsi non conviene, e le politiche pubbliche non rendono interessante la scelta del matrimonio. Anzi, paradossalmente, a volte conviene “non essere sposati”, per motivi fiscali o per accedere ad alcuni servizi. Non che formalmente non esistano misure a favore della famiglia fondata sul matrimonio: ma spesso sono misure poco più che simboliche, dal valore minimo, che certamente non comunicano ai giovani l’investimento e il sostegno che la società dovrebbe attribuire ad una nuova famiglia. In fondo, davvero “quel pezzo di carta” non serve granché.
Un terzo elemento – anche questo un po’ paradossale – fa riferimento al “costo” dell’evento matrimonio: sposarsi troppo spesso significa una spesa cospicua, tra vestiti, location, viaggio di nozze, cerimonia indimenticabile, troppo spesso più simile ad un happening hollywoodiano, con orchestra, animatori, persino chi ti organizza il tuo matrimonio (una nuova professione, il wedding planner!) che a un genuino momento di gesta con parenti ed amici, che si ritrovano a festeggiare insieme alla coppia e ad augurare un futuro sereno. Molti, a questo punto, rinunciano. Inoltre – purtroppo – così la coppia, se anche decide di sposarsi, rischia di essere travolta dagli aspetti organizzativi, economici e scenografici, anziché essere aiutata a pensare al cambio di passo che comunque il matrimonio chiede di compiere. Del resto il rito ha perso gran parte del suo valore simbolico e valoriale, e troppo spesso rimane la sua dimensione spettacolare. Ma può essere un motivo sufficiente per decidere di sposarsi?
Che poi il calo nella città di Milano sia così pronunciato (più che nel Paese nel suo complesso) può dipendere anche dal fatto che nel contesto metropolitano la modernizzazione è più veloce, le tradizioni hanno meno radici, la mobilità è più pronunciata, il ritmo di vita è più frenetico… insomma, la metropoli anticipa alcuni processi, in un contesto che è sempre meno family-friendly: in effetti a Milano ci sono sempre più giovani, ma in genere ci vivono da single, e quei pochi che si sposano quasi sempre vanno a vivere fuori dalla città, nei comuni limitrofi. Costi della vita e delle case, ambiente più inquinato, spazi verdi meno diffusi…. Tutto ciò fa una bella differenza, anche per decidere se sposarsi oppure no, anche prima di scegliere se mettere al mondo un figlio – che peraltro oggi nasce sempre più frequentemente prima – o meglio – fuori dal matrimonio.
Un ultimo dato riguarda i matrimoni religiosi (di rito concordatario cattolico), che nel 2003 sono stati 2.100 (poco meno di metà sul totale dell’anno) e nel primo semestre del 2024 sono stai 124 (il 10% circa sul totale dei matrimoni del semestre). Crollo ben più impressionate, rispetto a quello del numero complessivo dei matrimoni. Questo dato corrisponde ovviamente al calo complessivo della religiosità nel nostro Paese, per il quale è sempre più ristretta la presenza di coppie credenti che scelgono la celebrazione del Sacramento. Va anche aggiunta la presenza di seconde nozze a seguito di divorzio o di matrimoni di persone di altre religioni o atee. In ogni caso, la cura pastorale di questi giovani sposi credenti dovrebbe diventare prioritaria nelle comunità ecclesiali, perché da loro può arrivare la testimonianza che “vale la pena di sposarsi”; perché la vita diventa più piena di bellezza, di relazione e di senso.
* direttore Cisf (Centro internazionale studi famiglia)