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Giacomo Mattivi: il Papa nella malattia non si è preservato per stare vicino a tutti


Nei giorni del Giubileo delle persone disabili, un giovane studente costretto sulla carrozzina da una malattia genetica, ricorda i suoi incontri con Francesco e le parole del Pontefice sulla disabilità: “Una parola che a lui non piaceva”

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

All’indomani delle celebrazioni del Giubileo degli adolescenti, nei giorni ancora dei Novendiali di lutto per la morte di Papa Francesco, in Vaticano sono chiamate a passare sotto la Porta Santa le persone disabili per il Giubileo loro dedicato. Il ventiduenne Giacomo Mattivi, catechista e studente di sociologia, costretto su una carrozzina dalla distrofia muscolare di Duchenne, già protagonista di un documentario, “Green lava”, firmato da Lia Beltrami, e di un podcast di Radio Vaticana – Vatican News, guarda a questi avvenimenti ecclesiali dalla sua Baselga di Piné in provincia di Trento, ma si sente spiritualmente vicino a Roma.

L’importanza di un gesto

Il suo primo pensiero è un ricordo personale del Papa che ha incontrato, l’ultima volta a gennaio 2025, e con cui aveva avuto un breve scambio epistolare. “Mi ha colpito la forza espressiva del suo sguardo”, racconta. “Quando l’ho incontrato per la prima volta non ci siamo scambiati molte parole, ma è bastato un tocco con la mano, un sorriso e ci siamo guardati per qualche minuto negli occhi. Quel gesto è bastato più di molti discorsi”.

Quella capacità di ascoltare

Come giovane impegnato nella promozione sociale in ambito cattolico con l’Associazione “Shemà”, creata dai suoi genitori, e nella pastorale con la sua comunità, Giacomo è rimasto colpito da numerosi aspetti di questo Pontificato. “Innanzitutto – si confida – mi ha fatto riflettere il fatto che abbia scelto il nome di un Santo che ha letteralmente cambiato il modo di vivere la cristianità”. “Poi, mi ha impressionato la sua umiltà: la rinuncia a vivere nei locali del Palazzo Apostolico, il ricordo continuo delle sue radici e l’uso che faceva di una semplice utilitaria per girare per Roma”.  “Francesco mi piaceva – spiega ancora Giacomo – perché era una persona che non indossava una maschera. Quando voleva esprimere disapprovazione, non celava un’espressione di dissenso. A volte sapeva comunicare, anche in modo duro, la realtà dei fatti, anche rivolgendosi a personalità importanti”. “Ma allo stesso tempo – aggiunge – mi colpiva la sua capacità di fermarsi ad ascoltare ogni richiesta che gli venisse rivolta. Il suo continuo ritagliarsi del tempo per leggere le lettere che gli venivano spedite”. “Un ricordo molto limpido nella mia testa – aggiunge Giacomo – è l’inaugurazione, nel 2017 e 2019, delle docce e lavanderie gratuite istituite da Papa Francesco per i senzatetto. E poi la sua attenzione sulla tematica dei profughi, che purtroppo ogni giorno perdono la vita annegati in mare affidandosi a pericolosissimi viaggi della speranza”.

“Ho provato tenerezza per lui”

Giacomo è nato con una malattia genetica progressiva che causa debolezza e atrofia muscolare, una malattia rara da cui era affetto anche suo fratello Mattia, morto nel gennaio 2022 per le conseguenze di questa patologia. Ma invece di chiudersi nel proprio dolore, con l’aiuto della famiglia e degli amici, ha trovato la forza di trasformare la sofferenza in amore per il prossimo e la sua disabilità in energia creatrice, scrivendo poesie e girando un film. Come molti, ha seguito con apprensione ed emozione i giorni della malattia del Papa. “Mi ha dato un grande senso di tenerezza vederlo come anziano che si avvicinava alla fine”. “Francesco – continua Giacomo – ha vissuto pienamente la sua vita, è stato un costruttore di pace, ha predicato il perdono e l’attenzione per gli ultimi”. “Ma invece di preservarsi – per avere una ‘manciata di vita’ in più – ha preferito vivere a pieno anche i giorni più duri, per poter essere vicino alla gente e fare ciò che veramente a lui piaceva”. “Questo – aggiunge Giacomo – mi ha fatto ricordare mio fratello, scomparso qualche anno fa, a cui piaceva godersi le piccole gioie di ogni giorno”.

“S’impara di più da ciò che non funziona”

Francesco ha spesso usato espressioni forti e chiare quando affrontava il tema della disabilità e della pastorale che la riguarda. Giacomo Mattivi, abituato a vivere con il respiratore su una sedia a rotelle, ha una visione lucida sull’argomento. “Al G7 su Inclusione e Disabilità, nell’ottobre scorso, il Papa ha usato delle parole molto taglienti per esprimersi sul concetto di disabilità”. “Ha chiesto l’inclusione, ma anche servizi adeguati, che non significano assistenzialismo, ma giustizia e rispetto della nostra dignità”. “E ancora – sottolinea Giacomo – ha detto che a lui questa parola ‘disabilità’ non piaceva tanto, ma preferiva ‘abilità differenti’”. “Ogni essere umano – riflette Giacomo – ha secondo me un proprio talento da scoprire e mettere al servizio degli altri”. “Molte volte, le persone che si scontrano con impedimenti, riescono a superarli e trovare dei modi alternativi per vivere la propria vita”. “Si impara molto di più dalle cose che non funzionano come dovrebbero, rispetto alle cose che funzionano bene”, racconta con semplicità e saggezza.

Giacomo Mattivi

Giacomo Mattivi

“Grazie, Francesco!”

A ottobre 2024, Giacomo Mattivi, dopo aver inviato una sua poesia al Papa, ha ricevuto una sorpresa inaspettata: “Il Papa mi ha inviato una lettera. E ciò che mi ha colpito di più è stato il modo con cui l’ha conclusa, firmandosi ‘fraternamente’, Francesco”. “Purtroppo – aggiunge ancora – si capisce la fortuna di certi incontri quand’è troppo tardi. Ma mi impegnerò a condividere con gli altri questa bellissima esperienza. Immensamente grazie, Francesco!”.



Dal sito Vatican News

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