Il cardinale presidente della CEI invia un messaggio al convegno “La speranza cura: quale diritto nella malattia inguaribile?” che si tiene oggi presso il Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia, a Roma
Vatican News
“Riflettere se ci sia, in questi tempi di cambiamento d’epoca e di guerre palesi e latenti, un diritto alla speranza”. Questo lo spunto alla riflessione offerto dal cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della CEI, ai partecipanti al convegno La speranza cura. Quale diritto nella malattia inguaribile?. L’appuntamento si svolge oggi, 4 aprile, nel Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia, in occasione dei quindici anni dall’entrata in vigore della legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore e nell’ambito del Giubileo degli Ammalati e del Mondo Sanitario che si celebra in questo fine settimana a Roma.
L’ombra dell’eutanasia
In un messaggio letto durante i lavori e indirizzato ai relatori – medici, psicologi, avvocati, docenti di Diritto costituzionale – il cardinale parla di una doppia dimensione del diritto alla speranza: “La prima – scrive – nasce dalle relazioni umane, dalla vicinanza, dalla solidarietà, quella per cui nessuno deve mai essere lasciato da solo”. Zuppi cita le parole di un discorso del 2018 di Papa Francesco – quello ai partecipanti al IV Seminario sull’Etica nella gestione della salute: “Stiamo vivendo quasi a livello mondiale una forte tendenza alla legalizzazione dell’eutanasia. Sappiamo che, quando si fa un accompagnamento umano sereno e partecipativo, il paziente cronico grave o il malato in fase terminale percepisce questa sollecitudine. Persino in quelle dure circostanze, se la persona si sente amata, rispettata, accettata, l’ombra negativa dell’eutanasia scompare o diviene quasi inesistente, poiché il valore del suo essere si misura in base alla sua capacità di dare e ricevere amore, e non in base alla sua produttività”.
Ecco, scrive il presidente della Conferenza Episcopale italiana, “questa è vera speranza e a questa tutti hanno diritto. E una terapia umana integrale. Si nutre di relazione e di cura. È lo sguardo della persona malata sulla propria malattia, cui si unisce la prospettiva sia del curante sia della comunità tutta”.
“Non siamo soli nella speranza”
L’altra dimensione del diritto alla speranza, “nasce dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo”, assicura il cardinale Zuppi. “La speranza è un rapporto di cooperazione tra noi, tra ciascuno di noi, e il Signore della Vita. Non siamo soli in questa speranza: questa è virtù teologale perché impregna il nostro agire e il nostro pensare, impregna positivamente la nostra esistenza. Ci allontana dai nostri egoismi impegnandoci nella costruzione di società fraterne. Questa speranza è un diritto che non è sancito da una qualche umana convenzione, o carta valoriale, ma da un impegno già compiuto da parte di Dio”. Da qui un invito conclusivo: “Lasciamoci inserire in questo cammino giubilare di speranza”.