Celebrata nella basilica di San Giovanni in Laterano la messa in suffragio di Papa Francesco. Il cardinale vicario per la diocesi di Roma: “Il suo amore per la Chiesa, la sua attenzione agli ultimi, il suo coraggio profetico rimangano impressi nel cuore del popolo cristiano”
Beatrice Guarrera – Città del Vaticano
“In questa Santa Eucaristia, in cui celebriamo la vittoria di Cristo sulla morte, ricordiamo con commozione e gratitudine il nostro vescovo, il Papa Francesco. Rendiamo grazie a Dio per avercelo donato come segno luminoso del Vangelo”. Con queste parole, il cardinale Baldassare Reina, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha aperto la celebrazione eucaristica in suffragio di Francesco, presieduta questa sera, 21 aprile, nella basilica di San Giovanni in Laterano, alla presenza di presbiteri, diaconi e numerosi fedeli. “Il suo amore per la Chiesa, la sua attenzione agli ultimi, il suo coraggio profetico e il suo instancabile annuncio della tenerezza di Dio – ha detto Reina con la voce ricolma di commozione – rimangano impressi nel cuore del popolo cristiano. Affidiamo la sua anima alla misericordia del Padre perché lo accolga nella pace e nella gioia del Regno eterno”.
Uniti in preghiera
Nella basilica ricolma di fedeli e religiosi, la preghiera per l’anima del vescovo di Roma si è levata forte e potente. Una preghiera fatta di volti, mani e voci dei romani di nascita e di adozione, dei sacerdoti e delle religiose provenienti da tutto il mondo per motivi di studio nelle diverse università pontificie o per il servizio nelle parrocchie o nelle tante istituzioni di carità del territorio. Presenti anche le autorità civili tra cui il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.
Le lacrime di Maria di Magdala
“La nostra Diocesi questa sera versa le lacrime di Maria di Magdala – ha detto il cardinale vicario Reina nell’omelia -. L’amica di Gesù che era uscita quando era ancora buio per andare alla tomba di Gesù, cercando lì, in quell’ultimo contatto col suo corpo morto, il conforto della perdita. Tanto amore, lacrime e buio. E sì, la fede pasquale è così: entra nel buio, mentre è ancora buio, raccoglie le lacrime, comprende amando”. Allo stesso modo la domanda posta alla donna viene rivolta alla diocesi di Roma: perché piangi?. “Piangiamo il nostro vescovo – ha continuato Reina – il testimone del Vangelo, l’apostolo della misericordia, il profeta di pace, l’amico dei poveri. Ci sentiamo sospesi, come pecore senza pastore”. Il dolore è tanto che ci si sente come Maria di Magdala: “Siamo smarriti senza il suo corpo, la sua voce, i suoi gesti. Siamo stati il suo popolo, la sua Diocesi”.
La missione si fa impastando cuore e Vangelo
In questo tempo di sofferenza occorre però tenere bene a mente il messaggio lasciato dal Pontefice e la sua chiamata a seguire il Signore nella fedeltà al Vangelo. “Ci ha dato l’esempio sconvolgendo linguaggio e stile”, ha spiegato il cardinale vicario. Papa Francesco è stato un modello anche nelle sue richieste di farsi prossimi ai lontani: “Ci ha chiesto di uscire, di non aspettare la gente, ma di andare a cercarla – ha detto Reina – soprattutto coloro che non si attendono di essere considerati, desiderati, cercati, e di andare nelle periferie geografiche ed esistenziali. Ci ha fatto capire che la Parola chiede la nostra carne, e che la missione si fa impastando cuore e Vangelo”. La sua richiesta è stata quella di “trasformare la Chiesa in ospedale da campo”. “Ho nel cuore – ha detto il porporato – la forza della sua insistenza nel ripetere “sempre, sempre, sempre”… per indicare che il perdono è un dono che sconfina”.
La sua parola per la pace
“È stato un Papa che non ha cambiato strada quando si trattava di sporcarsi di fango”, ha osservato Reina, ricordando che “poveri e migranti sono stati per lui il sacramento di Gesù nel mondo governato dalla globalizzazione dell’indifferenza”. “Il mondo avverte il silenzio della sua voce proprio mentre la sua parola era rimasta l’unica capace di non arrendersi al fallimento della ricerca di pace”. Pace è invece “la parola del Risorto”, che vince la morte di ogni speranza. “Così anche noi nel giardino della sepoltura di Gesù, vedendo la pietra rimossa, chiediamo di alleggerire il peso che grava sul nostro cuore”, ha detto il cardinale vicario. “Abbiamo appena celebrato la Pasqua – ha proseguito – e siamo stati raggiunti dalla morte del nostro vescovo, papa Francesco. A noi viene chiesto di non trattenerlo, come a Maria di Magdala. Di non rimanere dentro la sua morte, ma di lasciarlo andare nel suo ritorno al Padre. La promessa di essere resi partecipi della Resurrezione di Cristo ci sostiene nella fede, ci permette di sperare, ci consola nel dolore”.
I suoi insegnamenti rimarranno
La basilica tutta, tra commozione e lacrime, ha innalzato una supplica speciale, durante le preghiere dei fedeli: “Dio Padre di misericordia, accogli nella Gerusalemme del cielo il tuo servo e nostro Papa Francesco: concedigli di contemplare in eterno il mistero che ha fedelmente servito sulla terra”. Una preghiera che tutti i presenti hanno fatto propria. “Ci dispiace molto per la morte del Papa, non è stata improvvisa. Si conosceva la sua situazione, ma abbiamo sperato che avrebbe potuto andare un po’ più avanti”, hanno detto due coniugi romani. Anche una giovane studentessa del conservatorio di Roma, proveniente dal Giappone, ha espresso il suo rammarico: “Sono rimasta molto sorpresa, ho pregato molto per lui”. Paola, una signora romana, ha raccontato di aver percorso a piedi la strada dal quartiere di Casal Bertone fino a San Giovanni per partecipare alla Messa in suffragio di Papa Francesco: “La notizia della sua morte mi ha sconvolto. Gli volevo tanto bene. E’ stato un grande Papa, una persona profonda che era per i poveri”. Tra i presenti anche alcuni pellegrini che erano a Roma in occasione del Giubileo, come un gruppo di suore indiane raccolte in preghiera. “Se ne è andato il nostro Papa – ha concluso un giovane romano -. Lui ci lascia ma i suoi insegnamenti continuano a restare tra noi”.