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“Uno di noi”, l’adolescenza “ribelle” scopre la speranza nel dolore per il Papa


Vita e perdita si intrecciano nell’esperienza delle nuove generazioni, giunte a Roma per il Giubileo all’indomani delle esequie di Francesco: senza “risposte” certe, ma con la forza della vicinanza. La Chiesa “riparte” affidando a loro il suo nuovo cammino

Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano

I “paradossi” del nostro tempo sono stati spesso accolti, quasi accarezzati, dallo sguardo vigile di Papa Francesco, capace di leggerli senza giudizio, con la comprensione di chi cammina tra gli uomini. Il più evidente, il più crudele, resta quello della disuguaglianza: “quando pochi banchettano lautamente e troppi non hanno pane per vivere”. Eppure, forse, esistono anche paradossi buoni, capaci di scardinare lo status quo, come Francesco ha sovente inteso fare, e di ridare senso perfino al dolore. Paradossi che risplendono sotto la luce fragile della speranza — quello stesso valore che appare di fatto paradossale in un mondo così bene abituato alle bruttezze.


Una veduta di piazza San Pietro

Urla, sorrisi, qualche parolaccia lanciata per sentirsi più grandi. Via della Conciliazione non è cambiata, ma oggi, domenica 27 aprile, percorrerla trasmette una sensazione diversa. Solo ieri, su quella stessa strada, il mondo salutava Papa Francesco. Appena un giorno più tardi, decine di migliaia di giovani, giunti da ogni angolo del mondo, la camminano festosi verso piazza San Pietro, facendo quel rumore che il Papa ha tante volte esortato loro a fare.

“Nulla sarà troppo grande”

La tensione tra ricordo ed orizzonti futuri si legge tra le parole del cardinale Pietro Parolin, che nell’omelia della seconda Messa dei Novendiali in suffragio del Pontefice esorta i giovani:

“Non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo. Nulla sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui!”

Una veduta della basilica di San Pietro

Una veduta della basilica di San Pietro

Esserci, “una grazia”

Mentre si attende l’inizio della celebrazione, la scena si riempie di piccole fotografie di normalità: partite a scala 40 improvvisate sui marciapiedi, scrolling verbo utilizzato per descrivere il movimento del pollice che scorre dal basso verso l’alto sullo schermo dei telefoni distratti, qualche ragazzo addormentato con lo zaino sotto la nuca, a recuperare la stanchezza di una notte romana. Scene d’infanzia e di futuro, sovrapposte come trasparenze.

Ascolta la testimonianza di un adolescente dalla diocesi di Udine

Quando il “rumore” si fa troppo alto, sono gli accompagnatori a riportare ordine. Silenziosamente presenti, come fari gentili. Fra Austin, religioso dell’ordine dei Cappuccini minori venuto dalla California, racconta di un viaggio nato per visitare Assisi e Roma, ma divenuto, improvvisamente, parte di una storia più grande: “Una grazia”, dice con semplicità, parlando dei funerali del Papa. 

Guarda la testimonianza di fra Austin

La Chiesa “riparte” dai giovani, afferma un ragazzo accorso dal Fiuli Venezia Giulia. Insieme alle amiche, racconta di un vero e proprio pellegrinaggio a Roma, vissuto nella povertà, “senza neanche farci la doccia”, vivendo il viaggio nel suo senso più autentico.

Una foto di gruppo in piazza San Pietro

Una foto di gruppo in piazza San Pietro

Le risposte al dolore, che non ci sono

Chiamare “grazia” un funerale. Parlare di “ripartenza”. Ecco il paradosso che il cuore giovane può comprendere senza imbarazzo, incoerenza, ipocrisia. Fra Austin, incontrato nella giornata di ieri dai media vaticani, torna questa mattina in piazza insieme a un gruppo di ragazzi. Tra loro c’è Dawn, 22 anni, occhi scuri e piercing al naso. “Ieri ha condiviso con il gruppo un pensiero bellissimo. Vuoi ripeterlo?”, chiede il religioso. Lei esita. La voce incerta, il sorriso trattenuto. “Facciamolo senza registrazioni”, propone il frate, e Dawn, che in realtà viene dallo Stato dell’Oregon, si scioglie lentamente. Parla di una canzone ascoltata in volo: One of Us di Joan Osborne, ballad rock del 1995 che si chiede se Dio non sia, in fondo, “uno di noi”, “un estraneo sull’autobus”. L’ultimo verso, sospeso su un filo di chitarra elettrica, dice:

“Nobody callin’ on the phone, ‘cept for the Pope maybe in Rome.” “Nessuno che lo chiami al telefono. Solo, forse, il Papa a Roma.”

Ma se nemmeno il Papa sa rispondere alle grandi domande sulla vita e sulla morte? Dawn racconta di aver visto un reel su Instagram — perché non tutto lo scrolling viene per nuocere — in cui Papa Francesco ammetteva, di fronte ad alcuni adolescenti romeni aiutati dalla Ong “Fdp Protagonisti nell’educazione”, attiva da anni nel Paese europeo, che alcuni “perché” non hanno risposta: “Perché soffrono i bambini? Chi può rispondere a questo? Nessuno”. Ed è lì, nel non sapere, che si nasconde una forma di speranza: “Ecco, se non c’è il conforto delle risposte”, riprende Dawn, “penso che possa solo venire dal fatto che, in un certo senso Dio, sia veramente one of us. Questo mi dà conforto, sì”.

Adolescenti in piazza San Pietro

Adolescenti in piazza San Pietro

La speranza condivisa tra generazioni

I giovani sanno essere spietati nella loro sincerità: basta una foto scattata in orizzontale — anziché nel formato verticale, più adatto ai social — perché un accompagnatore venga etichettato come boomer. “Adolescenza ribelle”, così l’aveva definita Papa Francesco, riferendosi alla presenza di ragazzi e ragazze “che, per complesse ragioni storiche e culturali, vivono in modo più forte il bisogno di rendersi autonomi dai genitori, quasi di ‘liberarsi’ del retaggio della generazione precedente”. In questo caso, le schermaglie tra i boomer, persone di età compresa tra i 52 e i 70 anni, e i giovani della Generazione Z, si limitano a bonarie prese in giro. Sotto le battute, si intravede una verità più profonda: un’alleanza silenziosa in cui gli adulti rendono possibile l’evento e i ragazzi gli danno vita, colore, cuore. La saggezza non ha età. È nei giovani, che insegnano senza saperlo. È nei più grandi, che regalano sguardi che vedono oltre l’orizzonte. Quanto, Papa Francesco ha insistito sulla valorizzazione del rapporto tra i nipoti e i nonni, capaci di insegnare “a coltivare gli affetti più importanti, che non si ottengono con la forza, non appaiono con il successo, ma riempiono la vita”.

Ascolta le testimonianze di due adolescenti in pellegrinaggio a Roma

Il vero “fascino” della giovinezza

Congedandosi, a fra Austin cade per terra il telefono. Il religioso si china, si sfiora la schiena con una smorfia. “Sto diventando vecchio”, ammette. La sindrome di Peter Pan, la “paura del definitivo”. Si vive in “un tempo sospeso”, si vorrebbe prolungarlo all’estremo. Francesco aveva saputo leggere questo aspetto della giovinezza nell’Esortazione apostolica post-sinodale Christus Vivit, dedicata proprio alle nuove generazioni. Il suo ritorno alla Casa del Padre sembra invitare ogni giovane — e non solo — a non rimanere fermo. Ad attraversare il dolore. A fare delle “scelte”, anche quando fanno paura. Questo, il “fascino” ultimo della giovinezza.

Uno striscione per Papa Francesco

Uno striscione per Papa Francesco



Dal sito Vatican News

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